Si chiamava Marzia Rebuzzi ed è deceduta al Bambin Gesù di Roma. Il cugino Alessandro, negli anni scorsi, diventò suo malgrado uno dei simboli della lotta di Taranto contro l'inquinamento. In giornata vertice in tra il capo degli inquirenti, gli organi di controllo ambientale e l'azienda. Il procuratore capo: "Riunioni saranno a cadenza mensile". L'azienda: "Produzione non aumenta e i valori degli inquinanti sono nella norma"
Si chiamava Marzia Rebuzzi e aveva cinque anni. È l’ultima bambina di Taranto uccisa da un tumore. Un cognome, purtroppo, tristemente noto alla cronaca: Alessandro Rebuzzi, suo cugino, è morto alcuni anni fa per fibrosi cistica, di cui l’inquinamento è una concausa, ed è diventato uno dei simboli della lotta per una Taranto migliore. Il nome di Marzia e la sua storia sono stati raccontati dall’associazione Genitori Tarantini nella pagina Facebook che raccoglie le testimonianze di famiglie che hanno perso un bambino a causa dell’inquinamento o che lottano perché i propri figli non debbano essere colpiti dallo stesso problema.
“E volata in cielo un’altra bimba tarantina, aveva cinque anni. Marzia Rebuzzi – ha scritto l’associazione sul social network – era ricoverata al Bambin Gesù di Roma ed era la nipotina di Aurelio (papà di Alessandro Rebuzzi, ndr). Oggi la città dovrebbe essere coperta da un velo nero, non quello dei fumi che ci stanno ammazzando, un velo nero per un lutto inaccettabile”. Un altro nome che si aggiunge a quelli scritti sui cartelloni che hanno aperto la manifestazione che qualche settimana fa ha portato migliaia di persone in piazza. “Io dovevo vivere”, era scritto accanto al nome e alla foto di alcuni piccoli uccisi da un cancro. Un macabro elenco a cui si aggiunge anche il nome e la foto di Marzia. Per Genitori Tarantini si tratta di “un velo nero come l’anima colpevole di chi aveva il potere di fermare questa mattanza e non l’ha fatto, quelli dei decreti, quelli del ‘delitto perfetto’ che hanno continuato a perpetuare sulla nostra comunità, tutti quelli che non conoscono la vergogna”.
Un duro atto di accusa che si chiude con una sorta di anatema: “Non riuscirete a guardare negli occhi i vostri figli. Scusate i toni, ma questa notizia ci ha sconvolto. Ad Aurelio e Loredana, come al papà e alla mamma di questo nuovo angelo, le nostre sentire condoglianze”. Parole che racchiudono tutta la disperazione e la paura che ormai serpeggiano nel Tarantino: gli ultimi dati sull’aumento delle emissioni nocive dall’ex Ilva, hanno contribuito a elevare la tensione.
Una situazione delicata che ha spinto la procura di Taranto a convocare un tavolo sulla questione ambientale. È stato il capo degli inquirenti ionici, il procuratore Carlo Maria Capristo, a riunire intorno al tavolo questa mattina l’amministratore delegato di ArcelorMittal, nuovo gestore dell’acciaieria ionica, i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria, il custode giudiziario Barbara Valenzano, il commissario per le bonifiche Vera Corbelli e gli organi tecnici di controllo Ispra, Arpa e Asl. “D’ora in poi – ha dichiarato Capristo al termine dell’incontro – c’è un nuovo metodo di lavoro, ci saranno incontri periodici in Procura. Ognuno rappresenterà i lavori che vengono eseguiti e vengono programmati sotto la supervisione del nostro ufficio. Soprattutto in ragione delle ultime notizie apparse su alcuni quotidiani, piuttosto sconcertanti, ho sentito insieme ai magistrati del gruppo Ambiente l’obbligo morale di chiamare un po’ tutti a rendere conto di quanto sta accadendo”.
Per Capristo è stata “una riunione estremamente costruttiva” e sui nuovi dati diffusi da Peacelink e altri ambientalisti di Taranto, il procuratore ha precisato di essere in attesa delle relazioni complete: “Le risposte ci saranno, non abbiamo una sfera di cristallo per prevedere il futuro”. E ha poi rassicurato la comunità sul fatto che “è nato, lo ripeto, un nuovo metodo di lavoro dove lo Stato c’è e oggi era presente in tutte le sue componenti essenziali di verifica e di validazione dei dati. I controlli sono in corso d’opera, e saranno verificati anche da noi”.
A quel tavolo, come detto, anche Mattheiu Jehl, amministratore delegato di ArcelorMittal Italia: l’azienda in una nota ha spiegato di aver fatto presente “che la produzione non è aumentata, che tutte le emissioni sono sotto controllo, dentro le norme, che tutti gli investimenti che dobbiamo fare e abbiamo già fatto sono entro le scadenze giuste” e “ArcelorMittal vuole essere trasparente per la tranquillità di tutti i cittadini di Taranto e della provincia. È stato un incontro molto positivo”. “Vogliamo lavorare con tutti – ha concluso Jehl – ancora di più in trasparenza per il futuro”. Ma sui social non sono mancate le reazioni: per alcuni l’iniziativa del procuratore Capristo è anomala, poiché alla procura, secondo i critici, è affidato il compito di reprimere i reati e non di guidare gli organi impegnati nella vicenda.