L'iniziativa è organizzata a fine marzo a Verona e tra gli ospiti sono previsti anche il vicepremier Salvini, nonché i ministri Fontana e Bussetti. La senatrice democratica Cirinnà: "La parte più libera e laica del Paese non può che sentirsi sollevata". Gay Center: "Ci saranno alcuni dei personaggi più omofobi a livello mondiale". In serata dal dicastero della Famiglia arriva una mezza smentita
Palazzo Chigi ha deciso di revocare l’utilizzo del logo della presidenza del Consiglio dei ministri per il Congresso mondiale delle famiglie che si terrà a Verona il 29 marzo. La notizia è stata anticipata da fonti del governo all’agenzia Ansa. In serata, però, dal ministero del leghista Fontana hanno fatto sapere che “non risulta alcuna richiesta di revoca del patrocinio”. Non solo. Le stesse fonti del ministero della Famiglia hanno sottolineato che è “spiacevole” che questa notizia “emerga mentre il ministro Lorenzo Fontana e il Dipartimento Famiglia sono in viaggio per New York per un evento all’Onu sul tema della conciliazione dei tempi famiglia-lavoro”. Insomma, dopo le recenti polemiche, la vicenda del congresso e del patrocinio della presidenza del Consiglio è ben lungi dall’esserci conclusa.
Nei giorni scorsi l’esecutivo aveva già preso le distanze dalla manifestazione promossa da associazioni pro life, conservatrici e anti Lgbtq e appoggiata dal ministro leghista della Famiglia Lorenzo Fontana: “Si tratta di una iniziativa autonoma del ministro”, si leggeva in una nota, “attraverso procedure interne agli uffici e che non hanno coinvolto direttamente la Presidenza del Consiglio”. L’evento è fissato per il weekend del 29-31 marzo e, da programma, è prevista la presenza del vicepremier Matteo Salvini, nonché dei ministri Fontana e Bussetti. In contemporanea la rete femminista di Non una di meno organizzerà una tre giorni di incontri sui diritti delle donne.
La decisione della Presidenza del Consiglio di ufficializzare la presa di distanza anche con il ritiro del simbolo segna una spaccatura molto significativa dentro l’esecutivo. I 5 stelle soffrono particolarmente il supporto ai gruppi conservatori dei soci di governo del Carroccio. E difficilmente parte del Movimento avrebbe potuto digerire che Chigi supportasse l’iniziativa. A inizio marzo era stato il sottosegretario M5s Stefano Buffagni a dire che “qualcuno sembrava avere nostalgia del Medioevo”, ma contrario è sempre stato anche il sottosegretario con delega alle Pari opportunità Vincenzo Spadafora.
“La parte più libera e laica del Paese non può che sentirsi sollevata”, ha commentato la senatrice Pd Monica Cirinnà. “Vedere accomunato il logo del governo su una locandina con tanti volti e nomi di persone note nel mondo per le loro politiche discriminatorie è un’offesa alla laicità dello Stato e alla nostra Costituzione. La mozione presentata in Senato, a mia prima firma, era dunque fondata, oltre che ampiamente condivisa, il patrocinio del governo avrebbe garantito alibi e coperture a tali posizioni retrograde. Se alcuni ministri si sentono vicini a tali posizioni oscurantiste e liberticide è giusto che se ne prendano la responsabilità e partecipino a titolo personale. Sono certa che questo giusto atto di Palazzo Chigi contribuirà a svelenire il clima e a consentire uno svolgimento tranquillo delle contromanifestazioni già indette il 30 marzo a Verona”.
Ha espresso soddisfazione per la decisione anche Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center: “Il congresso”, ha dichiarato, “ospiterà infatti alcuni dei personaggi più omofobi a livello mondiale, come Theresa Okafor, attivista nigeriana che nel 2014 voleva criminalizzare le relazioni tra persone dello stesso sesso oppure come Lucy Akello, la quale voleva proporre al Parlamento ugandese una legge anti-gay, che prevedeva l’ergastolo o la pena di morte per gli omosessuali. Infine, John Eastman, che ha sostenuto nel 2015 la stessa legge sopra citata in Uganda”. E ha chiuso: “Restiamo però basiti che al Congresso saranno comunque presenti i ministri leghisti Salvini, Fontana e Bussetti. Il rispetto dei diritti umani dovrebbe essere una priorità per gli esponenti del Governo italiano, per cui è d’obbligo aspettarsi che tali ministri rinuncino alla presenza al Congresso”.