Facebook è di nuovo nei guai, quella che potrebbe scatenarsi a questo giro è una bufera potenzialmente più pesante dello scandalo Cambridge Analytica. Se la rivelazione del quotidiano statunitense New York Times fosse corretta in ogni sua parte, il social network di Mark Zuckerberg sarebbe sotto inchiesta penale negli Stati Uniti. Il motivo? La cessione di dati personali di milioni di utenti ad alcuni dei più importanti colossi del web e dell’hi-tech. Senza alcun consenso.

I giornalisti del quotidiano newyorkese citano fonti anonime confidenziali coinvolte nell’inchiesta, secondo cui ci sarebbe un elenco di 150 aziende al vaglio degli inquirenti. L’ipotesi è che Facebook abbia sottoscritto accordi per concedere “un ampio accesso alle informazioni personali di centinaia di milioni di utenti”. Il condizionale è d’obbligo perché le indagini sono in corso, tutte le informazioni sono da verificare e non ci sono conferme ufficiali, almeno al momento in cui scriviamo. La stampa statunitense mette nero su bianco i nomi di alcuni colossi digitali.

Fondatore del social – Mark Zuckerberg, 33 anni, è il quinto uomo più ricco del mondo – Ansa

 

Quello è da verificare è se aziende terze abbiano potuto “vedere” gli amici degli utenti, informazioni relativi ai contatti e altri dati. Sempre secondo il NYT, Facebook si sarebbe gradualmente sfilata dalla maggior parte degli accordi negli ultimi due anni a seguito delle grandi pressioni mediatiche e legali a cui è sottoposta. Se le accuse dovessero trovare riscontri, non sarebbe sufficiente a salvare Facebook. A indagare è l’ufficio della procura dell’Eastern District di New York, che avrebbe notificato a Facebook l’obbligo di produrre tutta la documentazione necessaria alle verifiche.

Al momento non è chiaro quando abbia preso il via l’indagine e su cosa si stano concentrando gli inquirenti. Difficile capire, anche perché tra l’altro non si è ancora conclusa l’inchiesta per l’affaire Cambridge Analytica.

Per ridare fiducia agli utenti Zuckerberg sta provando a mettere l’accento su soluzioni di comunicazione più private e una migliore tutela della privacy. Lavoro che si rivelerebbe del tutto inutile se il New York Times avesse colpito nel segno.

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