Cultura

La Scala-Arabia Saudita, il cda stoppa l’ingresso di Riad. Sala: “Restituiremo l’acconto di 3 milioni”

Il consiglio d'amministrazione blocca l'arrivo del finanziamento del principe-ministro Badr. Il sindaco (e presidente del consiglio): "Si torna al punto zero". Ma lo scontro politico con Fontana si consuma anche sul sovrintendente Pereira: il governatore aveva evocato il licenziamento, ma Palazzo Marino ora lo blinda. "Non è in discussione"

di Beatrice Manca

Nessun accordo tra Teatro Alla Scala e Arabia Saudita: il cda spazza via, dopo giorni di scontri e polemiche, l’ipotesi dell’ingresso di Riad nella Fondazione, dietro un versamento di 15 milioni di euro. Ieri, proprio alla vigilia del cda, era trapelata la notizia che a fine febbraio erano già stati versati sul conto di un notaio milanese 3 milioni: soldi che ora verranno rimandati al mittente. “Restituiremo l’acconto ricevuto, la donazione è arrivata senza l’assenso del cda” spiega il sindaco Beppe Sala uscendo dalla riunione del consiglio d’amministrazione durata due ore. “Ad oggi si ritorna al punto zero. Restituiamo i soldi ai sauditi. Vedremo se ci saranno altre possibilità di collaborazione”. Ma Pereira rimane al suo posto: il licenziamento, paventato dal governatore della Lombardia Attilio Fontana, “non è in discussione”.

Nella relazione che il sovrintendente Alexander Pereira ha consegnato stamattina ai consiglieri c’erano le tappe che dovevano portare all’accordo ormai sfumato: 15 milioni in cinque anni per entrare come socio fondatore e, di conseguenza, avere voce in capitolo sulla nomina di un consigliere in cda. Più 100mila euro per l’Accademia, e altri 7 milioni per l’apertura di un conservatorio a Riad, per bambini e bambine. Dettaglio non da poco, quello della presenza femminile, in un Paese tendenzialmente repressivo. L’idea era di far diventare il Piermarini ambasciatore della cultura italiana in Arabia, dove la musica è stata proibita per mezzo secolo. Un accordo win-win: il ministro della Cultura (e principe) Badr bin Abd Allah avrebbe portato avanti i suoi ambiziosi progetti per rinnovare il volto del Paese, mentre la Scala avrebbe esportato il proprio marchio di eccellenza verso Oriente. L’accordo era trapelato su Repubblica e aveva scatenato grandi polemiche intorno alla possibilità che un Paese noto per le sistematiche violazioni dei diritti umani potesse entrare nella Fondazione del teatro lirico milanese. L’ultima uscita, in mattinata, del leader della Lega e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini: “Non si può andare in piazza per difendere i diritti umani e poi fare affari con Paesi, come l’Arabia Saudita, che non permettono molte libertà”. Ma poi lo scontro poi era diventato politico, tra il sindaco Sala e il presidente Fontana. Al centro, il comportamento del sovrintendente Pereira, accusato di aver condotto le trattative in modo poco trasparente, senza coinvolgere nessuno.

“Alexander Pereira certamente rimane al suo posto. Non è in discussione” dice il sindaco. “Se Fontana intende portare avanti questa idea deve dire al suo rappresentante in Cda, Philippe Daverio, di proporlo ma non è stato questo il caso”, ha aggiunto Sala. Il consiglio d’amministrazione, guidato da Sala, conta al suo interno due rappresentanti dello Stato (Margherita Zambon e Francesco Micheli), uno della Regione Lombardia (Philippe Daverio) uno della Camera di Commercio (Alberto Meomartini). Vi siedono poi Giorgio Squinzi della Mapei, Giovanni Bazoli della Fondazione Cariplo, Claudio Descalzi dell’Eni e Aldo Poli della Banca del Monte di Lombardia.

Ieri Fontana in una nota aveva parlato di “tardive e superficiali informazioni” spiegando di non aver mai ricevuto alcuna documentazione che facesse riferimento al versamento: “Ne ha fatto cenno per la prima e unica volta, e quasi involontariamente, nel mio ufficio l’8 marzo scorso”. Pereira, al contrario ha sempre sostenuto – e lo ha ribadito anche nella relazione letta oggi in cda – che i membri del consiglio erano stati informati e che “nessuno si era opposto”. In un’intervista aveva detto che anzi “era stata la Lega a portare i sauditi dentro la Scala”, attraverso la persona di Max Ferrari, collaboratore del governatore, che gli aveva parlato di possibili contatti con gli arabi. Ferrari da parte sua aveva negato e il Carroccio aveva reagito duramente chiedendo la testa del sovrintendente. Sta di fatto che lo stesso Ferrari, lo scorso luglio, aveva scritto un articolo su Arab News parlando per primo dei concerti scaligeri in Arabia. La Scala ha infatti annunciato che tra i suoi prossimi progetti internazionali ci sono due date nella penisola arabica: una prima assoluta.

Pereira quindi per ora non rischia il posto, ma vede la riconferma della sua nomina sempre più in bilico, nonostante lasci il teatro con i conti in perfetto ordine e nemmeno una recita saltata per sciopero. Il suo mandato scade nel 2020 e aveva puntato molto sulla partnership saudita come asso per un secondo mandato. Fontana ieri ha parlato di “attitudine a creare confusione per coprire la preoccupante disinvoltura con cui ha gestito la politica culturale della Scala” e da più parti si preme per un sovrintendente italiano, dopo l’era del francese Stéphane Lissner e dell’austriaco Pereira.

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