La Cina, l’Indonesia e l’Etiopia hanno deciso di lasciare a terra la loro flotta di Boeing 737 Max in attesa dell’inchiesta sulle cause dell’incidente aereo che domenica è costato la vita a 157 persone – di cui otto italiane – che viaggiavano a bordo del volo Ethiopian Airlines, precipitato sei minuti dopo il decollo da Addis Abeba. Una scelta precauzionale, come spiegano le autorità dei tre Paesi in attesa dello sviluppo delle indagini che saranno facilitate dal ritrovamento della scatola nera, avvenuto nelle scorse ore, anche se pare che sia “parzialmente danneggiata”. Boeing dice in una nota che la sicurezza “è la nostra priorità principale” e che “stiamo prendendo ogni misura per capire in pieno gli tutti aspetti dell’incidente, lavorando in stretto contatto con i team investigativi e tutte le Authority coinvolte”. L’indagine “è alle sue fasi iniziali, ma a questo punto, secondo le informazioni disponibili, non abbiamo alcuna base per dare indicazioni agli operatori”. E la compagnia affonda in Borsa: i titoli nelle contrattazioni che precedono l’apertura di Wall Street perdono oltre l’11%. E anche Southwest Airlines, la compagnia aerea con il maggior numero di Boeing 737 Max, ne opera 34, cala a Wall Street, dove arriva a perdere l’1,45%.
La decisione di Etiopia, Indonesia e Cina – Air Italy, che ha tre vettori di quel modello, ha invece precisato che “per quanto riguarda il B737 Max 8 e a tutti gli aeromobili operativi in flotta, la compagnia si trova in piena conformità con le disposizioni delle autorità aeronautiche e alle procedure operative e direttive del costruttore”. Mentre l’Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) sta “monitorando da vicino” la situazione e la procura di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone, ha aperto un’indagine al momento senza indagati né ipotesi di reato, l’Associazione nazionale piloti ha chiesto all’Enac “di intervenire su tutte le compagnie italiane che hanno in uso questa tipologia di aeromobile, mettendo a terra le macchine e facendo i controlli necessari”.
L’Indonesia, come annunciato dal ministero dei Trasporti di Giacarta, ha maturato la decisione “al fine di assicurare che tutti gli aerei che sono in dotazione delle compagnie in Indonesia siano idonei al volo”, si legge in una dichiarazione. Attualmente nel Paese vi sono 11 aerei di quel tipo, 10 dei quali appartenenti alla Lion Air e uno alla Garuda Indonesia. Lo stop cinese, per ora temporaneo, è arrivato alle 9 ora locale (le 2 di notte in Italia) e dura nove ore. L’ordine di sospendere l’uso dei Boeing 737 Max, come riporta la rivista finanziaria Caijing, che cita fonti vicine all’ente per l’aviazione civile cinese, è dovuto ai timori per la sicurezza, visto il precedente incidente dello stesso modello della compagnia Lion Air avvenuto in Indonesia lo scorso 20 ottobre, in cui persero la vita 189 persone. La decisione è stata presa dopo una consultazione con l’omologa agenzia americana Federal aviation administration (Faa) e con la stessa Boeing. Nell’aereo precipitato domenica erano otto i cittadini cinesi a bordo. “Dati i due incidenti legati ai nuovi Boeing 737 Max 8 da poco consegnati, e accaduti durante la fase di decollo, ci sono alcuni gradi di similitudine”, ha spiegato l’authority cinese, secondo cui lo stop è “in linea con i principi regolatori della tolleranza zero agli azzardi sulla sicurezza”. I modelli 737-8 in dotazione alle compagnie aeree del Dragone sono poco più di 60.
Analoga decisione per Ethiopian Airlines, che ha bloccato tutti i velivoli dello stesso modello precipitato. A renderlo noto la compagnia aerea in un tweet.
