Rimane uno dei più devastanti attacchi al cuore dell’Europa, individuato con una sigla giornalistica asettica ma evocativa: “el 11-M”. Esattamente quindici anni fa, alle prime luci di un giorno feriale (le lancette segnavano le 7:37) nella stazione madrilena di Atocha risuonò il fragore sinistro di una bomba che sventrò un tren de cercanías, un convoglio carico di pendolari. Pochi minuti dopo altri nove ordigni scoppieranno in due stazioni, El Pozo e Santa Eugenia, e nei pressi di via Téllez, lungo la linea ferrata che da sud conduce ad Atocha.
Il principale attacco portato in Europa in tempo di pace fece 191 vittime, per lo più spagnoli ma anche cittadini di altre 16 nazionalità, europei, nordafricani e latinoamericani. Il numero dei feriti fu così alto – quasi duemila – che le autorità sanitarie dovettero allestire un ospedale da campo nel complesso sportivo Daoiz y Velarde, non lontano da via Téllez. La solidarietà scattò immediata rompendo anche le cortine alimentate da sospetti e rivalità, tre ore dopo gli attentati la Generalitat, sede del governo catalano, inviava a Madrid 500 sacche per trasfusioni, a Barcellona più di un milione di persone si riversarono in strada sotto uno slogan significativo: Avui jo també sóc madrileny (“oggi anch’io sono madrileno”).
Le cose andarono diversamente sul piano squisitamente politico, la frattura tra i partiti si acuì, a tre giorni dal voto per le elezioni politiche gli attentati si presentarono come una succulenta occasione per manipolazioni informative e operazioni di propaganda che diedero luogo a un vero sciacallaggio. Il Partido popular di José María Aznar, in assenza di prove, additò da subito il terrorismo dell’Eta, la formazione del leader conservatore in quel momento al governo si era opposta con fermezza alle rivendicazioni separatistiche e, già favorita nei sondaggi, avrebbe tratto enormi benefici elettorali da una responsabilità attribuita al gruppo armato basco.
Si ruppe il Patto Antiterrorista fra conservatori (Pp) e socialisti (Psoe), accordo fondato su una regola chiara: non utilizzare a fini elettorali e partitici le prese di posizione contro il terrorismo. Il Psoe, nelle ore successive agli attentati, accuserà i conservatori di mistificazioni, mentre il Pp imputerà ai socialisti di istigare manifestazioni di piazza contro le sue sedi e contro gli affiliati. Le dimostrazioni pubbliche, convocate senza autorizzazione nel giorno del silenzio prima del voto, furono capaci di sollevare una tale indignazione verso i popolari che nelle elezioni del 14 marzo per l’ottava legislatura i socialisti superarono i conservatori di 4,9 punti (con un distacco 16 seggi), la base per l’investitura di José Luis Zapatero.
I sospetti di una fetta consistente del corpo elettorale, confermati da subito dalle fonti della stampa internazionale e dalle informative dei servizi segreti interni, collimarono con la verità emersa nelle aule di giustizia. La Audiencia Nacional, il tribunale competente per reati di terrorismo, nella sentenza pubblicata il 31 ottobre 2007, dopo attento esame di 300 dichiarazioni testimoniali e di oltre 8000 pagine processuali, stabilì che gli attentati dell’11 marzo furono compiuti da una cellula terrorista di tipo jihādista, senza coinvolgimento dell’organizzazione terrorista basca. Per anni l’associazione 11-M Afectados del Terrorismo che riunisce i familiari delle vittime ha insistito sulla responsabilità politica di Aznar e del suo governo per aver direttamente coinvolto la Spagna nella guerra in Iraq.
Da quel giovedì 11 marzo 2004 si sono alternati governi di diverso segno politico, sono state formulate teorie complottiste su presunte cospirazioni di Stati terzi nelle vicende politiche interne, si è dato sfogo alla più varia dietrologia sulle implicazioni di elementi del terrorismo basco a supporto delle cellule islamiste. Rimangono decine di morti innocenti, i segni delle ferite su centinaia di corpi, la consapevolezza di un Stato che nel 2004 impegnava solo 150 agenti nell’antiterrorismo a fronte dei 3000 utilizzati negli anni a venire. Quindici anni dopo la Spagna si ferma, il tempo è per il ricordo e per la commemorazione.
