“Il maschilismo? Ma dai, ma dove lo vedi, cosa dici”. Questa è una considerazione autoassolutoria, una finta domanda. L’abbiamo sentita tante volte. Voglia di rispondere non ce n’è sempre. Dipende se chi ce lo chiede ha voglia di ascoltare e guardarsi allo specchio. Se manca la volontà, parlare è tempo sprecato. Il peggiore dei casi: te lo chiedono per provocarti, metterti in difficoltà, magari per darsi di gomito con altri maschi. E ridacchiare mentre vorresti fargli capire che quella situazione che a loro fa ridere, a te fa male. E anche a loro farebbe male se fossero nei tuoi panni. Il migliore dei casi: dall’altra parte c’è chi cerca di capire che la sua visione non è l’unica. Che per altre persone può essere mortificante. In genere chi è così, non si sente un (finto) maschio alfa, ma una persona che il maschilismo lo vede da sé, senza che qualcuno glielo spieghi. Come in queste situazioni:

– Quando parla un uomo, si ascolta e si lascia finire. Se parla una donna, generalmente si interrompe, e anche più volte. Sta alla sua tenacia avere sempre e comunque la voglia di continuare. E se fa notare di essere stata interrotta, dall’altra parte scatta il fastidio. Sotto varie forme (anche esplicite, tipo: “Nervosa eh oggi?”).

– Quando un uomo si arrabbia, alza la voce e urla il pensiero implicito è: “Occhio, si sta incazzando“. E subentra una serie di strategie per farlo calmare, incluso dargli in parte ragione anche se ha torto marcio. Se invece a incazzarsi è una donna, i commenti si sprecano. Tra i più morbidi: “Ok, l’abbiamo capito che ti sei alzata male”. E poi: “Avrà le sue cose”. Meno morbido e più diffuso: “Si vede che non scopa”. Mai sentito che a un uomo incazzato dicessero che lo era perché non scopava. Conseguenza: il tema che quella rabbia voleva sollevare nel caso dell’uomo diventa oggetto di discussione. Nel caso della donna passa in secondo piano o non viene nemmeno considerato perché tutto il focus è sull’atteggiamento di lei. Sbagliato.

– In sintesi: se una donna si arrabbia è isterica, nevrotica. Se un uomo si arrabbia passa da maschio alfa. Dall’uomo ci si aspetta che si arrabbi, perché così manifesta la sua autorità. Per lei non funziona così, perché da lei ci si aspetta che sia docile, calma, che abbassi i toni. Altri atteggiamenti sono considerati – di fatto – irricevibili.

– Il grande capitolo degli uomini che ti spiegano le cose come se fossi inadeguata. E magari manco se ne accorgono che ne sai più di loro, ma tanto di più. Sta di fatto che coi loro simili-maschi non hanno lo stesso comportamento. Sul tema Rebecca Solnit è stata chiarissima.

– Situazione tipo: quando si chiedono informazioni e si è in coppia. Anche se è la donna a chiedere, rispondono guardando negli occhi il compagno. Inspiegabile.

– Gli infiniti dibattiti sul corpo delle donne. Quando si parla di aborto e maternità troviamo spesso schiere di uomini pronti a pontificare e ad avere un’opinione su tutto, incluso su quel corpo che non hanno. E come sono felici di vantare il loro ruolo di papà quando, in realtà, coi figli è la madre che si sbatte, si ricorda gli impegni, sta con loro o li porta a scuola. Quindi costruiscono di giorno in giorno la loro certezza del “eh, ma vuole stare con la mamma, non con me”. Che oltre una certa età diventa alibi e non condizione biologica. C’è chi tutto questo l’ha afferrato al volo.

A proposito, una domanda: perché nei bagni pubblici degli uomini non ci sono i fasciatoi? Perché sono riservati solo ai bagni delle donne? Viva la campagna di Onalim.

– Il bambino sta male: perché dare per scontato che sia la madre a occuparsene?

– Il tema faccende domestiche. “Io aiuto in casa”, dice chi si ritiene virtuoso. Grazie, ma non è che mi fai un favore. Fai la tua parte come io faccio la mia. L’hanno capito e lo spiegano benissimo i soci dell’Associazione Uomini Casalinghi che abbiamo intervistato. Loro sì che in un paese come il nostro sono l’avanguardia. In Svezia sarebbero normali.

– Vi sembra normale che in un paese il congedo di paternità sia di 5 giorni? Guardate la Spagna: ai neopapà congedi uguali a quelli delle mamme: 16 settimane con il 100% dello stipendio. Non è lontana, ma è un altro mondo.

– Una ciliegina: ci sono dei libri di scuola in cui si scrive che “la mamma stira e il papà lavora”. Complimenti.

– Comportarsi dando per scontato che le donne abbiano più pazienza, che una seconda chance ve la daranno sempre.

– Qualche giorno fa ho incontrato un parlamentare. Abituato ad assistere alle riunioni dei laburisti inglesi, mi diceva che se al tavolo i relatori sono tutti o quasi maschi, il pubblico si alza e se ne va. Qui invece è normale che sia così. Al massimo, in una bella tavola rotonda con nutrito parterre di relatori maschi, alla donna viene concesso di fare la moderatrice. Di passare la palla, possibilmente con eleganza.

– Infine, dibattiti in tv: quante volte per screditare l’opinione di una donna (politica, esperta, imprenditrice, ecc) la si chiama con un generico “signora”, senza considerare il suo nome? A parti rovesciate, non ho mai sentito chiamare un uomo “signore” in un talk show. È così, in maniera pelosamente gentile, che si delegittima una persona.

La lista è lunga, lunghissima. E voi, persone e non autoproclamati maschi alfa, lo sapete.

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