Ci ha fatto sognare un’America lontana anni luce dal trumpismo sguaiato. A cavalcioni della sua Kawasaki (che divenne oggetto cult), stella da sceriffo che brillava sull’uniforme attillata, occhiale da sole che allora si chiamava a goccia (oh, yes) così Frank Poncharello, sex symbol casereccio, ha accompagnato un’intera generazione. Macho ma nel senso buono. Sorriso a 136 denti, abbronzato dal sole della California, era l’eroe buono che inseguiva i cattivi.
Interpretato da Erik Estrada, “Ponch” per gli amici, è il vero protagonista del telefilm Chips, in onda dal 1977 al 1983 sulla Nbc. Chips, che non sono le patatine, è l’acronimo di California High Patrol e consolidò le basi della commedia/leggera/poliziesca. In pieno edonismo reganiano, etichetta appiccicata anche al genere, la sua evoluzione produsse Miami Vice. E molti altri.
In quegli anni l’offerta televisiva era scarsa, importavamo modelli di antropologia comportamentale dagli States e rimanevano incollati al televisore rapiti dalle peripezie di Ponch: paracadutismo, sci nautico, acrobazie in moto… Non voleva usare contro/figure, cascava, si faceva male, si spaccava le ossa, ma the show must go on, si modifica il copione e Ponch ingessato, ammaccato andava in scena ugualmente.
Famiglia umile, la madre lo voleva poliziotto sul serio con uno stipendio sicuro. Lui fece il provino e le promise: “Se non mi prendono, entro nella polizia”. Sul set lo presero come riserva. Come lui stesso ha recentemente ricordato in un’intervista fu scelto come numero due, la spalla di Jon, l’altro poliziotto, il biondino slavato, insieme on the road pattugliavano località come Malibù e Sunset Strip. Ma era la sua popolarità, fra battutine ironiche/demenziali e ammiccamenti, era la sua popolarità che cresceva e divenne lui il numero uno.
Con Ponch si dreameggiava sulla vita glamour della California. Si continuò con Bay Watch e la bombastica Pamela Anderson e con il celomuscoloso alla Sylvester Stallone (parente stretto del celodurismo di Schwarzenegger). Intanto si alzava l’asticella dell’entertainment e lievitavano pure i budget. Nel nostro piccolo nel 2012 producemmo invece la serie televisiva Nero Wolfe ispirata al famoso investigatore americano.
Come Poncharello ha vissuto il dopo Ponch? È rimasto schiacciato dalla sua stessa popolarità, non ci sono stati più personaggi iconografici per lui, solo qualche particina con Bud Spencer. Ha fatto il doppiatore e due anni fa gli hanno offerto un ruolo cameo nel remake autocelebrativo dei Chips bocciato dagli spietati on liners con una sfilza di rotten tomatoes. Mai ritornare suoi propri passi. Intanto nel luglio del 2016 ha coronato il sogno di mamma ed è diventato un vero poliziotto. Presta servizio a Sant’Antonio, nello stato di Idaho, dove si occupa di proteggere i minori dalla pedofilia on line.
Non ero una fan allora. Lo sono diventata adesso che siamo in piena sbornia di personaggi cattivi, gli anti/eroi, genere dark che più nero non si può. Vedi Gomorra, quattro stagioni vendute in tutto il mondo (non se ne può più) dove non c’è traccia di forze dell’ordine e il male assoluto è l’oracolo.
Quasi quasi viene da rimpiangere l’occhio buono e l’aria scanzonata del vecchio Ponch. Auguri!