Andrea Lupi e Pierluigi Morena
Avvocati internazionalisti
Mondo - 11 Marzo 2019
Attentati Madrid, la storia degli attacchi che 15 anni fa sconvolsero la Spagna
Rimane uno dei più devastanti attacchi al cuore dell’Europa, individuato con una sigla giornalistica asettica ma evocativa: “el 11-M”. Esattamente quindici anni fa, alle prime luci di un giorno feriale (le lancette segnavano le 7:37) nella stazione madrilena di Atocha risuonò il fragore sinistro di una bomba che sventrò un tren de cercanías, un convoglio carico di pendolari. Pochi minuti dopo altri nove ordigni scoppieranno in due stazioni, El Pozo e Santa Eugenia, e nei pressi di via Téllez, lungo la linea ferrata che da sud conduce ad Atocha.
Il principale attacco portato in Europa in tempo di pace fece 191 vittime, per lo più spagnoli ma anche cittadini di altre 16 nazionalità, europei, nordafricani e latinoamericani. Il numero dei feriti fu così alto – quasi duemila – che le autorità sanitarie dovettero allestire un ospedale da campo nel complesso sportivo Daoiz y Velarde, non lontano da via Téllez. La solidarietà scattò immediata rompendo anche le cortine alimentate da sospetti e rivalità, tre ore dopo gli attentati la Generalitat, sede del governo catalano, inviava a Madrid 500 sacche per trasfusioni, a Barcellona più di un milione di persone si riversarono in strada sotto uno slogan significativo: Avui jo també sóc madrileny (“oggi anch’io sono madrileno”).
Le cose andarono diversamente sul piano squisitamente politico, la frattura tra i partiti si acuì, a tre giorni dal voto per le elezioni politiche gli attentati si presentarono come una succulenta occasione per manipolazioni informative e operazioni di propaganda che diedero luogo a un vero sciacallaggio. Il Partido popular di José María Aznar, in assenza di prove, additò da subito il terrorismo dell’Eta, la formazione del leader conservatore in quel momento al governo si era opposta con fermezza alle rivendicazioni separatistiche e, già favorita nei sondaggi, avrebbe tratto enormi benefici elettorali da una responsabilità attribuita al gruppo armato basco.
Si ruppe il Patto Antiterrorista fra conservatori (Pp) e socialisti (Psoe), accordo fondato su una regola chiara: non utilizzare a fini elettorali e partitici le prese di posizione contro il terrorismo. Il Psoe, nelle ore successive agli attentati, accuserà i conservatori di mistificazioni, mentre il Pp imputerà ai socialisti di istigare manifestazioni di piazza contro le sue sedi e contro gli affiliati. Le dimostrazioni pubbliche, convocate senza autorizzazione nel giorno del silenzio prima del voto, furono capaci di sollevare una tale indignazione verso i popolari che nelle elezioni del 14 marzo per l’ottava legislatura i socialisti superarono i conservatori di 4,9 punti (con un distacco 16 seggi), la base per l’investitura di José Luis Zapatero.
I sospetti di una fetta consistente del corpo elettorale, confermati da subito dalle fonti della stampa internazionale e dalle informative dei servizi segreti interni, collimarono con la verità emersa nelle aule di giustizia. La Audiencia Nacional, il tribunale competente per reati di terrorismo, nella sentenza pubblicata il 31 ottobre 2007, dopo attento esame di 300 dichiarazioni testimoniali e di oltre 8000 pagine processuali, stabilì che gli attentati dell’11 marzo furono compiuti da una cellula terrorista di tipo jihādista, senza coinvolgimento dell’organizzazione terrorista basca. Per anni l’associazione 11-M Afectados del Terrorismo che riunisce i familiari delle vittime ha insistito sulla responsabilità politica di Aznar e del suo governo per aver direttamente coinvolto la Spagna nella guerra in Iraq.
