“Non possiamo continuare ad assistere inerti alla violenza nelle case e nelle strade. Ancora ieri, nel nostro Paese, sono state assassinate due donne – Alessandra e Fortuna – vittime di una violenza prodotta da distorte e criminali mentalità di possesso e dominio”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando dal Quirinale in occasione dell’8 marzo, è voluto partire proprio dalla violenza subita dal genere femminile ancora oggi in Italia. “La violenza contro le donne è, secondo l’Onu, una delle più grandi e diffuse violazioni dei diritti umani”, ha esordito. “E’ necessario educare, prevenire, organizzarsi, offrire aiuto, mettere in campo reti e strumenti di contrasto che consentano alle donne, soprattutto le più vulnerabili, di non sentirsi più sole davanti alle minacce”.

Il Capo dello Stato ha quindi voluto mettere l’accento sulle discriminazioni subite ogni giorno dalle donne, anche a causa delle difficoltà economiche che la nostra società sta affrontando. “Forme di sfruttamento, talvolta subdole, si annidano nelle rigidità sociali”, ha continuato. “Quando rallenta, o si arresta, l’ascensore sociale – e questo accade in grande misura nei periodi di crisi economica – sulle donne ricade spesso uno svantaggio ulteriore, negando opportunità soprattutto alle donne meno istruite e meno abbienti. Lo stesso tema delle diseguaglianze salariali – ingiustificabili ma tuttora presenti in misura rilevante – riguarda maggiormente proprio le donne in difficoltà e con più bassi livelli di istruzione. Superare gli squilibri e le condizioni di sfruttamento, liberare la società da barriere e pregiudizi, fermare le violenze sulle donne sono le premesse per progettare insieme un mondo più giusto di donne e di uomini liberi”.

Per Mattarella, celebrare l’8 marzo significa celebrare una parte fondamentale della comunità: “Fare gli auguri alle donne, in realtà, vuol dire rivolgerli all’intera comunità nazionale. Perché la componente femminile è parte, oltre che essenziale, decisiva della nostra società. Per questo, l’8 marzo si celebrano valori di fondo della nostra vita in comune. Valori che recano il segno delle conquiste realizzate, spesso con fatica e tra molte difficoltà, dalle donne stesse. La condizione femminile è uno di quegli elementi che attestano il grado di civiltà raggiunto da un Paese”. E poi ha aggiunto: “Ancora tante donne trovano ostacoli nel dispiegare il proprio talento, sono minacciate da condizioni di indigenza, oppresse da forme di violenza, sono gravate da pesi supplementari, talvolta difficilmente sostenibili, tra il lavoro e la cura della famiglia, sono sottopagate o escluse da un’occupazione stabile benché capaci e meritevoli. Tutti gli indicatori concordano sul dato che il progresso economico e sociale di un Paese va di pari passo con lo sviluppo dell’occupazione femminile”.

Il tema scelto dal Quirinale per questa giornata è quello delle “donne rese schiave e costrette a prostituirsi“: “Si tratta di un turpe fenomeno che non risparmia l’Italia. Si tratta di uno sfruttamento ignobile a danno di donne, spesso minorenni, provenienti dalla povertà più estrema, da contesti di guerra, da terre aride, che finiscono nelle reti di crudeli trafficanti di persone. Si tratta, in gran parte, di organizzazioni criminali senza scrupoli, di mafie trasnazionali che lucrano sul corpo e sull’animo delle donne; e che non esitano a ricorrere alle minacce, alla violenza e alla coercizione più brutale. Lo sfruttamento sessuale delle donne è una pratica criminale purtroppo diffusa. È bene chiamare questa condizione con il nome appropriato: schiavitù. Si tratta dell’infame schiavitù del nostro secolo”. Sulla schiavitù, ha detto ancora Mattarella, nessun compromesso è accettabile: “Non dovrebbe essere necessario – ma lo è, malauguratamente – ribadire – che la civiltà non potrà mai convivere con la schiavitù. Dove questa sussiste, la civiltà è negata. Nessun compromesso è accettabile. Nessuna tolleranza può essere mascherata da realismo o da opportunismo. La tratta va sradicata. Colpendo chi controlla il traffico delle schiave costrette a prostituirsi. Stroncare il traffico è compito delle forze di polizia, dei magistrati, delle istituzioni nazionali e degli organismi internazionali. Ma tutta la società civile è chiamata a fare la propria parte, agendo con responsabilità e coerenza morale. Nessuno può restare indifferente”. La domanda di “prostitute schiave” è alimentata “da uomini, di ogni età e censo, che approfittano di queste povere donne, indifferenti davanti alla violenza, alla riduzione in schiavitù, spesso anche di fronte alla minore età delle ragazze. È un fenomeno diffuso, che, in realtà, esprime una acquiescenza se non una tacita connivenza con il crimine”. E per combattere tutto questo fenomeno, per Mattarella è necessario ripartire dalla comunità: “Donne terrorizzate, rese ancor più vulnerabili dal giogo della malavita, possono ricostruire la propria dignità attraverso un percorso di integrazione, che apra le porte di un lavoro e di una casa, che restituisca umanità alle relazioni personali. Per fare questo c’è bisogno di istituzioni solide, ma anche di una cultura di comunità che sia più forte degli egoismi e dei timori del nostro tempo”.

Mattarella ha anche parlato della legge Merlin, su cui si è espressa la Consulta pochi giorni fa: “Ci sono lezioni del passato su cui è opportuno meditare”, ha detto. “Sessantuno anni fa, una legge dello Stato, promossa da una senatrice, partigiana e costituente, dichiarò fuorilegge lo sfruttamento della prostituzione. Dovette lottare, in Parlamento e fuori da esso, contro pregiudizi e stereotipi inaccettabili, duri a morire. Vi erano parlamentari che sostenevano persino che alcune donne nascevano prostitute e pertanto non sarebbero mai cambiate. Quella legge fu una tappa importante nel cammino di liberazione della donna. Oggi quella senatrice, Lina Merlin, sarebbe in prima linea contro la tratta di questo nostro tempo. Bisogna andare coerentemente avanti: contro tutte le forme di sfruttamento e violenza nei confronti delle donne, in qualsiasi campo e settore della vita familiare e sociale”.

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Quando si entra in un carcere femminile si trovano storie che sembrano di un’altra epoca

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