L'operazione Camaleonte della Direzione Antimafia di Venezia viene considerata dagli inquirenti la naturale prosecuzione geografica nel Nord Est dell’inchiesta portata avanti in Emilia Romagna. A ottobre scorso il maxi procedimento si è chiuso con 177 condanne tra la sentenza definitiva del rito abbreviato di Bologna e quella di primo grado a Reggio Emilia
Trentatré arresti, 8 milioni di beni sequestrati, profitti illeciti tre volte superiori, reati che vanno dal 416bis al sequestro di persona passando per estorsioni, usure, violenze, riciclaggio e falsa fatturazione. Cinquanta le perquisizioni fra Treviso, Vicenza, Padova, Belluno, Rovigo, Reggio Emilia, Parma, Milano e Crotone. Un duro colpo alle attività della cosca Grande Aracri in Veneto messo a segno dalla Direzione Antimafia di Venezia con l’operazione Camaleonte, condotta dai Carabinieri del comando provinciale di Padova e dai Finanzieri del comando provinciale di Venezia. E’ la naturale prosecuzione geografica nel Nord Est dell’inchiesta Aemilia, e trae forza delle indagini che hanno preceduto e affiancato il maxi processo, concluso nell’ottobre scorso con 177 condanne tra la sentenza definitiva del rito abbreviato di Bologna e quella di primo grado a Reggio Emilia.
Sette degli arrestati erano già in carcere, altri hanno subito in Aemilia condanne in primo grado, altri ancora, come Sergio Lonetti, erano stati assolti dal collegio giudicante e si ritrovano ai domiciliari solo quattro mesi dopo con nuove accuse. I personaggi più importanti della cosca sono nomi noti del processo emiliano che secondo la DDA veneziana non disdegnavano di esportare le loro attività illecite anche oltre Po: sono i tre membri della famiglia Bolognino (Michele, Sergio e Francesco) già duramente colpita dalla sentenza di Reggio Emilia (63 anni di carcere complessivamente); Mario Vulcano (26 anni e sei mesi in primo grado), Gaetano Blasco (38 anni e 4 mesi), Gianni Floro Vito (20 anni e 11 mesi), Giuseppe Richichi e Donato Agostino Clausi, entrambi con sentenza di 10 anni già passata in giudicato. Altri nomi del processo emiliano sono quelli di Salvatore Innocenti, rinviato dai giudici alla Procura per l’ipotesi di falsa testimonianza durante la deposizione nell’aula bunker, e di Francesco Scida, condannato a 4 anni e sei mesi in primo grado ma rinviato alla DDA di Bologna al termine di Aemilia per l’eventuale reato di appartenenza ad associazione mafiosa.
Personaggi arrestati oggi comparivano inoltre nelle carte di Aemilia anche come possibili prestanome o soci in attività economiche, segno dell’assoluta continuità dei reati ipotizzati dalla DDA. Giuseppe De Luca era il socio unico dal 2010 della Edil Planet srl di Vicenza, segnalata da due banche venete per operazioni sospette che le indagini di Aemilia riconducevano a falsa fatturazione con denaro proveniente dalla cosca Grande Aracri. Salvatore Innocenti riceveva assegni circolari per volumi esagerati dalla Immobiliare Tre srl di Gianni Floro Vito attraverso operazioni che partivano dalla filiale di Bagnolo, a Reggio Emilia, della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza.
Si tratta di una conferma delle attività della cosca in Emilia Romagna, passate ai raggi x nei due processi di Bologna e Reggio Emilia con oltre 1500 anni di carcere sentenziati il 24 e il 31 ottobre scorso. Una novità invece per il Veneto, dove la presenza degli eredi della famiglia Grande Aracri e della ‘‘ndrangheta dimostrano di non essere più tanto marginali come si poteva pensare prima del 2019. “Siamo a circa 100 arresti solo nell’ultimo mese”, dice il Procuratore Capo di Venezia Bruno Cherchi, e non si può più solo parlare di infiltrazione locale ma “di un quadro di riferimento con struttura regionale”. La ‘ndrangheta è dunque fortemente radicata in Veneto e sviluppa affari con altre associazioni mafiose. Il punto di partenza, come a Reggio, Parma, Piacenza e nella bassa Lombardia, è sempre il paesino di 10mila anime nel crotonese: Cutro, dove nel terzo millennio è la cosca di Nicolino Grande Aracri, oggi in carcere a Milano, a dettare legge.
I nomi degli altri arrestati, o soggetti a provvedimenti restrittivi, nell’operazione Camaleonte sono: Adriano Biasion, Leonardo Lovo, Pasquale Scida, Federico Semenzato, Antonio Brugnano, Marco Carretti, Angelino Crispino, Tobia De Antoni, Giuseppe De Luca, Rocco Devona, Antonio Genesio Mangone, Vincenzo Marchio, Antonio Mazzei, Mario Megna, Domenico Nardella, Domenico Pace, Francesco Agostino, Idriz Ahmetaj, Antonio Carvelli, Luca De Zanetti, Emanuel Levorato, Stefano Marzano.