Contadini, insegnanti, guide alpine, pensionati. Sono queste le persone che tra il 2016 e il 2017 si sono unite nel collettivo “Roya Citoyenne” per sostenere il passaggio dei migranti, spesso minori, che si trovavano già in territorio francese, a pochi chilometri della frontiera di Ventimiglia, separati dal resto della Francia dalle strade e dai sentieri della Val Roja, tanto pericolosi quanto militarizzati. Mercoledì, pochi minuti prima dell’alba, diverse pattuglie di agenti della gendarmerie, in tenuta anti-sommossa, hanno fatto irruzione nelle abitazioni di sette di loro. Sintomo di come continuino, in Francia, le operazioni di controllo su persone e associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei migranti che arrivano dall’Italia. Dopo più di 24 ore di fermo, sono stati rilasciati tutti e sette senza alcun capo di imputazione.
Un aiuto, quello di alcuni abitanti della Val Roja, documentato diverse volte da ilfattoquotidiano.it e legato prevalentemente al primosoccorso e all’ospitalità all’interno delle proprie abitazioni, nel sostegno legale, ma anche un lavoro di documentazione e denuncia rispetto alle violazioni delle stesse norme europee che dovrebbero regolare l’immigrazione. Tra le persone arrestate mercoledì non figura il volto più noto tra i solidali della Valle, Cedric Herrou, già in passato indagato, e tutt’ora sotto processo, per l’accompagnamento di migranti verso Nizza.
Il blitz eseguito con modalità autorizzate dalle nuove leggi antiterrorismo è stato voluto dal magistrato di Nizza, Alexander Julien, che da mesi indaga per cercare di individuare persone da accusare per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, reato che occupa la Prefettura delle Alpi Marittime anche ora che, da un anno a questa parte, i passaggi dalla Val Roja si sono ridotti all’osso. “In questo caso si sono accaniti verso chi si è limitato a prendersi cura di persone che altrimenti sarebbero rimaste in mezzo a una strada“, spiegano dall’associazione Roya Citoyenne. “Durante l’interrogatorio – continuano – hanno provato a dimostrare che uno dei solidali fermati avrebbe accompagnato un determinato sans papier dall’Italia alla Francia in un giorno specifico, sostenevano di essere sicuri fosse lui, mentre proprio in quel periodo il nostro amico si trovava in Mongolia”.
“Mio figlio di 5 anni è stato svegliato all’alba da nove persone armate e sotto i suoi occhi terrorizzati mi hanno portato via in manette, come un delinquente, mentre la casa veniva perquisita da capo a fondo – racconta a ilfattoquotidiano.it una delle persone arrestate, rilasciata anche lei nel primo pomeriggio di giovedì senza alcun capo di imputazione – ma non potevano convocarmi con una telefonata? Sarei andato senza problemi, non ho nulla da nascondere”. Dalla testimonianza delle prime quattro persone rilasciate (Suzelle, Charlie, Catherine e Alain), sembra che le domande che gli siano state poste durante le oltre 24 di fermo in diverse caserme, riguardassero fatti risalenti a diversi mesi fa: “Cercavano in tutti i modi di farci contraddire, ma non hanno trovato nulla che potesse incriminarci per favoreggiamento e siamo stati rilasciati senza alcun capo di imputazione”.
Provando a contattare gli uffici del pubblico ministero di Nizza per avere maggiori informazioni sull’operazione, non vengono rilasciate dichiarazioni, “tantomeno a giornalisti italiani”. Lo scorso giugno, la Corte Costituzionale francese si è pronunciata esplicitamente sul “dovere della fraternità”, ribadendo come il sostegno di persone già presenti sul territorio francese è lecito anche se quest’ultime si trovino in condizioni di irregolarità con i documenti, respingendo quindi qualsiasi ipotesi di “reato di solidarietà”.
“La sensazione è quella che si voglia colpire e intimidire chi offre la propria solidarietà spontaneamente – spiega a ilfattoquotidiano.it Elisabetta Pannelli, volontaria residente a Saorge – particolarmente significativo il fatto che abbiano voluto intervenire in un momento di totale tranquillità, prelevando proprio le persone più attive e note per il loro impegno in Valle”.
Nella mattinata di giovedì è arrivata la denuncia di sei organizzazioni umanitarie (Amnesty, Cimade, Médicins du Monde, Secours Catholique, Tous Migrants): “Continua il tentativo di dividere tra volontari buoni, cioè coloro che si limitino a soccorrere nell’emergenza, e militanti cattivi, ovvero le stesse persone qualora uniscano alla solidarietà la denuncia di quanto avviene sotto ai loro occhi”.
Il riferimento è ai report che le associazioni continuano a diffondere, ultimo in ordine di tempo il recente “Persona non grata”, dettagliato dossier dell’Osservatorio sulle Frontiere dell’Anafé, dove si legge di controlli discriminatori, procedure irregolari, violazione dei diritti dei richiedenti asilo, espulsioni e respingimenti illegittimi, privazioni di libertà ingiustificate, ostacoli al diritto di asilo, non assistenza ai minori, furti, violenze e inseguimenti “che in diversi casi hanno portato anche a ferimenti e decessi”. Secondo le informazioni raccolte dalle organizzazioni non governative, sarebbero più di trenta i corpi senza vita trovati tra il 2016 e il 2018 lungo la frontiera franco-italiana, “senza contare quelli che con tutta probabilità risultano introvabili a causa della morfologia del territorio”.
Tra i sette fermati, almeno due hanno rifiutato la difesa di un avvocato: “Perché aiutare gli altri è la base dell’essere umani e non può essere una scelta da difendere in Tribunale e oggetto di procedimenti giudiziari”. Ma se per i solidali quello che fanno rientra tra gli strumenti di “resistenza” garantiti dai principi democratici e costituzionali protetti in Europa come in Francia, nei fatti “si susseguono continui controlli di identità, schedature dei solidali, minacce di procedimenti giudiziari, convocazioni a giudizio, perquisizioni, detenzioni”.
Nel pomeriggio di giovedì, intanto, è arrivato il comunicato di Roya Citoyenne: “Non siamo criminali, né pericolosi terroristi. Non siamo neppure ‘militanti’, solo famiglie che, se capita, aiutano e ospitano in casa propria persone in difficoltà. Questi tentativi di intimidazione non ci impediranno di continuare ad accogliere e aiutare coloro che passano da noi, dopo aver, in molti casi, sfiorato la morte. La storia ci darà ragione, come ha fatto per altri che hanno alzato la testa contro l’ingiustizia e la barbarie”.