Politica

Greta Thunberg è una populista?

Greta Thunberg è una populista? Sommessa domanda che giro al distinto assembramento dei seriosi benpensanti che storcono il naso infastiditi quando qualche voce fuori dal coro osa criticare il vigente “migliore dei mondi possibili”; edificato sui criteri promossi da questo establishment di biechi accaparratori delle ricchezze mondiali e dal concerto dei coristi mimetizzati a vari livelli, comunque pronti a cantarne le lodi (a tassametro).

Lo ripensavo giorni addietro negli uffici del mio editore madrileno, mentre il navigato interlocutore mi spiegava che in questa epoca vincono quanti semplificano e banalizzano. Sicché un vecchio cultore della distinzione critica, tipo chi gli stava davanti, è irrimediabilmente condannato al marchio di “insopportabile rompiscatole”.

Questo è anche l’attuale destino dell’etichetta “populista”, appannaggio di chi propugna l’idea di una radicale inversione di orientamenti politici. La trappola linguistica per svilirlo. Per cui l’istanza di AltraPolitica viene screditata/irrisa come Antipolitica; per cui si creano deliberati guazzabugli concettuali mischiando il populismo (che tento di liberare dalle mistificazioni strumentali che lo affliggono) con posizioni antitetiche quali il sovranismo e il suprematismo; per cui si inducono identificazioni malandrine e prive di senso, stivando nello stesso contenitore concettuale (appunto, populista) tutto e il suo contrario: Ada Colau, alcaldesa di Barcellona, e Donald Trump, il pur declinante Pablo Iglesias di Podemos e il popolare presidente Antonio Costa del Portogallo con Orban o Putin, un filosofo rispettabile quale il gramsciano Ernesto Laclau e i ghost writer di Beppe Grillo.

In effetti oggi ciò che viene messo all’indice come populista non è altro che la presa d’atto di un imbroglio; resosi evidente nel decennio scorso almeno dopo i primi crolli di Wall Street: le tecniche con cui le classi dirigenti liquidatrici dell’età welfariana hanno mimetizzato la loro defezione dal resto della società, anteponendo spregiudicatamente il proprio personale interesse a ogni forma di solidarietà. Quanto Zygmunt Bauman sintetizzava nella battuta “oggi i ricchi non hanno più bisogno dei poveri”. Avvio della biblica trasmigrazione di ricchezza dall’area mediana ai vertici della piramide sociale e il contemporaneo saccheggio speculativo di ogni risorsa pubblica. A cominciare dall’ambiente. La disuguaglianza indotta dal parossismo accaparrativo che prepara la catastrofe del pianeta.

Quanto oggi la piccola Greta denuncia con disarmante semplicità. Al riparo della sua età e delle sue treccine che rendono difficile ai mazzieri di un establishment cultore furbesco del politicamente corretto mettere una bambina nel mirino dei propri marchingegni di delegittimazione e discredito. Al massimo possono farlo – e con effetti contrari ai propri intenti – solo personaggi estremi. Tipo Maria Giovanna Maglie, da tempo specializzata nel ruolo di orco cattivo a guardia del regno dei dolcevitari ricchi e incoscienti (“Greta Thunberg? L’avrei messa sotto con la macchina”), o Mauro Corona, profeta montanaro che ripete i passi imbarazzanti di Alessandro Dal Lago, quel sociologo della devianza che anni fa scrisse Eroi di carta, libro contro Roberto Saviano, geloso del successo planetario ottenuto da un outsider trattando proprio quei temi su cui pretendeva di avere l’esclusiva.

Sono consapevole che l’età della semplificazione ha le sue regole. Ma quando vengono superate certe soglie (specie per occultare l’infamia) si sta raggiungendo un limite pericoloso. Nel caso, esporre al pubblico disprezzo – lo stigma populista – proprio la forza emergente che trae dall’oblio temi urticanti per i padroni del mondo quanto vitali per i cittadini del mondo. A partire dalla democrazia quale grande modalità discorsiva per arrivare a condividere soluzioni con cui rispondere alle drammatiche sfide incombenti. Come le ferite insanabili che andiamo infliggendo al pianeta “su cui siamo tutti di passaggio”. Da inquilini.

Quanto i milioni di ragazzine e ragazzini hanno gridato nelle piazze del mondo, chiamati a raccolta dalla piccola Greta. Populista? E perché no!