Da 4 a 15 miliardi di euro: ecco il potenziale nuovo buco nei conti greci secondo il Fmi. La ripresa dell’economia greca continua, ma il ritmo della riforma rallenta e i rischi al ribasso si impennano. Tutto questo in un Paese che è appena uscito da otto anni di protettorato della Troika e di prestiti internazionali. Così un report del Fondo Monetario Internazionale si inserisce nel dibattito sullo stato di salute reale dei conti greci, sorto in occasione della decisione dell’Eurogruppo di inviare un altro miliardo di euro ad Atene. La conclusione generale dei tecnocrati del Fmi si collega alle raccomandazioni per l’intensità delle riforme e alla riduzione dell’esenzione fiscale dal primo gennaio 2020 per finanziare il taglio delle aliquote: tutte mosse contenute nelle promesse elettorali in vista delle elezioni europee di maggio. Il rischio è che la Grecia non possa finanziare il suo fabbisogno di prestiti dal 2021 in poi.
Il Fmi spiega il nuovo buco nero ellenico in questi termini: stima che il premio sui regimi pensionistici annunciato dal governo Tsipras avrà un costo di bilancio di 6,4 miliardi di euro, mentre circa 2,4 miliardi costano in modo retrospettivo le tredicesime. Se si aggiungono altri 400 milioni di euro da vari crediti in sospeso, e l’annunciato taglio dell’Iva, il conto salirà a 9,4 miliardi di euro, pari al 4,9 per cento del Pil. Quale sarà il risultato di un tale shock finanziario? Un buco finanziario di 4,7 miliardi di euro nel 2021, che raggiungerà potenzialmente i 15,2 miliardi nel 2024.
I rilievi del fondo guidato da Christine Lagarde sono contenuti nella prima valutazione post-programmatica, il primo step dopo la crisi, e toccano cinque ambiti specifici. E’interessante osservare come, secondo il Fmi, il governo Tsipras non abbia adeguatamente sostenuto le categorie economiche deboli ridisegnando i programmi di sostegno in modo che questi gruppi ricevano un aiuto reale.
Ma se da un lato il rapporto ritiene “sufficiente” la capacità della Grecia di rimborsare il debito a medio termine, dall’altro sottolinea che l’economia greca mostra alcuni grossi difetti che devono essere valutati in vista di una serie di rischi crescenti che si stanno manifestando. Su tutti, l’elevato debito pubblico e i bilanci fragili del settore privato restano i punti debolissimi dell’economia greca, sottolineando che la strategia post fine dei prestiti concordata nell’Eurogruppo dello scorso giugno ha sì reso il debito sostenibile nel breve-medio termine, ma senza una reale certezza sul medio-lungo periodo.
Come dire che lo scenario è noto fino al 2020, ma dopo potrebbe riservare nuove sorprese. Una posizione in verità che il Fmi ha sempre avuto, come dimostrano i rilievi che manifestò sin dall’inizio della crisi, quando osservò per bocca di uno dei suoi massimi funzionari che il buco ellenico era strutturale quindi non gestibile. Nel gennaio 2013 un alto dirigente del Fondo Monetario Internazionale ammise di aver sbagliato i conti sulla voragine finanziaria ellenica e nel maggio dello stesso anno lo stesso Fmi fece pubblicamente mea culpa, per un errore di valutazione che costò nove miliardi di euro alla Grecia.
Dal partito del premier, Syriza, getta acqua sul fuoco lo speaker Dimitri Tzanakopoulos, secondo cui il programma di riforme procede a gonfie vele e il miliardo dell’Eurogruppo “non crea alcun problema in quanto non stiamo parlando di erogare somme che servono a soddisfare le esigenze di finanziamento del Paese che sono coperte”. Aggiungendo che la questione dei profitti delle banche centrali per i titoli greci “è una delle misure decise nel giugno 2018 per via di un’influenza minima sul debito greco, perché stiamo parlando di una quantità molto piccola”.
Ma su quel miliardo in Europa non sono tutti d’accordo, come il ministro tedesco delle Finanze, Olaf Scholz, secondo cui è necessario bloccare quei denari alla Grecia perché il Paese non ha fatto tutte le riforme richieste. Il tempo non manca, se – come sembra – l’Eurogruppo dovrebbe posticipare la sua decisione alla prossima riunione del 5 aprile. Scholz sostiene che “non vi è alcuna pressione temporale”, precisando che Atene non ha bisogno urgente di denaro poiché il governo ha riserve di liquidità di quasi 27 miliardi. Berlino vuole così rinviare il prestito fino a quando la Grecia non rispetterà le cinque rimanenti riforme strutturali, tra cui il dossier privatizzazioni (con la partita dell’aeroporto Ellenikon su cui sono piombati i cinesi di Fosun) e i cosiddetti prestiti rossi che continuano a mandare in tilt le banche. Da Bruxelles pochi giorni fa era arrivata l’ennesima raccomandazione per Italia, Grecia e Cipro, Paesi che stanno vivendo “squilibri eccessivi”.