Il brigatista vorrebbe il riconoscimento del vincolo della continuazione tra la sentenza per l'uccisione del giuslavorista e i cinque anni e otto mesi presi per banda armata, associazione con finalità terroristica e rapina. Il nipote: "Fu lasciato sprovvisto di scorta quando ne aveva più bisogno, perciò lo Stato ha una gravissima responsabilità nella sua morte"
Simone Boccaccini, uno dei brigatisti giudicati colpevoli dell’assassinio del giuslavorista Marco Biagi e condannato anche a Roma per altre vicende legate all’attività terroristica, ha chiesto una riduzione della pena. Il caso si è discusso davanti alla Corte di assise di appello di Bologna, che si esprimerà nei prossimi giorni. La notizia arriva a pochi giorni dal diciassettesimo anniversario dell’agguato, avvenuto il 19 marzo 2002 quando un commando delle Nuove Br aspettò Biagi sotto casa e lo ammazzò a colpi di pistola. Il figlio minore di Biagi, Lorenzo, in un’intervista al dorso bolognese di Repubblica chiede che “non venga ridotta la pena, i brigatisti rossi che hanno ucciso mio padre devono scontare tutta la condanna, altrimenti significa che non viene fatta giustizia un’altra volta, dopo il caso della mancata scorta al mio babbo”.
Condannato a Bologna per il delitto Biagi a 21 anni, definitivi dal 7 dicembre 2007, e poi a cinque anni e otto mesi per banda armata, associazione con finalità terroristica e rapina in un processo celebrato nella capitale, Boccaccini, 61 anni, difeso dall’avvocato Massimo Focacci, vorrebbe il riconoscimento del vincolo della continuazione tra le due sentenze, con conseguente riduzione della pena complessiva. In pratica chiede che non sia una somma tra le due, ma venga diminuita. E questo perché, secondo la difesa, quando aderì al gruppo eversivo, tra il 1998 e il 1999, era già chiaro il piano programmatico che comprendeva anche attentare alla vita di persone chiamate a collaborare col governo in tema di lavoro, elaborando strategie e norme avversate dalle nuove Br. Nell’istanza, infine, si sottolinea come significativo il fatto che i servizi di protezione a tutela del giuslavorista “fossero stati attivati (salvo poi revocarli) già due anni prima dell’omicidio”. Il sostituto procuratore generale Valter Giovannini non si è opposto, ritenendo che sussistano i presupposti, ma ha chiesto una riduzione minima perché “lo Stato deve rispettare la legge, ma anche affermare la sua supremazia nei confronti di questi soggetti che fecero rivivere al Paese un terrore che si pensava ormai superato per sempre”
Per l’omicidio Biagi sono stati condannati all’ergastolo Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma e Diana Blefari Melazzi, la nobildonna che si impiccò in cella con strisce di lenzuola il 31 ottobre 2009. A Boccaccini, il carcere a vita in primo grado fu ridotto a 21 anni in appello, per la concessione delle attenuanti generiche, e la Cassazione confermò.
“Spero proprio che a Boccaccini non venga ridotta la pena”, ha commentato Lorenzo Biagi, “i brigatisti rossi che hanno ucciso mio padre devono scontare tutta la condanna, altrimenti significa che non viene fatta giustizia un’altra volta, dopo il caso della mancata scorta a mio babbo”. Lorenzo lunedì sarà a Modena, dove Sergio Mattarella presenzierà al convegno internazionale promosso dalla Fondazione Marco Biagi. “Per me – dice – la presenza del presidente della Repubblica è importantissima e fa onore alla mia famiglia. In un momento in cui a livello politico nazionale si litiga, ci sono troppe e continue tensioni, la sua figura è fondamentale: dà equilibrio e sicurezza. Un punto di riferimento per il Paese”.
“Fare uno sconto di pena a chi ha ucciso mio zio e ha fatto parte del commando di fuoco che ha partecipato all’organizzazione del suo omicidio non esiste, è come assassinarlo una seconda volta”, aggiunge in un’intervista all’AdnKronos Giulio Venturi, nipote di Marco Biagi (figlio di sua sorella Francesca). “Mio zio fu lasciato sprovvisto di scorta quando ne aveva più bisogno, perciò lo Stato ha una gravissima responsabilità nella sua morte. Marco aveva chiesto in tutti i modi di essere protetto nuovamente, contattando tantissime persone, ma invano, e questo ha portato alla sua uccisione. Se Marco avesse avuto la scorta oggi sarebbe qui con noi”.