Stavolta non è una virata green a guidare il cambio di rotta, quanto la necessità di limitare i danni per le casse pubbliche in caso di un crollo delle quotazioni del petrolio. Eppure esultano le associazioni ambientaliste della Norvegia, Paese tra i più dipendenti dalle estrazioni di petrolio e gas, per le raccomandazioni mosse dal governo norvegese al Government Pension Fund di Oslo (che reinveste i proventi delle risorse petrolifere), di vendere i titoli dei produttori di greggio e gas. Questo significa che il fondo sovrano norvegese, il più ricco del pianeta con i suoi mille miliardi di asset in gestione, dovrà venderà le azioni possedute in compagnie dell’Oil&gas (tra cui Eni) e non potrà più reinvestire in quel settore. Tutto ciò accade nel Paese che è sì da anni impegnato in altre importanti scommesse, come quella delle rinnovabili, ma dove è proprio l’attività legata agli idrocarburi a sostenere la spesa pensionistica della nazione e a permettere a oltre cinque milioni di abitanti di avere una ricchezza pro capite di circa 167mila euro. Le raccomandazioni del governo norvegese dovranno essere esaminate dal Parlamento, al quale spetta l’ultima parola.
LE RAGIONI DELLA SCELTA – Il Government Pension Fund di Oslo viene gestito dalla Banca centrale per conto del ministero delle Finanze e ha un portafoglio azionario di oltre 681 miliardi di dollari (37 miliardi di dollari di titoli relativi al greggio e al gas). Ed è proprio questo che preoccupa Oslo, la troppa dipendenza e l’economia eccessivamente esposta al calo dei prezzi del petrolio. “L’obiettivo è rendere la nostra ricchezza meno vulnerabile a un calo duraturo dei prezzi”, ha infatti dichiarato Suv Jensen, il ministro delle Finanze norvegese. A maggior ragione ora che il fondo ha aumentato dal 60 al 70 per cento la sua esposizione sui titoli azionari. E questo dato va ad aggiungersi al fatto che la Norvegia è il maggiore produttore di petrolio e gas dell’Europa occidentale: dal settore derivano quasi la metà delle esportazioni e più del 20% delle entrate per quanto riguarda le materie prime.
LE MAGGIORI PARTECIPAZIONI – Le vendite delle azioni dovrebbero però risparmiare i grandi gruppi produttori e riguardare solo le società più piccole di esplorazione e produzione petrolifera e di gas. Delle 300 partecipazioni azionarie in società del comparto, le più importanti sono quella nell’americana Exxon Mobil (dello 0,96% per un valore di oltre 3 miliardi di dollari), in Bp (2,25% per un valore di più di 3 miliardi), in Total (l’1,7% vale più di 2,5 miliardi), Chevron e Royal Dutch Shell. La partecipazione in Eni è dell’1,43% e vale quasi 900 milioni di dollari. La proposta, sostenuta dai movimenti ambientalisti e della quale si parla da circa un anno, ha già avuto i primi effetti negativi in Borsa per tutto il comparto. Il fondo aveva già alleggerito la sua posizione nel settore dell’energia.
TRA OIL&GAS E RINNOVABILI – La posizione della Norvegia, rispetto alla transizione verso le fonti rinnovabili resta dunque complessa. Perché è vero che alla base di questa presa di posizione, c’è una questione economica più che una spinta legata all’ambiente, ma lo è anche che la Norvegia utilizza i ricavi che derivano dal settore degli idrocarburi proprio per investire sulle fonti rinnovabili, da cui produce più di quanto consuma (quasi il 110 per cento). A queste latitudini si registra il record di produzione di petrolio in Europa, con circa 2 milioni di barili al giorno (e il Paese è terzo esportatore al mondo dopo Russia e Qatar), ma pur dovendo la sua ricchezza allo sfruttamento di giacimenti di fonti fossili, la Norvegia è impegnata da tempo nella riconversione. Tant’è che sulla terraferma produce elettricità quasi totalmente da fonti rinnovabili. Il Paese ha poi l’obiettivo per il 2025 di arrivare a una mobilità completamente elettrica o comunque a emissioni zero. Un traguardo non lontano se oggi può già vantare il maggior numero al mondo di veicoli elettrici per popolazione. E accompagnato da un altro importante obiettivo: la carbon neutrality entro il 2030. Ecco perché, ragioni economiche o meno, per gli ambientalisti in ballo c’è molto più che la prudenza legata alle fluttuazioni del mercato.
