Sara Ferrari, 38enne di origine modenese, si è trasferita col marito Fabio e le loro due figlie a Telde, sull'isola di Gran Canaria. "In Italia non riuscivamo a metter da parte nulla. E spesso dovevamo rateizzare le bollette". Così decidono di partire. "Abbiamo trovato lavoro, qui c'è meno stress e passiamo più tempo in famiglia, con serenità"
Il più grande lusso, per Sara Ferrari, è prendersi un caffè al bar mentre aspetta che le sue bambine escano dalla lezione di danza. Ritagliarsi un’oretta, scambiare due chiacchiere con la gente del posto. Sara da una decina di mesi vive a Telde, sull’isola di Gran Canaria, con il marito e le figlie. Prima gestiva un salone di tolettatura per cani in provincia di Verona, che, pur andando bene, le portava via tutto: tempo, soldi, energie. “Io e mio marito non eravamo mai a casa, una vita di ansia e preoccupazioni. Ora arriviamo a fine mese tranquilli, ma soprattutto passiamo più tempo in famiglia, con serenità”.
Sara, 38enne originaria di Modena, è laureata in Lingue e suo marito Fabio è un rappresentante commerciale. Prima di partire abitavamo in un paesino sul lago di Garda. “Si stava molto bene, un posto in cui i bambini ancora giocano in piazza”. I problemi semmai arrivano a fine mese, quando bisogna far quadrare entrate e uscite. “In Italia lavoravamo entrambi tutti i giorni, tutto il giorno, e comunque non riuscivamo a metter da parte nulla. Se ne andava tutto in utenze, affitto e tasse. Spesso dovevamo rateizzare le bollette“. Ogni imprevisto diventa un problema, la pensione sembra irraggiungibile e comprare casa un’utopia. Una sera, Fabio e Sara si guardano negli occhi e capiscono di non poter più andare avanti così. “Davvero vogliamo vivere di sacrifici per poi pesare sulle spalle delle nostre figlie quando non potremo più lavorare?”. La risposta è no. E allora bisogna fare il salto e partire.
“Non dico che abbiamo girato il mappamondo puntando il dito a caso, ma quasi”, ricorda Sara ridendo. La scelta, dopo molte ricerche, ricade sulla Spagna. “Sentivamo spesso parlare delle isole Canarie come di un paradiso, allora ci siamo informati: siamo andati a vedere e ci è piaciuto molto”. E poi c’era il clima mite, requisito indispensabile: “Quest’inverno la minima è stata di 14 gradi, aiuta molto!”, conclude ridendo. Sara e Fabio fanno quattro viaggi in avanscoperta, durante uno dei quali portano anche le figlie: “Abbiamo fatto un test, per vedere se piaceva anche a loro. Abbiamo aspettato che la grande finisse la quinta elementare, in modo che il passaggio fosse meno traumatico. Ma se abbiamo deciso di andare via è stato anche per loro”. A giugno caricano tutta la vecchia vita in un furgoncino 7 posti, inclusi i quattro cani. Gli amici si dividono tra chi dice loro “fate bene” e chi pensa già al loro ritorno: “Ma noi non torniamo – risponde Sara – partiamo per restare”. La scelta si rivela giusta, e il primo impatto è positivo: “I canari ci hanno accolto a braccia aperte, so che posso bussare ai miei vicini per qualsiasi problema”.
Suo marito Fabio comincia subito a lavorare. “Trovare un impiego è difficile se non ti applichi: se rompi un po’ le scatole e bussi a tutte porte, alla fine trovi”, spiega citando l’esperienza del compagno. “Quattro giorni dopo il trasloco lui era già in giro con il suo camioncino, come commerciale per un caseificio. L’occasione gliel’aveva segnalata un barista napoletano, in uno dei nostri viaggi esplorativi, ad aprile. Poi ha sentito di un grosso fornitore di ristoranti: ha mandato il cv due volte, si è presentato in azienda e alla fine è stato assunto. Con l’intraprendenza arrivi dove ti pare”. Ha presto trovato lavoro anche lei: di giorno in un forno che produce pizza, la sera come aiuto cuoca in un ristorante. Due lavori sono faticosi, ma Sara sembra sollevata: “Ero tanto più stressata in Italia, nonostante avessi una mia attività, che gestivo da sola: stavo 9 ore in negozio e non riuscivo a portare a casa nulla”. Racconta di quando il pomeriggio doveva portarsi le bambine in negozio, a costo di capricci e musi lunghi: “Non potevamo permetterci le attività pomeridiane, dovevamo fare delle scelte. Adesso le bambine fanno lezione di danza: io non solo posso portarcele, ma posso anche andare al bar a prendere il caffè mentre aspetto. Un lusso”.
La vera ricchezza per Sara è poter vivere con calma, senza la preoccupazione dei conti a fine mesi e senza correre da mattina a sera facendo tre cose alla volta: “Non abbiamo intenzione di tornare, si sta troppo bene; sono tutti rilassati e sorridenti, gli unici che qui si lamentano sono gli italiani – ammette senza difficoltà -. E non perché per gli altri sia più facile: anche qui le persone faticano a tirare avanti o hanno problemi, ma c’è un atteggiamento diverso”. Per il suo Paese, però, nessun sentimento di rancore: “Non odio l’Italia, anzi, sono fiera delle mie radici. Voglio che le mie figlie non dimentichino da dove vengono, ma che crescano qui”. Le bambine ormai sono bilingui e nella nuova scuola si trovano benissimo: “Hanno aule di informatica che noi ce le sogniamo anche nelle università. Gli insegnanti sono giovani e molto attivi: alla festa di Natale ballavano tutti, perfino la preside. Mi ha colpito molto questo coinvolgimento”.
Il suo nuovo motto è un detto locale: es lo que hay, che significa “è quel che c’è”. Un invito a prendere le cose con filosofia e a trarne quel che c’è di buono. Significa: “Fai il massimo con quello che hai, tutto si aggiusta nella vita, e se non si aggiusta ci si penserà. Senza il sottofondo di lamentele che facciamo sempre noi italiani. La mentalità positiva che ho trovato qui mi piace e mi rispecchia”. Sara dice di aver trovato in Spagna la serenità, prima ancora della sicurezza economica. Una nuova filosofia e un nuovo modo di fare le cose: despacito, con calma.