Da quel giovedì 11 marzo 2004 si sono alternati governi di diverso segno politico, sono state formulate teorie complottiste su presunte cospirazioni di Stati terzi nelle vicende politiche interne, si è dato sfogo alla più varia dietrologia sulle implicazioni di elementi del terrorismo basco a supporto delle cellule islamiste. Rimangono decine di morti innocenti, i segni delle ferite su centinaia di corpi, la consapevolezza di un Stato che nel 2004 impegnava solo 150 agenti nell’antiterrorismo a fronte dei 3000 utilizzati negli anni a venire. Quindici anni dopo la Spagna si ferma, il tempo è per il ricordo e per la commemorazione.
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Altri attacchi di hacker filorussi a siti italiani: nel mirino istituti finanziari e industria delle armi
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, unitamente a personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Gruppo Operativo Regionale Antifrode - Gora), hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese (su richiesta della Procura termitana), con cui è stato disposto il sequestro preventivo di 10 complessi aziendali, nonché di beni e di disponibilità finanziarie per oltre 15 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti (anche per equivalente). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Palermo in co-delega con il citato Ufficio dell’A.D.M., hanno consentito di ricostruire l’operatività di un’associazione per delinquere attiva nelle province di Palermo, Agrigento e Catania e dedita alla commissione di illeciti tributari, con particolare riferimento alla commercializzazione di prodotti energetici sottoposti ad aliquota agevolata (c.d. “gasolio agricolo”).
Secondo la ricostruzione compiuta, la frode avrebbe permesso di sottrarre al pagamento delle imposte oltre 11 milioni di litri di prodotto petrolifero e sarebbe stata perpetrata attraverso l’utilizzo strumentale di operatori economici del settore e la predisposizione di documentazione mendace. Più nel dettaglio, diversi depositi commerciali riconducibili ai vertici del sodalizio criminale avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti e predisposto DAS fittizi al fine di documentare cartolarmente la vendita di carburante a “società di comodo” o aziende del tutto ignare di quanto avveniva, mentre lo stesso, in realtà, veniva ceduto “in nero” a soggetti terzi non aventi titolo a riceverlo. Il che consentiva a questi ultimi di praticare prezzi fortemente concorrenziali a discapito degli altri operatori del settore.
Il descritto sistema di frode - come accertato all’esito di indagini tecniche, servizi di riscontro su strada e mirate attività ispettive - avrebbe garantito un significativo abbattimento dell’I.V.A. e delle Accise dovute, oltre che delle imposte dirette, generando un’evasione d’imposta, e un conseguente danno alle casse dello Stato, pari a 15.231.376,80 euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, irregolarità nella loro circolazione e illeciti di natura tributaria.
Abu Dhabi, 19 feb. (Adnkronos) - Il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato negli Emirati Arabi Uniti, ultima tappa del suo primo tour in Medio Oriente, dopo i colloqui di ieri con i funzionari russi a Riad. Rubio incontrerà ad Abu Dhabi il presidente degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Rubio negli Emirati Arabi Uniti precede il vertice di venerdì in Arabia Saudita dei sei Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, nonché di Egitto e Giordania, per rispondere al piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la Gaza del dopoguerra.
L'amministrazione Trump, che respinge qualsiasi ruolo futuro di Hamas nel devastato territorio palestinese, ha invitato i paesi arabi, fermamente contrari a qualsiasi spostamento dei palestinesi da Gaza, a proporre alternative al piano del presidente degli Stati Uniti.
Kiev, 19 feb. (Adnkronos) - Il massiccio attacco notturno con droni russi contro la città e l'oblast meridionale di Odessa ha ferito almeno quattro persone, tra cui un bambino. Lo ha riferito il governatore Oleh Kiper, secondo cui nell'attacco sono rimasti danneggiati una clinica pediatrica, un asilo, grattacieli e alcune automobili.
Tel Aviv, 19 feb. (Adnkronos) - I caccia israeliani hanno colpito depositi di armi appartenenti all'ex regime siriano di Bashar Assad a Sasa, nella Siria meridionale. Lo ha reso noto l'esercito israeliano in una nota.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprisse un processo, Jair Bolsonaro rischierebbe una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".
Roma, 19 feb. - (Adnkronos) - Un incendio è divampato tra martedì e mercoledì poco, dopo le 4 di mattina, in un appartamento all'ultimo piano di un palazzo sulla circonvallazione Gianicolense. Una donna di 89 anni è morta nel rogo. Sul posto i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme e la polizia.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprirà un processo, Jair Bolsonaro rischierà una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".