Ambiente & Veleni
Petrolio, le ragioni (non ambientaliste) del disimpegno del fondo sovrano norvegese e il peso delle rinnovabili
La troppa dipendenza e l’economia eccessivamente esposta al calo dei prezzi del barile preoccupano Oslo. Ma il Paese utilizza i ricavi che derivano dal settore degli idrocarburi proprio per investire sulle fonti rinnovabili
Stavolta non è una virata green a guidare il cambio di rotta, quanto la necessità di limitare i danni per le casse pubbliche in caso di un crollo delle quotazioni del petrolio. Eppure esultano le associazioni ambientaliste della Norvegia, Paese tra i più dipendenti dalle estrazioni di petrolio e gas, per le raccomandazioni mosse dal governo norvegese al Government Pension Fund di Oslo (che reinveste i proventi delle risorse petrolifere), di vendere i titoli dei produttori di greggio e gas. Questo significa che il fondo sovrano norvegese, il più ricco del pianeta con i suoi mille miliardi di asset in gestione, dovrà venderà le azioni possedute in compagnie dell’Oil&gas (tra cui Eni) e non potrà più reinvestire in quel settore. Tutto ciò accade nel Paese che è sì da anni impegnato in altre importanti scommesse, come quella delle rinnovabili, ma dove è proprio l’attività legata agli idrocarburi a sostenere la spesa pensionistica della nazione e a permettere a oltre cinque milioni di abitanti di avere una ricchezza pro capite di circa 167mila euro. Le raccomandazioni del governo norvegese dovranno essere esaminate dal Parlamento, al quale spetta l’ultima parola.
LE RAGIONI DELLA SCELTA – Il Government Pension Fund di Oslo viene gestito dalla Banca centrale per conto del ministero delle Finanze e ha un portafoglio azionario di oltre 681 miliardi di dollari (37 miliardi di dollari di titoli relativi al greggio e al gas). Ed è proprio questo che preoccupa Oslo, la troppa dipendenza e l’economia eccessivamente esposta al calo dei prezzi del petrolio. “L’obiettivo è rendere la nostra ricchezza meno vulnerabile a un calo duraturo dei prezzi”, ha infatti dichiarato Suv Jensen, il ministro delle Finanze norvegese. A maggior ragione ora che il fondo ha aumentato dal 60 al 70 per cento la sua esposizione sui titoli azionari. E questo dato va ad aggiungersi al fatto che la Norvegia è il maggiore produttore di petrolio e gas dell’Europa occidentale: dal settore derivano quasi la metà delle esportazioni e più del 20% delle entrate per quanto riguarda le materie prime.
LE MAGGIORI PARTECIPAZIONI – Le vendite delle azioni dovrebbero però risparmiare i grandi gruppi produttori e riguardare solo le società più piccole di esplorazione e produzione petrolifera e di gas. Delle 300 partecipazioni azionarie in società del comparto, le più importanti sono quella nell’americana Exxon Mobil (dello 0,96% per un valore di oltre 3 miliardi di dollari), in Bp (2,25% per un valore di più di 3 miliardi), in Total (l’1,7% vale più di 2,5 miliardi), Chevron e Royal Dutch Shell. La partecipazione in Eni è dell’1,43% e vale quasi 900 milioni di dollari. La proposta, sostenuta dai movimenti ambientalisti e della quale si parla da circa un anno, ha già avuto i primi effetti negativi in Borsa per tutto il comparto. Il fondo aveva già alleggerito la sua posizione nel settore dell’energia.
