Ragazzi come Lorenzo, che si calano da un balcone per evadere un divieto, accidentalmente cadono e si fanno male, sono l’incubo degli insegnanti che li accompagnano in gita. Loro (gli insegnanti), si prendono una grande responsabilità verso i ragazzi, verso le loro famiglie, verso la scuola. Anche se hanno fatto tutto quello che potevano, vivono un comprensibile senso di responsabilità e di colpa quando accade qualcosa, che condizionerà il rapporto futuro con le gite, fino a tenerli lontani da successivi accompagnamenti.
Con la vicenda di Lorenzo viene di mano approvare o per lo meno interpretare in maniera diversa la decisione del Consiglio d’Istituto della Scuola Media Ferrari di Massa di selezionare gli studenti che avranno diritto di partecipare al viaggio di istruzione in base al voto di condotta, visti i pochi insegnanti accompagnatori disponibili rispetto agli studenti prenotati, e la necessità quindi di lasciare alcuni di loro a casa.
Le scuole in realtà hanno sempre adottato questo criterio di selezione per le gite, non per necessità di numeri, ma generalmente per punire gli studenti indisciplinati e prevenire i rischi a questi legati. Ma la decisione della scuola di Massa ha comunque scatenato molte polemiche e messo a confronto pareri discordi. C’è chi sostiene la decisione della scuola perché ritiene che la gita debba essere considerata alla stregua di un premio, un rinforzo ai comportamenti ritenuti adeguati, e vede la selezione come un segnale educativo forte verso gli indisciplinati, oltre che un criterio utile per diminuire i rischi di non riuscire a gestirli in gita. Dall’altro lato c’è chi sostiene che la gita non è un premio ma una parte importante della didattica, un momento di istruzione, di socializzazione e di insegnamento di vita fuori dall’ambiente scolastico, che si pone perciò al di là del merito e dovrebbe essere accessibile a tutti senza esclusioni.
Come psicologa, per definizione orientata alle dinamiche relazionali e alle questioni affettivo-emotive, mi trovo più allineata con questo secondo punto di vista, anche se non in senso assoluto. Spesso a scuola ci si trova a fare delle scelte e queste comportano sempre sia vantaggi che costi.
Sicuramente il voto di condotta è un criterio migliore del voto di profitto o di altri criteri più discriminanti, ma la decisione di escludere alcuni studenti dalla gita non sarà a costo zero, ma avrà una ricaduta sulla dinamica della classe, oltre che sul piano personale per chi è escluso, che gli insegnanti si troveranno a gestire al ritorno. Partecipare al viaggio d’istruzione significa condividere con i compagni momenti diversi da quelli scolastici e questo in genere migliora le relazioni tra loro. Possono nascere conflitti, ma più spesso accade che fuori dal contesto didattico si costruisca una sintonia migliore tra compagni: grazie alla condivisione il gruppo si rafforza e al rientro potrebbe essere più difficile per chi non ha partecipato, sentirsi ancora parte di quello stesso gruppo.
Se le condizioni rendono necessaria una selezione è sicuramente importante che sia utilizzata a fini educativi, ma non nel senso che gli indisciplinati siano puniti e basta, ma che essi, come anche i disciplinati, comprendano bene il motivo della decisione, cioè che se ne possa discutere in classe, che sia chiaro che l’attuale esclusione è solo temporanea e non legata alla persona ma al comportamento (concetto questo molto difficile da comprendere a questa età) e che soprattutto sia prevista la possibilità di recuperare sia nella reciprocità che non si è potuta costruire in gita, quindi che si creino occasioni sociali in cui è coinvolta tutta la classe, sia in nuove possibilità esplorative da condividere poi con tutti: disciplinati, indisciplinati che si ravvedono e quelli che non lo fanno. Questo affinché l’atteggiamento che vuole essere educativo, non diventi ulteriore stimolo all’”indisciplina” perché emargina studenti irrequieti, che poi magari si rischia di perdere per strada.
Se, come spesso accade, l’irrequietezza di uno studente è legata al suo temperamento ma anche alle dinamiche che vive in classe, per esempio una difficoltà di relazione e una scarsa integrazione, si rischia di accentuare la distanza tra lui (o loro) e gli altri e involontariamente contribuire ad amplificare le difficoltà già esistenti.