Sei milioni di euro. Questo il valore generato dalla tratta di schiavi emerso dalla maxi operazione dei carabinieri di Salerno che hanno eseguito 35 misure cautelari: 27 arresti domiciliari e 8 obblighi di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. Ai 35 indagati – tutti tra a Salerno e provincia, Policoro (Matera) e Monsummanno Terme (Pistoia) – vengono contestati, a vario titolo, l’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina, intermediazione illecita e sfruttamento di lavoratori con o senza permesso di soggiorno, riduzione in schiavitù, tratta di persone. Otto persone non sono state ancora rintracciate.

Le indagini, avviate nell’agosto 2015, hanno permesso di scoprire una rete di sfruttamento dei migranti nei lavori agricoli gestito da un gruppo criminale composto da cittadini italiani e stranieri, con base operativa nel Salernitano e ramificazioni in altre province italiane, ma anche in altri paesi europei (in particolare Francia e Belgio) e in Marocco. Fra gli italiani numerosi gli imprenditori agricoli e i professionisti (in particolare un consulente del lavoro) coinvolti. Nel corso delle indagini è stata analizzata la documentazione relativa al rilascio di permessi di soggiorno stagionale per motivi di lavoro, gestiti per via telematica nell’ambito del cosiddetto “decreto flussi”.

Le indagini hanno dimostrato la falsità delle domande per la concessione di tali permessi di soggiorno, per i quali ogni migrante era disposto a versare all’organizzazione somme variabili fra i 5mila e i 12mila euro. L’organizzazione era in grado di generare, tramite imprenditori agricoli, le domande flussi la cui gestione veniva poi affidata ad un commercialista di Eboli. Nella maggior parte dei casi, una volta che il migrante arrivava in Italia con regolare visto emesso in forza di una richiesta nominativa di assunzione avanzata da uno degli imprenditori collusi, la procedura non veniva completata con la sottoscrizione del contratto di lavoro. In tal modo i migranti ricevevano un permesso per attesa occupazione della validità di 12 mesi, periodo addirittura superiore ai 6 mesi previsti dal permesso di soggiorno stagionale per motivi di lavoro che sarebbe stato rilasciato loro in caso di assunzione. Erano proprio queste persone ad essere avviate al lavoro irregolare nei campi per essere sfruttate. Ai vari imprenditori agricoli locali veniva garantita manodopera sottopagata per il lavoro nei campi. In altri casi, invece, si limitavano a ricevere un compenso da 500 a mille euro per ogni contratto di lavoro fittizio.

Foto di archivio

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