Sono almeno quattordici i pazienti che hanno perso la vita in un ospedale venezuelano di Maturin, nello stato di Monagas, in Venezuela, a causa del blackout elettrico che da due giorni sta creando gravi difficoltà nel Paese. Ad annunciarlo è un medico infettivologo, Julio Castro, che su Twitter ha denunciato il decesso di nove pazienti nel reparto di medicina interna ed emergenza, due in ostetricia, uno in traumatologia e uno in terapia intensiva neonatale. Alle 11.30 (le 16.30 in Italia), Castro ha scritto di trovarsi “senza luce e senza generatore elettrico”. Secondo Repubblica ci sarebbe una vittima anche all’ospedale di Maracay, a ovest della capitale Caracas.
Quello di oggi sabato 9 marzo è stato il secondo blackout che ha colpito il sistema elettrico in Venezuela e ha lasciato il 96% del paese scollegato da Internet: a renderlo noto, sempre su Twitter, è stata Netblocks, associazione che si dedica a monitorare l’accesso alla rete Internet a livello globale, in base all’analisi dei dati di collegamento dal paese sudamericano. La luce è tornata ma solo in alcune zone di Caracas.
E il presidente cubano Miguel Diaz Canel ha denunciato che il blackout che ha paralizzato il Venezuela è stato causato da un “sabotaggio elettrico”, che costituisce “uno sporco atto di terrorismo“. In un messaggio su Twitter, Diaz Canel ha indicato che il blackout è stato provocato “per spezzare la resistenza del popolo venezuelano e giustificare “un intervento militare“. “Quanta perversione imperiale in questo modo di agire criminale, violentatore ed ingerenzista”, ha aggiunto.
Intanto, all’inizio del pomeriggio (19 ora italiana), migliaia di sostenitori dell’opposizione venezuelana, vestiti di bianco, si sono riversati nel centro di Caracas per manifestare contro il governo, sfidando l’enorme dispiegamento delle forze dell’ordine, mentre in contemporanea altre migliaia di persone, questa volta filo-Maduro e vestite di rosso, si sono dirette in un’altra zona della capitale. Le manifestazioni si sono svolte proprio nelle stesse ore in cui il Paese cerca di riprendersi dal blackout. Sono circa 10mila sostenitori dell’opposizione che sono riusciti ad arrivare al luogo dell’assembramento, nel viale de la Victoria, dove i poliziotti in tenuta antisommossa erano dispiegati dall’alba. Mentre il numero di persone continuava a crescere, i militari della Guardia nazionale bolivariana si posizionavano a bloccare le uscite autostradali che portavano al viale. “Tenteranno di farci paura, ma avranno una sorpresa: non riusciranno a contenere un popolo deciso a metter fine all’usurpazione”, ha twittato Guaido, presidente ad interim autoproclamato e riconosciuto da una 50ina di Paesi, in primis gli Stati Uniti. Nella notte, l’opposizione aveva denunciato l’arresto di tre persone che lavoravano a montare un palco.
Dall’altro lato Maduro, che ha convocato una mobilitazione “anti-imperialista” e su Twitter ha tuonato che “ancora una volta l’imperialismo americano ha sottostimato la determinazione del popolo venezuelano”. Il presidente, la cui rielezione è contestata dall’opposizione, ha attribuito il mastodontico blackout, durato 30 ore, agli Usa, parlando di “guerra imperialista sull’elettricità”. La corrente è tornata a intermittenza sabato 9 marzo nella gran parte dei quartieri di Caracas e negli Stati del centro-est, mentre il resto del territorio è rimasto ancora senza corrente. Internet e reti mobili hanno ricominciato a funzionare, ma la metropolitana della capitale è rimasta ferma. Oltre ai gravissimi problemi negli ospedali, la mancanza di corrente ha un impatto sull’economia anche perché a causa dell’inflazione fuori controllo il denaro contante è raro, quindi per fare acquisti servono le transazioni elettroniche.
Il ministro della Difesa, Vladimir Padrino, ha parlato del blackout come di “aggressione deliberata” degli Usa, annunciando un “dispiegamento” dell’esercito, senza dare dettagli. Il suo governo ha anche promesso che fornirà “prove” all’Onu della responsabilità di Washington, mentre l’alta commissaria per i diritti umani è attesa a giorni a Caracas. Ma mentre Corpolec, gestore della gigantesca centrale idroelettrica Guri, ha denunciato il “sabotaggio”, alcuni esperti hanno accusato il governo socialista di non aver investito nelle infrastrutture.