“Dobbiamo chiarire, con forza, che nessuna reazione emotiva, nessun sentimento, pur intenso, può giustificare o attenuare la gravità di un femminicidio“. Il premier Giuseppe Conte ha deciso di intervenire su Facebook dopo le polemiche dei giorni scorsi sulle sentenze con pena attenuata per, ha scritto, “una presunta reazione “emotiva”. “Le sentenze dei giudici si possono discutere”, si legge. “Anzi, in tutte le democrazie avanzate, il dibattito pubblico si nutre anche di questa discussione. L’importante è il rispetto dei ruoli e, in particolare, la tutela dell’autonomia della magistratura”.
Il presidente del Consiglio in particolare, è ripartito dalle parole usate nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte di appello di Bologna ha quasi dimezzato, portandola da 30 a 16 anni, la pena per Michele Castaldo, omicida reo confesso di Olga Matei. Ma anche alle parole utilizzate per motivare la condanna di Javier Napoleon Pareja Gamboa a sedici anni, e non 30 come chiesto dal pm, per l’omicidio della compagna Jenny Angela Coello Reyes, 46 anni. “Negli ultimi giorni sui giornali”, ha scritto sempre Conte sulla sua pagina Facebook, “abbiamo letto di sentenze per episodi di femminicidio nelle quali si è tirata in ballo una presunta reazione ‘emotiva’ e la relativa intensità, ai fini di un’attenuazione della pena. Si è fatto riferimento ad una ‘tempesta emotiva’, ad un sentimento ‘molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile’. In realtà per cogliere appieno e criticare il significato di una sentenza occorrerebbe una specifica competenza tecnica”.
Ma al di là dei casi che hanno sollevato numerose polemiche, il premier ha voluto spostare però l’attenzione sul tema generale: “Vi è un aspetto di più ampia portata culturale, che riguarda il dibattito pubblico, e su cui la politica può e anzi deve legittimamente intervenire”. E ha chiuso: “La crescita e lo sviluppo della nostra società devono muovere dal rispetto e dalla valorizzazione del ‘patrimonio femminile’: le donne, tutte le donne, sono una grande ricchezza, una preziosa risorsa che ci consentirà di costruire una società migliore. Dobbiamo maturare questa convinzione giorno per giorno, dobbiamo lavorare costantemente a questa rivoluzione culturale“.
Il tema in questi giorni è stato molto discusso, ma non solo per i casi giudiziari. A fine mese infatti a Verona ci sarà il Congresso mondiale delle famiglie, organizzato da associazioni pro life e contro i diritti Lgbtq. Sul punto è stato interpellato lo stesso Luigi Di Maio a Di Martedì su La7 che, proprio replicando agli slogan contro le donne di alcuni dei promotori, ha detto: “Quella è la destra degli sfigati”. “Oggi qualcuno ha scritto che avrei dato ai cattolici degli sfigati”, ha rilanciato oggi, “strumentalizzando in modo meschino le mie parole. Io ho dato dello sfigato a chi nega l’esistenza della violenza contro le donne e si dice persino contrario a una legge che punta a un inasprimento delle pene, come invece ha proposto il Movimento 5 stelle. Una roba che ho letto anche di recente su un pessimo volantino diffuso proprio in occasione dell’8 marzo. Forse ho sbagliato a dire che queste persone sono degli sfigati, è vero. Non sono solo sfigati, sono anche pericolosi. E lo dico da cattolico, da credente, da persona che crede in certi valori, come quello della famiglia”. Contro l’evento di Verona si è espresso, di nuovo, anche il sottosegretario M5s Stefano Buffagni: “La nostra idea di famiglia è diversa da quella che andrà in scena a Verona tra qualche settimana e che sembra piacere a una certa Destra. Loro vogliono donne dimesse, chiuse in casa a fare le madri, donne che non lavorano. Questo io lo chiamo Medioevo. Per il Movimento 5 Stelle le donne devono essere emancipate, felici, indipendenti. Guardiamo avanti, non indietro“.
Al centro delle polemiche intanto però rimangono le sentenze. E sul tema anche le opposizioni hanno preso posizione. “A Bologna si trattava di ‘tempesta emozionale’, ora a Genova di ‘illusione’. In entrambi i casi, pene dimezzate! Che schifo…ma la vita vale così poco?”, ha scritto su Twitter Mariastella Gelmini, presidente dei deputati di Forza Italia. E la senatrice Pd Valeria Valente su Facebook: “Di fatto, con la sentenza di Genova, si attribuisce alla vittima parte della colpa”, ha scritto su Facebook. “Si legittima un grande classico di questi tempi: in parte ‘se l’è cercata’. Una valutazione che ha poco di giuridico, a cui le donne nel nostro Paese sono continuamente sottoposte. Il rischio che questa deriva culturale pervada anche le istituzioni chiamate a punirla, ci impone di intervenire con ancora più forza”.