La preoccupazione dell’Europa, il suggerimento degli Stati Uniti, la ‘lettura’ cinese dei fatti, le polemiche interne. L’adesione dell’Italia alla nuova Via della Seta continua a far discutere sia dentro che fuori i confini nazionali, nonostante le rassicurazioni e i paletti messi dal governo all’alleanza commerciale con la Cina che tanto ha infastidito sia gli Usa che l’Unione europea. Per Bruxelles, tuttavia, non è una novità che un Paese membro sposi il progetto di Pechino: sono già 13 i Paesi Ue che hanno siglato un memorandum di intesa con la Cina, mentre un altro, oltre all’Italia, lo sta negoziando. Si tratta di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. Lussemburgo è invece in trattativa. In principio, viene spiegato all’agenzia Ansa da fonti dell’Unione europea, non ci sono controindicazioni alla firma di tali documenti, dipende tutto dalla loro sostanza. L’Ue non ha firmato un memorandum d’intesa poiché, hanno fatto sapere gli addetti ai lavori, ci sono già due piattaforme che guidano le sue relazioni con la Cina: la strategia Ue-Cina e quella sulla connettività. Tra gli Stati membri che non hanno siglato il memorandum figurano Francia, Germania e Spagna mentre, secondo fonti europee, ci sono anche Paesi che hanno “rifiutato” di siglare il memorandum con Pechino. La comunicazione sulla revisione dei rapporti con la Cina oggi sul tavolo della Commissione prevede dieci azioni ad ampio raggio, compresa quella dello screening degli investimenti cinesi nell’Ue. Il documento sarà poi in discussione alla riunione dei ministri degli Esteri di lunedì, alla quale è previsto prenda parte anche il ministro degli Esteri cinese. Il dossier sarà anche uno dei piatti forti del vertice dei leader Ue del 21 e 22 marzo, in preparazione del summit Ue-Cina previsto per il 9 aprile.
L’allarme Ue: “Possibili rischi da investimenti esteri in settori strategici per la sicurezza”
In attesa di questi appuntamenti, l’Unione europea ha messo in guardia gli stati membri sui possibili rischi per la sicurezza Ue derivanti da investimenti esteri, specie nel campo della tecnologia strategica. “Questo è particolarmente rilevante per infrastrutture critiche come il 5G” si legge nella comunicazione della Commissione europea sulla strategia nelle relazioni Ue-Cina, visionata dall’Ansa, mentre è in corso a Strasburgo la riunione dei commissari Ue che deve vararla. Nel testo, come già trapelato, si sottolinea anche che “né l’Ue né alcuno Stato membro può efficacemente raggiungere i suoi obiettivi con la Cina senza piena unità”. Tra le dieci raccomandazioni che il testo della Commissione rivolge agli Stati membri, si invita ad “assicurare la piena implementazione del regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti”. In particolare per quanto riguarda il 5G si sottolinea che “è necessario un approccio comune” e per questo la Commissione intende presentare una raccomandazione a riguardo dopo il prossimo vertice europeo. Nel testo non si fa menzione diretta del progetto cinese della Via della Seta, né dell’iniziativa italiana di firmare un memorandum d’intesa, ma si sottolinea che la strategia Ue per connettere Europa e Asia “fornisce un quadro chiaro per un impegno sicuro” con i partner e “consente di trovare sinergie con i Paesi terzi, Cina inclusa”, per quanto riguarda trasporti, energia e connettività digitale.
Katainen: “Stati ricordino le nostre regole”
Sulla questione si è espresso ufficialmente il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen, secondo cui il protocollo d’intesa tra Italia e Cina “viene valutato come vengono valutati tutti gli altri protocolli firmati dagli altri stati Ue”. Katainen ha poi ricordato che 13 Stati Ue hanno già firmato simili memorandum: “Tutti gli Stati membri che si stanno impegnando in tal senso – ha aggiunto – devono ricordarsi che abbiamo le nostre regole sulla trasparenza e la concorrenza, quindi gli appalti pubblici devono essere aperti a tutti”. Il progetto della Via della Seta, ha aggiunto Katainen al termine della riunione dei commissari Ue, “è potenzialmente positivo: può essere buono per avvicinare Paesi asiatici e europei. Il risultato può essere benefico o no ma dipende da come sarà applicato. Ricordiamo – ha aggiunto – che dobbiamo restare compatti come Ue e anche gli operatori della Via della Seta devono rispettare le regole per la trasparenza e la concorrenza. Se l’iniziativa fornisce finanziamenti – ha concluso Katainen – questo significa che questo credito dovrà essere rimborsato“.
