Un giorno potrebbero esserci dei robot microscopici, grandi quanto le cellule, capaci di viaggiare all’interno del corpo umano, per rilasciare farmaci o svolgere lavori incredibili come la mappatura del cervello. Questo grazie a una ricerca condotta da Marc Miskin, professore di ingegneria elettrica e dei sistemi all’Università della Pennsylvania, Itai Cohen, Paul McEuen e Alejandro Cortese alla Cornell University di New York.

I ricercatori hanno sfruttato le tecniche di nanofabbricazione (la produzione di materiali in scala nanometrica, variabile da 1 a 100 nanometri) per creare dei minuscoli robot a forma di insetto. Queste tecniche, affinate nel corso degli anni, sono di routine nell’industria dei semiconduttori, ossia nella produzione di chip, transistor, LED e simili. In ogni smartphone, smartwatch, TV o PC che usiamo ogni giorno ci sono semiconduttori prodotti con la nanofabbricazione.

Analogamente ai chip per computer, anche il metodo messo a punto da Miskin e colleghi parte da un wafer di silicio, ossia una “fetta” sottilissima di materiale semiconduttore (che può per esempio essere il silicio), su cui vengono costruiti dei circuiti integrati. Da ciascun wafer con un diametro di 10 centimetri si ricava un milione di robot. La proporzione basta e avanza per capire che questi robot sono molto più piccoli di una pulce: sono lunghi 70 micron, all’incirca la larghezza di un capello umano. Abbastanza piccoli da poter essere iniettati attraverso un comune ago ipodermico.

Wafer

 

Questi robot hanno il corpo di forma rettangolare e, sullo strato di silicio, i ricercatori hanno agganciato i componenti elettronici di controllo e due o quattro celle solari. Si muovono reggendosi su quattro zampe, formate da un doppio strato di platino e titanio, che le rendono particolarmente robuste. Basti pensare che ciascun robot ha un corpo 1.000 volte più spesso e circa 8.000 volte più pesante di ogni zampa. Per far muovere le zampette basta far brillare un laser su una delle celle solari del robot, in modo da alimentarlo. A questi “modelli base” si possono poi agganciare sensori, orologi e controller di altro tipo, a seconda delle funzioni che saranno chiamati a svolgere. Una delle peculiarità di questi microscopici robot è la resistenza. Miskin spiega, infatti, che sono in grado di sopravvivere in ambienti difficili, e si controllano a distanza.

Crediti: Marc Miskin

 

Il lavoro da fare per completare la ricerca è ancora lungo, e si concentrerà sull’alimentazione. La fonte di energia attualmente impiegata, il laser, limita il controllo del robot a un tessuto grande quanto un’unghia. I ricercatori stanno quindi vagliando nuove fonti di energia, fra cui per esempio gli ultrasuoni e i campi magnetici. L’interesse verso le opportunità offerte da questi robot è altissimo, tanto che Miskin è presente in questi giorni alla riunione dell’American Physical Society a Boston per spiegare i progressi della sua ricerca.

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