Nei confronti della toga era stata decisa la sanzione della 'censura', ritenendo che si sarebbe dovuta astenere, nel 2015, in tre procedimenti concatenati sul governatore della Campania. La suprema corte osserva che si sarebbe dovuta astenere, ma riconosce che nella motivazioni vi è una "erronea ricostruzione"
Ci sarà un nuovo processo disciplinare al Csm per la giudice Anna Scognamiglio, nei confronti della quale era stata decisa la sanzione della ‘censura’, ritenendo che si sarebbe dovuta astenere, nel 2015, in tre procedimenti concatenati sul governatore della Campania Vincenzo De Luca. Accogliendo il ricorso della giudice, le Sezioni Unite della Cassazione hanno rilevato che la “rappresentazione”, in base alla quale è stata censurata, è “inficiata da errori“.
Il tutto si riferisce al caso De Luca, inizialmente sospeso dalla carica di presidente per effetto della legge Severino. Secondo la sezione disciplinare, Scognamiglio si sarebbe dovuta astenere dal giudicare, poiché suo marito Guglielmo Mamma concorreva a un incarico di vertice in una Asl. La sezione disciplinare del Csm, aveva ritenuto che il fatto avesse avuto una risonanza tale da pregiudicare in concreto l’immagine del magistrato, da qui la sanzione disciplinare.
La Cassazione da un lato osserva che il magistrato “era ben consapevole dell’esistenza dell’interesse del coniuge”, ragion per cui vi erano “gravi ragione di convenienza” che avrebbero dovuto imporre di astenersi per il conflitto anche solo “potenziale” di interessi, ma riconosce che nella motivazioni della decisione disciplinare vi è una “erronea ricostruzione” del fatto, cosa che impone un nuovo esame. In particolare, i giudici disciplinari, si legge nella sentenza della Cassazione (n. 6962) non avevano correttamente valutato che al primo dei giudizi a lei contestati (quello che su ricorso d’urgenza di De Luca, a giugno, aveva congelato la decisione del Consiglio dei ministri che lo sospendeva dalla carica di governatore), Scognamiglio non aveva partecipato. Aveva invece redatto l’ordinanza successiva, del 22 luglio. Inoltre, ad agosto era entrato in vigore un albo nazionale per gli incarichi nelle sanità, cui le Regioni devono attingere, e Manna non vi aveva concorso.