Il giorno dopo la polemica per le motivazioni con cui sono state concesse le attenuanti a un uxoricida la giudice che ha emesso la sentenza chiarisce. E il presidente dell’Unione delle camere penali Gian Domenico Caiazza: "Il delitto d’onore non c'entra nulla. Ci troviamo di fronte alle normali dinamiche di un giudizio penale. Non tutti gli omicidi sono uguali e non tutte le condotte dolose hanno la stessa intensità"
Il giorno dopo la polemica per le motivazioni con cui sono state concesse le attenuanti a un uxoricida la giudice che ha emesso quel verdetto, intervistata da Corriere della Sera e La Stampa, risponde alle domande dei giornalisti. Silvia Carpanini è presidente aggiunto della sezione gip/gup del Tribunale di Genova è serena: “Non intendo giustificare quello che ho scritto. Basta leggere per capire che siamo dentro i confini del diritto, e per me è questo che conta. Del resto esistono strumenti precisi per esprimere contrarietà a una sentenza: se il pubblico ministero non è d’accordo può impugnarla”.
La concessione delle attenuanti equivalenti all’aggravante hanno permesso con il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena, di condannare l’uomo a 16 anni (con il rito ordinario sarebbero stati 24). Un uomo disperato dopo un tradimento: “Questo signore se n’era andato volontariamente in Ecuador proprio per lasciare spazio alle scelte della moglie. Lei lo fa tornare promettendogli un futuro e lui scopre invece che praticamente c’era l’amante in casa. Tutto nel giro di poche ore. Era un caso in cui non erano mai state contestate né la premeditazione né i futili motivi. Niente può giustificare un omicidio, è chiaro. Ma c’è omicidio e omicidio, c’è dolo e dolo”. E in questo è dolo d’impeto. “Anche un killer può in qualche modo fare pena. E pure a mio marito, che a volte mi chiede come sono possibili certe sentenze, spiego che le regole del diritto sono una cosa, le emozioni dell’ opinione pubblica un’altra”. Alla domanda del cronista se l’assassino le aveva fatto pena il magistrato ha risposto: “Ha vagato per un paio di notti, si è lasciato catturare: per certi aspetti sì, faceva pena. Non ha premeditato per giorni il suo raid, non ha infierito con trenta coltellate come mi è capitato di vedere in altre occasioni molto più truculente”.
Ieri l’avvocato della parte civile aveva protestato contro la decisione del magistrato: essendo state le sue richieste risarcitorie non potrà fare appello: “Il concetto di tempesta emotiva (leggi le motivazioni della sentenza) sta prendendo piede. Questa sentenza è perfino precedente rispetto a quella di Bologna (è stata emessa il 14 novembre 2018, ndr) di cui si è tanto parlato. Certo, il libero convincimento dei magistrati è sovrano, ma più che i magistrati forse è il legislatore che dovrebbe interrogarsi perché qui si producono effetti assimilabili al quelli del vecchio delitto d’onore”. Gallo sottolinea soprattutto una cosa: “Si parla di un omicidio commesso durante una tempesta emotiva, ma a me pare quasi una tautologia, perché praticamente tutti gli omicidi sono compiuti in una condizione di alterazione emotiva e passionale”.
È di diverso avviso il presidente dell’Unione delle camere penali, il sindacato degli avvocati, che invece concorda con la giudice: “Il delitto d’onore non c’entra nulla. Ci troviamo di fronte alle normali dinamiche di un giudizio penale. Non tutti gli omicidi sono uguali e non tutte le condotte dolose hanno la stessa intensità. Non c’è bisogno di riaprire il discorso sul delitto d’onore che – dice Gian Domenico Caiazza – non è tirato in ballo da nessuna delle sentenze, né potrebbe esserlo perché non esiste“. “Il giudice – spiega Caiazza all’Adnkronos – valuta le diversità utilizzando o meno le attenuanti generiche che hanno incidenza sulla pena finale. Può fare bene o può fare male ma in nessuna di quelle sentenze c’è alcun richiamo al delitto d’onore”. In particolare nel caso di Genova “il gip ha valutato che vi fosse il cosiddetto dolo d’impeto, che è una cosa su cui si è scritto per decenni, è un fatto importantissimo: un dolo che irrompe nel comportamento quasi al limite della volontà. Questo comporta una valutazione diversa dell’entità della pena ed è una ragione per concedere le attenuanti generiche. La giudice non giustifica l’uomo ma spiega la reazione violenta come un dolo d’impeto. Siamo dentro la normale valutazione“. “Il dolo più freddo è più grave, se è dominato da una reazione emotiva sproporzionata è meno grave, non diventa certo giustificabile ma è meno grave e le pene si misurano di conseguenza”, chiarisce Caiazza. “Come al solito c’è una discussione virtuale. Qui non c’è nessun onore – ribadisce il leader dei penalisti – l’opinione pubblica si deve convincere che non tutti gli omicidi sono uguali, come non sono uguali le corruzioni o i peculati“.
.