Politica

Decretone, governo mette la fiducia. Pd e Fi abbandonano Commissioni: “Farsa”. In oltre 600mila hanno chiesto il reddito

Prima della notizia comunicata dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, il Partito democratico e Forza Italia aveva polemizzato con il governo

Il governo ha posto la questione di fiducia alla Camera sul decretone, che contiene le norme sul reddito di cittadinanza e sulla quota 100 in materia pensionistica: lo ha annunciato nell’Aula di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro. Contestualmente è stata convocata la conferenza dei capigruppo, che dovrà stabilire il prosieguo dei lavori parlamentari. Da ricordare che la scadenza del testo è fissata per il 29 marzo. Poco prima dell’annuncio, il gruppo del Partito Democratico aveva abbandonato i lavori delle commissioni parlamentari riunite per discutere le nuove modifiche al decreto sul reddito di cittadinanza. “È una vergogna – hanno detto uscendo i dem – le relatrici non sanno neanche spiegare gli emendamenti che hanno firmato. Abbiamo chiesto al governo e alla maggioranza spiegazioni sul contenuto delle nuove norme ma nessuno è in grado di dare risposte. Siamo al caos totale e non tornano neanche le coperture del provvedimento indicate dal governo” ha scritto in una nota il gruppo del Pd di Montecitorio.

La stessa identica decisione era stata presa ancora prima dai deputati di Forza Italia. “Dopo due settimane in cui abbiamo lavorato giorno e notte, oggi, come già accaduto in passato per altri provvedimenti, dopo aver rinviato più volte l’Aula, ci viene dato un solo quarto d’ora per analizzare 15 emendamenti complessi, nella più totale disorganizzazione anche tecnica dei lavori – hanno scritto in una nota i deputati della Commissione Lavoro e Affari sociali – Un solo quarto d’ora per analizzare e fare il nostro lavoro di opposizione, entro e non oltre le ore 19 di oggi, con la fiducia che sappiamo essere già imminente, è una colossale presa in giro del Parlamento. Per tanto, abbiamo deciso di interrompere il nostro lavoro in Commissione poiché siamo nella totale impossibilità di lavorare ma soprattutto non intendiamo nella maniera più categoria prestare a questa ennesima farsa“.

Precedentemente alle polemiche politiche, era arrivato il parere della commissione Bilancio della Camera sul provvedimento che introduce il reddito di cittadinanza e Quota 100: il parere chiarisce che per la pensione di cittadinanza si stima una quota di spesa sul totale del 5,7%, quindi appena 350 milioni circa su 6,1 milioni totali di spesa attesa per il 2019. La giornata di oggi è stata una corsa ad ostacoli per il Decretone, con il rinvio del testo in commissione Lavoro e la richiesta di correzioni sulle coperture da parte della Bilancio. Poi è stata annunciata la questione di fiducia. Oltre il 94% della spesa per il reddito sarà quindi direzionato verso gli under 67 mentre per i più anziani gli incrementi saranno sostanzialmente limitati a coloro che hanno l’assegno sociale e vivono in affitto. Esiste infatti già un provvedimento contro la povertà degli over 67 (l’assegno sociale) che vale 458 euro al mese per 13 mensilità, che sale oltre i 70 anni e che ha paletti meno alti soprattutto sul fronte del reddito familiare di quelli della Pdc. Secondo lo Spi-Cgil riusciranno ad avere la pensione di cittadinanza come integrazione al proprio reddito circa 120mila famiglie, un numero molto inferiore sia ai 250mila nuclei stimati dall’Inps e ai 500mila ipotizzati dal ministro del Lavoro, Luigi Di Maio.

E se già le 600mila domande (cifre fornite dalla Consulta dei Caf) appaiono sottostimate rispetto alla platea individuata dal Governo (entro il 31 marzo va presentata la domanda per poter accedere alla quota di aprile) resta il mistero su quante saranno accolte. È probabile che un numero molto alto di richieste sia respinto (circa la metà di quelle per il Reddito di inclusione è stata rifiutata) soprattutto tenendo conto del fatto che le Poste non fanno consulenza e si limitano a ricevere la domanda per inoltrarla all’Inps. E’ possibile che le risorse stanziate possano essere alla fine anche sovrastimate dato che per molti la misura sarà rifiutata e per altri costituirà solo un’integrazione degli altri redditi. Le prime risposte dall’Inps arriveranno dopo il 15 aprile mentre alla fine di quel mese potrebbero arrivare i primi pagamenti. Tornando ai numeri, secondo la Consulta dei Caf le persone che sono transitate negli uffici dei centri di assistenza fiscale con l’obiettivo di accedere alla nuova misura di contrasto alla povertà sono state 420.000 (alla fine della scorsa settimana) mentre il ministero ha fatto sapere che sono oltre 192.000 le richieste presentate alle Poste e on line.