Mercoledì a Palazzo Madama si vota sull'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno indagato per il caso della nave Diciotti. Il capogruppo dei 5 stelle: "Se ci dovessero essere delle votazioni difformi da come si è espressa la maggioranza degli iscritti non potrò fare altro che segnalarli "
L’imputato – o meglio, quello che rischia di diventarlo – ci sarà e manderà anche una relazione. L’alleato, invece, serra i ranghi: chi non rispetta le tanto contestate indicazioni degli iscritti rischia l’espulsione. È tutto pronto per mandare in scena il primo vero test, in Aula, del governo. Mercoledì in Senato si vota sull’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, indagato per il caso della nave Diciotti. Il tribunale dei ministri ha chiesto di processarlo: il 19 febbraio scorso la giunta per le Autorizzazioni di Palazzo Madama aveva proposto di rigettare la richiesta dei giudici. Con il fondamentale voto dei 5 stelle, dopo il tanto contestato quesito proposto agli iscritti del Movimento su Rousseau.
Il leader della Lega, che non solo sarà in aula ma terrà anche una relazione (che riferiscono sarà sobria e tecnica) tiene un profilo basso “convinto della ragionevolezza delle sue ragioni”. Più movimentata la situazione tra i Cinque Stelle, con un esiguo numero di dissidenti , tra cui Elena Fattori e Paola Nugnes sui quali pesa la spada di Damocle del repulisti. “Il rispetto del voto online degli iscritti è uno dei principi fondanti del M5s. Per questo se ci dovessero essere delle votazioni difformi da come si è espressa la maggioranza degli iscritti non potrò fare altro che segnalarli al collegio dei probiviri”, dice il capogruppo M5s al Senato, Stefano Patuanelli, interpellato in vista del voto in Aula a palazzo Madama sul caso Diciotti.
Intanto a poche ora dal d-day, emergono i verbali degli interrogatori tenuti a Catania da cui risulta che il capo di gabinetto del Viminale, Matteo Piantedosi (smentendo il Tribunale dei ministri) ha affermato che a bordo della nave “non si poteva escludere la presenza di soggetti pericolosi”. Non esisteva, sostiene il prefetto, un allarme specifico ma “generalizzato” sulla possibile presenza di infiltrati. Eppure a pagina 43 della relazione del tribunale di Catania si legge che “nessuno dei soggetti ascoltati da questo tribunale ha riferito di informazioni sulla possibile presenza tra i soggetti soccorsi di ‘persone pericolosè per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale”.
La questione è ormai diventata puramente politica: mercoledì prenderà la parola il presidente della Giunta per le Immunità, Maurizio Gasparri, che ripercorrerà la vicenda e illustrerà la proposta votata dall’organo di Palazzo Madama su cui si dovranno esprimere i senatori. Poi sarà la volta del leader leghista che, dicono fonti a lui vicine, si limiterà a riferire le motivazioni della sua azione: non ci fu alcun sequestro di persone ma in quei giorni venne presa una decisione collegiale nell’interesse del Paese. Concetto che hanno messo nero su bianco anche il premier, Giuseppe Conte, il vicepremier, Luigi Di Maio e il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Finiti a loro volta indagati e sui quali pende la richiesta d’archiviazione della procura di Catania davanti al tribunale dei ministri. Un nuovo caso Salvini esteso questa volta all’intero governo.