Ugo Brisolese ha deciso di partire quattro anni fa dopo la triennale in Lettere classiche a Catania. "Ho una sorta di amore viscerale e incondizionato per gli Stati Uniti. La mia casa è qui, e spero che lo sia per sempre"
“Quando ho visto New York per la prima volta ho capito che quello sarebbe stato il Paese dove avrei voluto vivere”. Ugo Brisolese è un catanese di 32 anni che si sente americano e dopo aver preso la laurea triennale in Lettere classiche a Catania ha deciso di trasferirsi negli Stati Uniti, dove è dottorando in Italianistica all’Università del Wisconsin. “Mi rendo conto che sia strano per un laureato in Lettere classiche amare un Paese tanto avanguardista come gli Usa, ma potrei quasi dire che è come se fossi nato in America e vedessi l’Italia come un bellissimo Paese in cui trascorrere le vacanze, non per viverci”.
A differenza dei tanti giovani costretti partire, infatti, Ugo la sua strada l’ha scelta: “Ho una sorta di amore viscerale e incondizionato per gli Stati Uniti. Questo non significa che qui sia tutto perfetto, anzi. Il problema delle armi, la violenza, la povertà di alcune fasce sociali, i ghetti, la droga, l’alcool, l’obesità, il razzismo, la sanità. Sono tutte questioni sociali all’ordine del giorno. Ma la mia casa è qui, e spero che lo sia per sempre”.
Quando quattro anni fa ha deciso di trasferirsi, però, la sua conoscenza della lingua e della cultura americane erano da affinare. “Mi sono rimboccato le maniche – racconta – pronto a imbarcarmi in un’esperienza di vita molto difficile, estremamente impegnativa, tutta in salita”. Ha iniziato migliorando la lingua a San Francisco, poi ha studiato un anno vicino a New York, dove ha frequentato un corso di lingua universitario per avere le carte in regola in vista del dottorato. “I posti per il PhD qui sono pochissimi – spiega – ma nel mio campo è stato particolarmente difficile, perché il dottorato in Italianistica è offerto soltanto dalle Università migliori del Paese. Chi studia ingegneria o informatica, invece, può anche puntare su università meno prestigiose, con buone possibilità di entrare”.
Ugo è stato ammesso da tre atenei, e alla fine ha scelto di frequentare l’Università del Wisconsin a Madison: “Il mio programma qui è uno dei migliori del Paese e l’Università del Wisconsin è considerata tra le 25 migliori al mondo”. Più che le abitudini, di Catania gli manca il sole, oltre che gli affetti: “Qui è tutto ordinato, c’è un sacco di verde, la burocrazia è efficiente. L’unico problema è il freddo intenso, d’inverno si arriva a -25 gradi. A parte questo, mi trovo benissimo”. Anche all’università: “Molti professori sono italiani, ma seguono il metodo americano: tanto studio e, direi, zero tempo libero”.
Rispetto all’Italia l’approccio è più strutturato: “Qui si leggono per intero tutte le opere, anche quelle secondarie, di tutta la letteratura italiana, con annessa bibliografia critica. Si legge moltissimo e si scrive moltissimo per prepararsi al mondo accademico dopo la fine del dottorato”. Ma la differenza si nota anche in aula: “In Italia gli studenti fanno quello che vogliono, qui quando tengo una lezione gli allievi stanno in silenzio, mettono via il cellulare e nessuno copia agli esami”. Ugo sogna di restare in questo ambito e aspira a diventare docente universitario. Ha le idee chiare, anche se il suo dottorato è appena cominciato: “Ho deciso il periodo storico, ma non ancora il soggetto esatto: la mia tesi sarà probabilmente su autori siciliani dell’Ottocento o Novecento, come Verga, Pirandello, o entrambi”.
Per il suo Paese prova una malinconia sana: “Amo l’Italia, soprattutto amo Roma, come amo moltissime altre città italiane con la loro cultura millenaria. Mi manca, certo, ma non saprei definire bene che tipo di mancanza sia. Per fortuna, per il momento non mi pesa e poi qui ci sono le migliori università del mondo, dove spero di trovare lavoro come professore un giorno”.