Accident Bulletin no. 5 Issued on March 11, 2019 at 07:08 AM Local Time pic.twitter.com/rwxa51Fgij
— Ethiopian Airlines (@flyethiopian) 11 marzo 2019
“A seguito del tragico incidente del 10 marzo – si legge – Ethiopian Airlines ha deciso di tenere a terra tutti” i Boeing 737 Max. “Anche se non conosciamo ancora le cause dell’incidente – prosegue la nota – la decisione è presa in via precauzionale come misura di sicurezza. La compagnia diffonderà ulteriori informazioni non appena disponibili”.
Anche la Cayman Airways ha deciso di lasciare a terra temporaneamente i suoi due Boeing 737 Max 8. L’ad del vettore caraibico Fabian Whorms ha spiegato che, anche se la causa del disastro di domenica non è ancora chiara, la sua compagnia ha comunque deciso questa misura cautelativa per “mettere la sicurezza dei nostri passeggeri e degli equipaggi al primo posto”. La Cayman Airways è la compagnia di bandiera delle Isole Cayman, territorio britannico d’oltremare.
Il “monitoraggio” dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea – Come spiegato da un portavoce, al momento è troppo presto per fornire indicazioni alle compagnie europee, o per agire. L’Easa è in contatto con l’autorità americana Federal Aviation Administration (Faa) e con le autorità etiopi. La Corea del Sud ha invece aperto un’indagine “precauzionale”: un team di 4 tecnici ha visitato la Eastar Jet, compagnia locale low cost, avviando accertamenti sul pilota automatico e altri sistemi. Oh Sung-oun, direttore della Divisione aeronavigabilità del ministero dei Trasporti, ha spiegato che l’esame finirà venerdì e non ci sono al momento piani per tenere a terra i B737 Max, riferisce l’agenzia Yonhap.
Le vittime della tragedia – Sono di 35 nazionalità. Fra loro, oltre alle otto vittime italiane, anche nove francesi e otto americani. Il velivolo diretto a Nairobi è precipitato alle 8.44. Nella lista dei passeggeri figura l’assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale, Sovrintendente del Mare della Regione. Tusa era diretto in Kenya per un progetto dell’Unesco. Sul volo si trovavano anche tre volontari della onlus Africa Tremila di Bergamo: il presidente Carlo Spini, 75 anni, medico in pensione dall’ospedale di San Sepolcro (Arezzo) e residente a Pistoia, la moglie Gabriella, infermiera, e il tesoriere Matteo Ravasio. I primi due abitavano ad Arezzo, il terzo, un commercialista, era residente a Bergamo. I tre erano partiti ieri sera da Roma e avevano raggiunto Addis Abeba per prendere il collegamento con Nairobi. La loro meta era un ospedale che la onlus sta realizzando in Sud Sudan, dove avrebbero dovuto consegnare le attrezzature mediche, in viaggio su alcuni camion.
Onu: “Persi almeno 21 membri dello staff” – Lo ha confermato il segretario generale Antonio Guterres parlando questa mattina a una riunione della Commissione sullo stato delle donne a New York, dove è stato osservato un minuto di silenzio e dove le bandiere sono state tenute a mezz’asta. Guterres ha definito l’incidente “una tragedia globale” e ha affermato che “le Nazioni Unite sono unite nel dolore”. “I nostri colleghi erano donne e uomini, giovani professionisti e funzionari esperti provenienti da tutti gli angoli del globo e con una vasta gamma di competenze”, ha detto Guterres, sottolineando che “avevano tutti una cosa in comune: uno spirito di servire la gente nel mondo e renderlo un posto migliore per tutti”. L’organizzazione aveva detto in precedenza che le vittime appartenevano: sette al World Food Program; due all’Ufficio dell’Alto Commissariato per i rifugiati e due all’Unione internazionale delle telecomunicazioni; uno ciascuno dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni in Sudan, della Banca mondiale e della missione di assistenza delle Nazioni Unite in Somalia; sei membri dell’ufficio delle Nazioni Unite a Nairobi.