di Flaminio de Castelmur per @SpazioEconomia

Risale a dieci giorni fa l’intervento di Mario Draghi che ha illustrato le ultime decisioni operative della Bce. I tassi fermi sono stati enfatizzati dai commentatori forse più dell’altra operazione annunciata, un nuovo round di TLTRO a scadere nel 2021.

Soffermarsi su questo evento porterà ad analizzare il vero stato dell’economia europea, forse più della manovra sui tassi. La giustificazione è la problematica aspettativa riguardante il Pil dell’Eurozona e, aggiungeremmo, l’entrata in vigore dei nuovi criteri di analisi dei bilanci dei clienti affidati da parte delle banche, a seguito dell’entrata in vigore dei nuovi principi contabili IFRS9.

Nella ricerca di una regolamentazione sempre più adeguata a prevenire i dissesti bancari, la Bce ha previsto l’obbligo per gli Istituti di credito di ragionare sulle probabilità di default dei crediti in portafoglio con una visione prospettica e non più statica. Con l’introduzione dell’IFRS 9, la valutazione degli accantonamenti non avviene più solo come copertura dei crediti deteriorati (incurred loss) ma sulla base delle perdite attese sugli impieghi che potranno deteriorarsi in futuro (expected loss).

In sostanza, le analisi della solidità creditizia dei clienti dovranno essere effettuate con una visione di almeno tre anni, per prevenire la possibilità che gli stessi crediti possano addivenire ad un deterioramento qualitativo nel breve termine. Si è creata anche una nuova categoria di crediti, la Stage 2 o underperforming, che conterrebbe i crediti in bonis che, per una combinazione di eventi, potrebbero trasformarsi in inesigibili.

La conseguenza più diretta di queste nuove norme sarà l’aumento del patrimonio di vigilanza da accantonare per i crediti Stage 2 identificati dai nuovi sistemi di allerta (Trigger AQR) che le Banche saranno obbligate ad adottare al fine di anticipare i processi di deterioramento dei crediti, accantonamento che ridurrà naturalmente i fondi elargibili per nuovi crediti, creando tensioni sui mercati.

Quanto sopra svolgerà pienamente i suoi effetti dalle metà dell’anno, con la pubblicazione dei bilanci e le conseguenti revisioni degli affidamenti, ed è in quel momento che il nuovo programma di TLTRO (Targeted Long Term Refinancing Operations) dovrebbe fornire capitali freschi alle banche europee. La situazione italiana, afflitta dalla cronica situazione di crisi dei consumi e travagliata anche dai problemi causati al commercio internazionale dalle prese di posizione americane con i dazi imposti a mezzo mondo, amplificherà ulteriormente gli effetti delle norme, in considerazione anche alle performance spesso scadenti del sistema bancario nostrano.

Ma per le imprese italiane i problemi non si limitano (!) a questo. Entrerà in vigore al 15 agosto di quest’anno, la nuova normativa relativa alle situazioni di crisi d’impresa che riforma il vecchio codice del fallimento. E la combinazione di queste disposizioni con la stretta creditizia sopra paventata, potrebbe essere un colpo tremendo al sistema imprenditoriale italiano.

Il decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019 recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in ottemperanza a quanto stabilito nella legge delega (L. n. 155/2017) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38, del 14 febbraio 2019. L’intento esplicito del Legislatore, prevedere cioè l’introduzione dii strumenti di prevenzione del dissesto definitivo dell’attività, introdotto nel nostro sistema regolamentare l’istituto delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi d’impresa. Si cerca in questo modo di prevenire l’incancrenirsi di situazioni che potrebbero portare ad una procedura concorsuale, permettendo all’impresa che potrebbe ancora svolgere una funzione corretta di produzione di ricchezza e benefici per la collettività, di adottare misure di aggiustamento della situazione debitoria e gestionale.

Lo svolgimento concreto della procedura prevede che venga segnalata la situazione di crisi con l’allerta sollevato da  in primo luogo, dall’imprenditore, per il quale la corretta attivazione è stata “stimolata” tramite misure premiali o punitive, anche penali (art. 25); in secondo luogo (art. 14) dagli organi di controllo societari, dal revisore contabile e dalla società di revisione , i quali devono rendere noti gli indizi del dissesto all’organo amministrativo e, se quest’ultimo non si attiva, direttamente all’Ocri (organismi di composizione della crisi d’impresa, da istituirsi presso le camere di commercio (art. 16); in terzo luogo (art. 15), dall’Agenzia delle entrate, dall’Agente della riscossione e dall’Inps.

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