Ministro Tria: “Tempesta in bicchier d’acqua”
Nel frattempo, il governo italiano cerca di smorzare le polemiche. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, ad esempio, predica tranquillità: “Si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo, è un Memorandum of understanding” ha detto il titolare delle Finanze, secondo cui “si ribadiscono i principi di cooperazione economico e commerciali presenti in tutti i documenti europei, nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata”. A sentire Tria, cambiare le regole commerciali “non sarebbe nelle possibilità italiane visto che è una competenza europea, credo che si stia facendo un po’ una tempesta in un bicchier d’acqua. Detto questo – ha aggiunto – credo che bisogna tranquillizzare e tenere conto di alcune preoccupazioni ma credo si sia creata un po’ di confusione su questa cosa”. Sulla questione è intervenuta anche Confindustria con una nota ufficiale: sì all’accordo con la Cina, ma senza strappi con i partner strategici tradizionali come gli Stati Uniti e, soprattutto, d’intesa con l’Europa. L’obiettivo principale, sottolineano gli industriali, è far crescere le esportazioni italiane in Cina in modo da bilanciare i flussi di merce oggi eccessivamente squilibrati a vantaggio del gigante asiatico.
La cautela di Salvini, Di Maio e Conte
“Via della seta con la Cina? Non abbiamo pregiudizi, ma molta prudenza” ha sottolineato il leader della Lega, Matteo Salvini, che si è detto favorevole “al sostegno e all’apertura dei mercati per le nostre imprese. Altre però sono le valutazioni, sempre attente, che occorre fare in settori strategici per il nostro Paese come telecomunicazioni e infrastrutture“. Il vicepremier poi ha specificato che l’Italia non diventerà “una colonia. Laddove, e si è visto, la Cina ha effettuato investimenti, ha aperto il suo mercato nel Paese che lo ha ospitato. Pertanto – ha concluso il vicepremier – molta prudenza”. Ha parlato di geopolitica, invece, l’altro vice premier: “La Via della Seta non è assolutamente l’occasione per noi per stabilire nuove alleanze a livello mondiale e geopolitico, ma il modo per dire che dobbiamo riequilibrare le esportazioni di più sul nostro lato, un rapporto ora sbilanciato sulla Cina” ha detto Luigi Di Maio, secondo cui “dobbiamo riequilibrare la bilancia commerciale. Il nostro export passa attraverso il dialogo con nuovi paesi ma senza stravolgere i nostri assetti internazionali”.
Sulla stessa linea d’onda il premier Giuseppe Conte, che ha ribadito la collocazione europea e atlantica dell’Italia: “Ovviamente noi aderiamo a questo progetto infrastrutturale, chiamato con omaggio alla storia italiana Via della Seta” anche se “siamo un Paese inserito nel contesto europeo e rimaniamo collocati nella prospettiva europea ed atlantica, ma ci apriamo una strada nuova”. Per il presidente del Consiglio, “la Cina non divide assolutamente il governo” che “quando si muove su questi scenari si muove sempre in modo coordinato e coerente”. Poi ha spiegato: “Il capitolo della Cina non si improvvisa dall’oggi al domani, è preparato nei mesi scorsi ma non vi dovete confondere. Da qualche intervista leggete di qualche preoccupazione, ma ho detto anche io che è un capitolo che va affrontato con molta cautela – ha aggiunto – perché noi aderiamo a questo progetto infrastrutturale, ma lo facciamo con tutte le cautele necessarie”. Infine la conclusione: “Siamo un paese inserito nell’Ue – ha detto Conte – collocato in una alleanza euroatlantica e chiaramente rimaniamo collocati in questa prospettiva di alleanze. Semplicemente ci apriamo una strada molto interessante dal punto di vista commerciale. Andiamo a sottoscrivere non un accordo vincolante ma un quadro che ci consentirà di aprire una strada molto interessante dal punto di vista commerciale“.
Tajani: “Italia non si svenda alla Cina”
Le rassicurazioni del presidente del Consiglio non sono però bastate a tranquillizzare le opposizioni, con Forza Italia che ha scelto di attaccare il governo tramite il suo esponente più importante a livello europeo: “Io difendo la sovranità dell’Italia e dell’Europa, non possiamo accettare di svendere il nostro debito pubblico ad una potenza straniera e mi fa specie che un governo come quello italiano che dice di essere sovranista e di mettere gli italiani innanzitutto sia pronto ad alzare le mani di fronte ad un’offensiva cinese“. A parlare è stato il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani, che conversando con i giornalisti a Strasburgo, ha sottolineato che bisogna valutare “con grande attenzione ciò che sta facendo la Cina. C’è un incremento delle spese militari – ha sottolineato – c’è un’offensiva commerciale a livello globale, noi non possiamo assistere passivi alle iniziative di un Paese non europeo” ha aggiunto Tajani, secondo cui “non possiamo accettare il dumping commerciale, e di svendere le nostre infrastrutture ai cinesi, non possiamo accettare di trasformare i nostri porti in porti cinesi”. A sentire l’ex candidato premier di Forza Italia, “un conto sono gli investimenti per favorire la crescita e su questo io sono favorevole, un conto sono gli investimenti per poi poter portare via il nostro saper fare” ha precisato Tajani. “Ho molti sospetti su cosa sta facendo la Cina, non sono favorevole ed il Parlamento europeo da questo punto di vista su molte questioni, per esempio alla cessione di molti porti, alla cessione di tutto ciò che riguarda il 5G a mani cinesi, non sono favorevole ad accettare passivamente tutte le iniziative di questo Paese in Europa ma anche fuori Europa, come Africa e America Latina“.
