Ottanta milioni di euro per il tennis. Dopo aver rischiato di perdere tutto, adesso Torino può davvero sognare di ospitare le Atp Finals dal 2021 al 2026, il prestigioso torneo di fine stagione tra i migliori 8 giocatori al mondo. Se succederà, sarà anche grazie al governo che ha deciso di sostenere finanziariamente l’evento al termine di un estenuante tiramolla tra il M5S (desideroso di regalare alla sua sindaca Chiara Appendino un grande evento internazionale dopo l’esclusione dalle Olimpiadi invernali 2026) e la Lega del sottosegretario Giorgetti (restia a far sconti agli alleati). C’è voluto l’intervento personale del premier Conte per sbloccare l’impasse.
Tutto è bene quel che finisce bene. La questione, però, è tutt’altro che conclusa: specie se Torino, come tutti sperano, si aggiudicherà davvero la gara. A quel punto le garanzie diventeranno soldi veri: sono quei 78 milioni di euro citati nel decreto, che magari potranno essere ridotti ma non azzerati. L’evento necessita di un investimento complessivo di 200-250 milioni di euro, e soltanto una parte di questi potranno essere recuperati da sponsor e privati; ci vorrà comunque uno sforzo dello Stato.
Non è uno spreco ma un investimento: le Atp Finals sono un progetto moderno curato da dirigenti capaci, che significherà molto per la città di Torino, la FederTennis, magari anche la base del movimento. Lo sport italiano ha bisogno di questi slanci. È però indubbiamente una bella cifra: per intenderci, sono esattamente 18,6 milioni di euro in più dei circa 60 “regalati” un paio d’anni fa al golf per la Ryder Cup, che diventarono oggetto di scandalo politico.
Fra i due casi c’è una differenza, che fu proprio l’aspetto su cui maggiormente si soffermò all’epoca la lunga inchiesta del Fatto quotidiano: allora il Pd aveva infilato di nascosto i soldi in una tabella della legge di bilancio, stavolta il finanziamento è alla luce del sole (fin troppo, viste le polemiche fra M5S e Lega). Così come non c’è paragone con le Olimpiadi, per cui la Lega è già tornata alla carica: i Giochi storicamente hanno costi poco controllabili, ha senso organizzarli come volano di rilancio urbanistico o impiantistico; qui invece si tratta di un evento con costi specifici (i 78 milioni quelli sono e non aumenteranno), per giunta pluriennale e non una tantum.
Resta però una domanda fondamentale. Perché il tennis sì, il golf pure (ma vergognandosene), e magari non l’atletica o il nuoto? È il momento di fare chiarezza sull’organizzazione di grandi eventi sportivi in Italia, sullo sport in generale: serve una programmazione nazionale a medio-lungo termine. Per due motivi. Innanzitutto per porre fine a fughe in avanti e iniziative isolate: candidature nate in maniera estemporanea che poi al momento decisivo si risolvono in una figuraccia per il nostro Paese (come ha rischiato di succedere anche per Torino). E poi soprattutto per avere un quadro delle priorità e delle spese.
Così, invece, l’improvvisazione genera solo polemiche e investimenti squilibrati, in un momento delicato per lo sport italiano. Con la riforma epocale voluta dal governo, il Coni scalzato dalla nuova società statale “Sport e salute”, i bilanci fermi, i fondi per la preparazione olimpica bloccati (a poco più di un anno di distanza dai Giochi di Tokyo 2020), le Federazioni sempre più agitate che si accreditano a Palazzo Chigi per avere rassicurazioni sul futuro. In questa situazione lo stanziamento di quasi 80 milioni di euro per il tennis, attinti per altro dal “fondo per esigenze indifferibili”, non poteva passare inosservata, tra invidie e maldicenze. “È una vergogna”, già si lamenta in privato qualche presidente. Lo sport italiano invece ha bisogno di trasparenza: serve sapere cosa serve al movimento, dirigere lì risorse ed energie. Altrimenti resterà sempre il sospetto che per i finanziamenti allo sport ci siano ancora figli e figliastri. Anche nella nuova era di “Sport e salute” e del governo gialloverde.