Il pm aveva chiesto una pena di 30 anni per un uomo che aveva ucciso la moglie con un’unica coltellata dopo aver scoperto che non aveva mantenuto la promessa di lasciare l’amante. Il giudice per l’udienza preliminare di Genova, Silvia Carpanini, ha concesso le attenuanti generiche e lo ha condannato a 16 anni. Nella motivazione della sentenza – riportata questa mattina da Il Secolo XIX – si legge che l’uomo ha colpito perché mosso “da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento”. Javier Napoleon Pareja Gamboa, ecuadoriano di 52 anni, colpì Jenny Angela Coello Reyes, 46 anni, dopo una lite nell’aprile del 2018 nel loro appartamento di via Fillak, a Rivarolo.

Il giudice: “Nulla può giustificare l’uccisione di un essere umano”
Nella motivazione da una parte ci sono i rimandi a “una pena severa perché nulla può giustificare l’uccisione di un essere umano” e che “non può trascurarsi la straordinaria efficacia lesiva dell’azione” e in altri passaggi si evidenzia che l’uomo ha colpito perché mosso “da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento, ha agito sotto la spinta di uno stato d’animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile“. L’imputato aveva spiegato agli inquirenti in un “accorato racconto” che quel giorno “Nena” – che aveva una relazione con un altro uomo – prima gli aveva detto che sarebbe cambiata poi – dopo che entrambi aveva bevuto – che “era vecchio, che le faceva schifo.. che non aveva i c….ni”.  Quindi l’uomo aveva preso il coltello, aveva colpito una sola volta e dopo l’omicidio l’aveva coperta con un giaccone. L’assassino, ubriaco, era quindi uscito e aveva vagato per strada.

Il giudice, sottolineando “il dolo… molto intenso se si considera lo strumento utilizzato e la localizzazione del colpo il cui esito era scontato, ha deciso di concedere le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante anche perché l’imputato “non ha agito sotto la spinta di un moto di gelosia fine a se stesso, per l’incapacità di accettare che la moglie potesse preferirgli un altro uomo, ma come reazione al comportamento della donna, del tutto contraddittorio che lo ha illuso e disilluso allo stesso tempo”. Le attenuanti, combinate con lo sconto di un terzo della pena previsto la rito abbreviato con cui è stato celebrato il processo, hanno portato alla pena di 16 anni, rispetto ai 30 chiesti dal pubblico ministero Gabriella Marino che invece aveva chiesto al giudice di non concedere le attenuanti.

Il tradimento, la lite e l’omicidio: “Non c’è proporzione tra motivo e gesto”
L’imputato aveva scoperto mesi prima il tradimento della moglie. Era partito per l’Ecuador per allontanarsi, la moglie gli aveva chiesto di ritornare che gli aveva detto che voleva ritornare con lui e che avrebbe interrotto la relazione. Alla stazione di Milano la donna, secondo il racconto dell’uomo e come accettato dall’autopsia, era arrivata ubriaca. I due avevano continuato a bere insieme: dopo aver fatto l’amore tra i due era scoppiata una nuova lite perché l’amante della donna si era rifatto vivo. “Il contesto in cui il suo gesto si colloca -vale a connotare l’azione omicidiaria, in un’ipotetica scala di gravità, su di un gradino sicuramente più basso rispetto ad altre”. Nonostante, scrive il giudice, “non c’è proporzione tra il motivo che ha spinto l’imputato a colpire a morte e la gravità del gesto e delle sue conseguenze“.

La giurisprudenza di legittimità sugli stati emotivi e sulle attenuanti
Sulla misura della responsabilità penale vale la pena ricordare che la Cassazione (sentenza n° 7227/2013) aveva stabilito che “gli stati emotivi o passionali, pur non escludendo né diminuendo l’imputabilità, possono comunque essere considerati dal giudice ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto essi influiscono sulla misura della responsabilità penale” . Un principio ribadito della giurisprudenza di legittimità successivamente come nel verdetto n°4149/2018 che ha stabilito che “gli stati emotivi e passionali possono essere eventualmente rilevanti ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche” e anche nella sentenza n° 5299/2018 secondo cui “gli stati emotivi e passionali, pur non escludendo né diminuendo l’imputabilità, possono essere considerati dal giudice ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto essi influiscono sulla misura della responsabilità penale”. Prima ancora sempre la Suprema corte con la sentenza n° 27932/2016 aveva stabilito che “gli stati emotivi e passionali possono rilevare ai fini della applicazione delle circostanze attenuanti generiche“. Forse per questo motivo il pm ha deciso di non impugnare la sentenza considerandola adeguatamente motivata.

L’avvocato di parte civile: “Concetto di tempesta emotiva sta prendendo piede”
Protesta invece l’avvocato di parte civile, le cui richieste sono state totalmente accolto e quindi non può proporre appello: “Con le leggi attuali il condannato potrà uscire in semilibertà tra sette anni. Nonostante sia stato condannato per un omicidio” dice l’avvocato Giuseppe Maria Gallo che assiste la famiglia della vittima. Com’è possibile? Javier Napoleon Pareja Gamboa è stato condannato a sedici anni, ma con la legge Gozzini ogni anno scontato tre mesi vengono ‘abbonati’ in caso di buona condotta. E si scende già a dodici anni. Tenete poi presente che scontati due terzi della pena si può ottenere la semilibertà. Per non dire del fatto che Gamboa ha già scontato un anno di custodia cautelare. Alla fine restano meno di otto anni”.

Ma il punto per Gallo è soprattutto un altro: “Il concetto di tempesta emotiva (leggi le motivazioni della sentenza di Ancona) sta prendendo piede. Questa sentenza è perfino precedente rispetto a quella di Bologna (è stata emessa il 14 novembre 2018, ndr) di cui si è tanto parlato. Certo, il libero convincimento dei magistrati è sovrano, ma più che i magistrati forse è il legislatore che dovrebbe interrogarsi perché qui si producono effetti assimilabili al quelli del vecchio delitto d’onore”. Gallo sottolinea soprattutto una cosa: “Si parla di un omicidio commesso durante una tempesta emotiva, ma a me pare quasi una tautologia, perché praticamente tutti gli omicidi sono compiuti in una condizione di alterazione emotiva e passionale”.

Il ministro Bonafede: “Non commento, impegno per legge codice rosso”
“La sentenza di Genova? Continuo a dire da ministro della Giustizia che non commento le sentenze, perché ho rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura. L’unica cosa che posso dire è ribadire l’impegno del mio ministero e del governo per portare avanti leggi che possano garantire a una donna che ha subito una violenza di vedersi riconoscere all’interno dei tribunali una giustizia piena” dice il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Come sapete c’è un impegno concreto sulla legge sul codice rosso. Adesso ci stiamo confrontando con le altre forze politiche per arrivare a un’approvazione celerissima di questa legge. Ribadisco il mio appello alle altre forze politiche affinché non solo ci sia un’approvazione celere in Parlamento ma anche che ci sia l’unanimità, perché lì si dà il vero segnale da parte della politica, ovvero l’idea che su questo tipo di legge non ci possono essere divisioni”. Un via libera “celere” e all’unanimità “dimostrerà quanto sia alta l’attenzione sul tema”. “Non ho parole. Non c’è delusione o gelosia che possa giustificare un omicidio. Chi ammazza in questo modo deve marcire in galera” dichiara il ministro dell’Interno Matteo Salvini.

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