La preoccupazione dell’ambasciata Usa a Roma
Le stesse preoccupazioni di Tajani trapelano dall’interno dell’ambasciata statunitense a Roma. Gli Stati Uniti “rimangono preoccupati per l’opacità e la sostenibilità degli accordi che coinvolgono la Belt and Road Initiative (Bri)”. E “continuano ad esortare l’Italia ad analizzare con attenzione” eventuali accordi con la Cina dal punto di vista della sostenibilità economica e dell’aderenza a principi condivisi”. È quanto ribadiscono fonti dell’ambasciata all’Adnkronos. Non solo. “Persino in economie sviluppate, investimenti diretti dagli Stati possono essere pregiudicati dalla corruzione e possono non dare priorità allo sviluppo economico globale“, è il giudizio delle fonti Usa sui rischi dal punto di vista economico. Ma la preoccupazione principale appare di natura geopolitica, da qui il forte monito al nostro Paese: “Noi continuiamo ad esortare l’Italia ad analizzare con attenzione gli accordi di commercio, investimento ed assistenza – hanno fatto trapelare dall’ambasciata – per assicurare che siano economicamente sostenibili, operino sotto i principi di libero mercato di apertura e giusto accesso ai mercati e rispettino la sovranità e lo stato di diritto”. E di qui l’invito a discutere “le reali sfide che la Bri nella sua forma opaca e asimmetrica presenta o il fatto che la Bri abbracci un set differente di standard e principi“.
I giornali cinese: “Conte ignora gli avvertimenti Usa e scavalca la Farnesina”
Interessante notare come i giornali cinesi hanno affrontato la questione. “Il premier Giuseppe Conte ignora gli avvertimenti degli Stati Uniti e spinge per una cooperazione più stretta sul progetto cinese della Via della seta” ha scritto il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong. Conte, ha sottolineato il giornale, citando fonti dell’esecutivo, “ha scavalcato il ministero degli Esteri e si è unito agli euroscettici di destra della sua coalizione di governo, invocando una più stretta cooperazione con l’Iniziativa belt and road“. Secondo il quotidiano, “con una mossa che secondo Washington potrebbe danneggiare l’immagine dell’Italia, il governo Conte avrebbe intenzione di dare alle società cinesi un accesso maggiore al porto di Trieste, uno dei più trafficati della regione, con sbocco sul Mediterraneo, come a un’ulteriore cooperazione tra i fornitori di energia elettrica dei due Paesi”. Il “South China Morning Post” ha ricordato quindi che il premier intende partecipare al summit sulla Via della seta in programma a Pechino a fine aprile e che l’Italia sarà il primo tra i Paesi del G7 e primo tra i Paesi fondatori della Ue a firmare un’iniziativa che “gli Stati Uniti e la Ue hanno descritto come un trappola per il debito o un progetto neocoloniale“. A Roma, ha continuato il giornale, “tra quanti hanno promosso migliori rapporti con la Cina c’è il vice premier e ministro per lo Sviluppo economico, Luigi Di Maio“, il cui vice è Michele Geraci, che “ha un ruolo centrale” nel rilancio del rapporto con Pechino. “Sul lato opposto del tavolo – ha continuato il quotidiano di Hong Kong – il ministro degli Esteri Enzo Moavero, che ha visitato Washington a gennaio e ha avuto incontri con il segretario di Stato Mike Pompeo ed il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton. Il premier si è schierato con il suo vice e ha evitato i consigli del ministro degli Esteri. Anche se si tratta di una sconfitta temporanea per il ministero degli Esteri – ha detto al South China Morning Post una fonte del governo – l’Italia si prepara ad avere un maggiore accesso ai benefici che saranno generati dalla Via della seta dimostrando amicizia prima degli altri”. Il ministero degli Esteri, a detta del giornale, non ha replicato alla richiesta di un commento.