L'ipotesi dell'omicidio con sostanze radioattive si restringe. Ed è quasi inevitabile pensare come in passato in casi di omicidio per avvelenamento - da Litvinenko a Skripal - siano stati tirati in ballo agenti sei servizi stranieri: in entrambi quelli russi. Ebbene la vittima aveva raccontato a verbale tra le altre cose di uno straniero che le propose "di andare a un incontro nella villa dell’ex premier per avere dei soldi". La modella aveva ipotizzato che appartenesse a un servizio segreto straniero
L’ipotesi dell’avvelenamento con sostanze radioattive di Imane Fadil, la modella marocchina diventata parte civile nel processo Ruby bis (quello contro Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora) e teste in quelli contro Silvio Berlusconi, suscita nei cronisti che si sono occupati del caso più di una suggestione. Ed è quasi inevitabile pensare come in passato in casi di omicidio per avvelenamento – da Litvinenko a Skripal – siano stati tirati in ballo agenti sei servizi stranieri: in entrambi quelli russi. Secondo il quotidiano La Repubblica una delle sostanze usate sarebbe il cobalto. Imane, che avrebbe voluto lavorare come giornalista sportiva e ad Arcore si era trovata a disagio, aveva raccontato a verbale tra le altre cose di un cittadino siriano, “che diceva di essere amico di Berlusconi e mi propose di andare a un incontro nella villa dell’ex premier per avere dei soldi”. E aveva ipotizzato che appartenesse a un servizio segreto straniero.
L’uomo dei servizi segreti – Nel giugno 2012 nell’inchiesta Ruby, conclusasi con l’assoluzione definitiva dell’ex premier, aveva supposto con gli inquirenti che l’uomo “fosse dei servizi segreti. Mi disse che dovevo andare a Arcore e mettermi d’accordo con l’onorevole Berlusconi per avere dei soldi”. In aula il 22 giugno aveva ripetuto il suo racconto sulla offerta di denaro per dichiarazioni reticenti nei processi al leader di Forza Italia. Quell’uomo, Saed Ghanaym, era stato rintracciato e interrogato. Alla domanda se avesse avuto ”rapporti con apparati pubblici di sicurezza” aveva risposto: ”Non mi ricordo”. Al pm che aveva domandato perché avesse deciso di parlare solo in queste udienze della vicenda del siriano e non nell’agosto 2011, quando presentò una memoria in Procura e venne sentita a verbale, la testimone ha risposto: ‘‘A un certo punto mi sono sentita in dovere di farlo. Prima avevo paura di parlare, ma anche di non parlare”. Sangermano le aveva chiesto anche se ”avesse coltivato pure l’idea di prendere dei soldi da quella presunta trattativa” con l’intermediario e Imane aveva replicato: ”Di pensieri ne ho avuti tanti, ma se avessi fatto così sarebbe stato illegale”. La giovane, attirata ad Arcore secondo inquirenti e giudici da Emilio Fede con la promessa di un’opportunità di lavoro, a verbale aveva riferito della riunione ad Arcore del gennaio 2011 convocata per “concordare quanto avrebbero dovuto dire in Procura o in Tribunale le ragazze” che “Berlusconi avrebbe pagato” con “soldi e beni”. Ma non solo c’era il racconto su un’altra ragazza, Iris Berardi, che avrebbe voluto come Karima El Mahroug “gli stessi soldi”, ossia 5 milioni. I pm però non sono riusciti a provare che anche lei fosse minorenne.
“Circa due settimane dopo che scoppiò lo scandalo del gennaio 2011 – aveva messo a verbale Fadil nel 2015 proprio nell’inchiesta Ruby ter – incontrai Emilio Fede, su sua richiesta (…) mi disse che mi avevano cercato chiamandomi sul mio cellulare, il telefono che avevo perso, per prender parte ad una riunione ad Arcore con gli avvocati di Berlusconi, Fede fece proprio i nomi di Ghedini e Longo (la loro posizione nelle indagini è stata archiviata, ndr)”. L’ex direttore del Tg4, aveva aggiunto la ragazza, “voleva che io incontrassi Berlusconi per non creare ulteriori casini, visto che Berlusconi era già nei guai (…) mi disse che avrebbe potuto organizzare un incontro con Berlusconi e i suoi avvocati e che avrei potuto chiedere quello che volevo (…) a garanzia mi diede il numero di telefono cellulare di Ghedini (…) replicai a Fede che non intendevo in alcun modo accettare soldi o altro per mentire”. Sempre lei – che già nel settembre 2011 nell’inchiesta Ruby, conclusasi con l’assoluzione definitiva di Berlusconi, raccontava, ad esempio, che c’era una “ragazza montenegrina” che teneva “sotto torchio” l’allora premier. “Quello che è successo mi sembra preoccupante, in questa situazione stare tranquilli è pretendere un po’ troppo” dice l’avvocato Mauro Rufini, legale di Ambra Battilana e Chiara Danese, anche loro testimoni dell’inchiesta Ruby e parti civili. Per il legale con l’ordinanza con cui i giudici della settima penale hanno estromesso, a metà gennaio, le tre ragazze da parti civili nel processo sul caso ‘Ruby ter’, le giovani “sono state danneggiate completamente, con una decisione più che discutibile del Tribunale di Milano, quasi un’anticipazione di assoluzione degli imputati“.