TRA OIL&GAS E RINNOVABILI – La posizione della Norvegia, rispetto alla transizione verso le fonti rinnovabili resta dunque complessa. Perché è vero che alla base di questa presa di posizione, c’è una questione economica più che una spinta legata all’ambiente, ma lo è anche che la Norvegia utilizza i ricavi che derivano dal settore degli idrocarburi proprio per investire sulle fonti rinnovabili, da cui produce più di quanto consuma (quasi il 110 per cento). A queste latitudini si registra il record di produzione di petrolio in Europa, con circa 2 milioni di barili al giorno (e il Paese è terzo esportatore al mondo dopo Russia e Qatar), ma pur dovendo la sua ricchezza allo sfruttamento di giacimenti di fonti fossili, la Norvegia è impegnata da tempo nella riconversione. Tant’è che sulla terraferma produce elettricità quasi totalmente da fonti rinnovabili. Il Paese ha poi l’obiettivo per il 2025 di arrivare a una mobilità completamente elettrica o comunque a emissioni zero. Un traguardo non lontano se oggi può già vantare il maggior numero al mondo di veicoli elettrici per popolazione. E accompagnato da un altro importante obiettivo: la carbon neutrality entro il 2030. Ecco perché, ragioni economiche o meno, per gli ambientalisti in ballo c’è molto più che la prudenza legata alle fluttuazioni del mercato.
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Sport
Addio a Pizzul, voce storica delle telecronache della Nazionale. Da “tutto molto bello” a Italia 90, ha rivoluzionato il racconto in tv del calcio
Giustizia & Impunità
Milano e le inchieste sull’urbanistica: il primo arresto. Ai domiciliari ex dirigente: ‘Corruzione e depistaggio’. Domani in Senato l’esame della legge voluta da Sala
Mondo
Trump: “Apprezzo il messaggio di Zelensky in favore della pace, segnali anche dalla Russia”. E insiste: “Prenderemo pure la Groenlandia”
Tokyo, 5 mar. (Adnkronos) - Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sta incontrando il Primo ministro giapponese, Shigeru Ishiba, nel palazzo Kantei, per quello che è l'appuntamento con la valenza più politica della Visita ufficiale che il Capo dello Stato sta effettuando nel Paese del Sol levante e che si protrarrà fino a sabato prossimo.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - “Addio a Bruno Pizzul. La sua voce inconfondibile ci ha accompagnato per decenni nelle notti del calcio. Da quelle ‘magiche’ della nazionale azzurra ai mondiali del ’90, a quella ‘tragica’ dell’Heysel. Professionale, coinvolgente, pacato. Ci lascia un gigante del giornalismo sportivo e della Rai. Condoglianze alla famiglia”. Così la senatrice di Italia viva Daniela Sbrollini, responsabile sport del partito.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - La politica trumpiana sui dazi "non ci ha indotto a modificare la nostra strategia. Allo stato attuale, stante la geografia dei dazi, l’impatto sul nostro business è zero’. Così Alessandro Bernini, Ceo di Maire, rispondendo alle domande dei giornalisti in occasione del Capital Market Day 2025, con il quale il Gruppo ha presentato i risultati del 2024 e gli obiettivi per il prossimo futuro alla business community nazionale ed internazionale riunita nell’head quarter milanese dell’azienda.
“Per quello che ci serve in Italia e in Europa - aggiunge - abbiamo una supply chain domestica, con la nostra vendor list italiana che valorizza l’economia del nostro Paese, per quanto ci è possibile”.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - “Si è spenta per sempre la voce di Bruno Pizzul che ha accompagnato per tanti anni le nostre domeniche di calcio. Con il suo stile inconfondibile di vero professionista del servizio pubblico. Prima Niccolò Carosio poi Nando Martellini e infine Bruno Pizzul. Icone del giornalismo sportivo della Rai e non solo". Lo afferma l'europarlamentare del Pd Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del partito.
"Bruno Pizzul -aggiunge- è stato un tifoso della Nazionale, sì, ma mai partigiano. Raccontava il calcio con misura, con un codice di sobrietà e senza cercare di essere protagonista. Niente eccessi, nessuna sciatteria linguistica, solo competenza e passione. Un esempio di giornalismo sportivo che oggi sembra lontano. Che la terra gli sia lieve”.
Milano, 5 mar. (Adnkronos) - Assimpredil-Ance Milano e la società immobiliare Abitare In risultano indagate in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti nell'inchiesta milanese sull'urbanistica che ha portato ai domiciliari l'architetto Giovanni Oggioni, in qualità di vice presidente della commissione per il Paesaggio di Palazzo Marino.
