“I corpi dei morti nel Mediterraneo parlano, ci raccontano le loro storie e ci avvicinano a loro. Se si conoscesse gli oggetti che si portano dietro nella traversata del Mediterraneo, capiremmo che hanno le stesse cose dei nostri adolescenti, loro siamo noi”, così Cristina Cattaneo, antropologa forense dell’Università di Milano, che pone anche l’accento sulla disperazione esistente dietro le grandi migrazioni odierne e sulle ferite che si riscontrano nei corpi dei vivi che riescono a sopravvivere.  Ad intervenire, nel dibattito organizzato durante la fiera “Fa’ la cosa giusta“, in corso a Milano, anche Cesare Pitea, Professore di diritto internazionale Università di Milano: “L’Italia dovrebbe cooperare con gli altri stati e assicurare sviluppi più equi degli stati più poveri, aprire canali legali per tutte le migrazioni e organizzare un servizio effettivo di ricerca e soccorso. La Libia non si può considerare un porto sicuro, non dovremmo cooperare con i libici”.
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