In particolare, secondo quanto emerge nell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari Mattia Fiorentini, alla società immobiliare viene contestato di "non aver rilevato l'evidente conflitto di interessi tra Oggioni dirigente del Sue di Milano e poi vice presidente delle commissione per il Paesaggio e la figlia (non indagata, ndr) remunerata (circa 124mila euro) quale stabile collaboratrice dell'impresa" dal 2020 a oggi.
Per Assimpredil-Ance Milano, invece, la contestazione riguarda il "non aver rilevato - si legge nel provvedimento - l'evidente conflitto di interessi di Oggioni incaricato di un contratto di consulenza pluriennale del valore di 178.000 euro" (quasi 179mila secondo la cifra indicata nel sequestro preventivo), dal novembre 2021 e ancora in essere. La procura di Milano ha chiesto il sequestro preventivo di circa 300 mila euro come profitto del reato contestato all'architetto arrestato.
Milano, 5 mar. (Adnkronos) - Giovanni Oggioni, l'architetto ed ex dirigente del Comune di Milano finito ai domiciliari per corruzione, falso e depistaggio in un'inchiesta sull'urbanistica, ha usato il suo ruolo di vice presidente della Commissione per il paesaggio di Palazzo Marino, come "cerniera occulta tra l'amministrazione e gli interessi dei privati". Lo sostiene il giudice per le indagini preliminari Mattia Fiorentini che ha respinto la richiesta del carcere avanzata dai pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici. Ne è prova, ad esempio, "l'aver brigato per pilotare le candidature e le nomine dei componenti della commissione per il paesaggio da rinnovare".
Le indagini "hanno disvelato l'esistenza di un consolidato sistema di corruttela commistione tra interessi pubblici e privati, incentrato - tra gli altri - sulla figura di Giovanni Oggioni e la Commissione Paesaggio. In pratica, grazie alla presenza di Oggioni all'interno dell'organismo (interamente composto da professionisti operanti sul territorio di Milano), importanti costruttori privati potevano ottenere informazioni, anticipazioni e un occhio di riguardo per le pratiche di interesse" scrive il giudice nell'ordinanza di custodia cautelare. "Tutto ciò era accompagnato da un disinvolto rilascio di titoli edilizi illegittimi, preceduto da mistificazioni e omissioni disseminate in maniera strumentale, nonché da un sistematico aggiramento delle norme morfologiche di settore e delle procedure previste dalla legge per garantire il vaglio da parte della Giunta regionale" si legge nel provvedimento.
Il canale del convenzionamento privato, la manipolazione terminologica, l'istituzione della Commissione Paesaggio e il conferimento a quest'ultima di poteri discrezionali- non previsti dalla normativa primaria e secondaria - hanno stravolto i termini della pianificazione urbanistica meneghina, concentrandola in capo a un ristretto gruppo di potere, assai permeabile alle pressioni delle lobbies costruttrici". Per quanto riguarda Oggioni "il sistema corruttivo è rodato, remunerativo, e da difendere a oltranza". L'architetto "ha premuto affinché, in occasione del rinnovo della Commissione Paesaggio (insediata il 7 gennaio 2025), venisse data continuità alla linea seguita dalla composizione precedente, ottenendo, nei fatti, che diversi membri (4 su 15, quasi un terzo) venissero riconfermati. Oltre a ciò, si è visto come Oggioni avesse orientato tutte le nomine, attingendo a un bacino di soggetti graditi e in modo tale da estromettere, o comunque arginare, candidature scomode".
Firenze, 4 feb. - Adnkronos) - "Speriamo di mettere l'Italia al primo posto per la ricerca farmaceutica e non solo per la produzione". Lo ha detto Elcin Barker Ergun, Ceo di Menarini, nel corso della conferenza stampa di presentazione dei dati 2024 del Gruppo Menarini a Firenze. "Nel 2025 - ha aggiunto Barker Ergun - non ci saranno grandi cambiamenti nel Gruppo Menarini ma ci aspettiamo che continui la crescita in volume e in valore. Stiamo infatti allargando le approvazioni dei farmaci in molti Paesi".
"Le aziende che non useranno l'intelligenza artificiale non saranno competitive nel futuro. Grazie all'intelligenza artificiale - ha aggiunto - possiamo aumentare l'efficienza operativa e così accelerare tutti i processi, dalla ricerca ai trial per arrivare all'approvazione di un farmaco in tempi più rapidi".