Abbiamo poche occasioni per parlare di uomini dal punto di vista delle ricorrenze. Esiste infatti la festa della donna, ma non dell’uomo (un peccato, sarebbe un’occasione per parlare di loro e renderebbe pure quella della donna meno retorica). Ci resta la festa del papà che – nonostante io sia molto più a favore di una festa della famiglia – ci consente almeno di fare un piccolo “bilancio” dei padri di oggi.  E allora eccoli, dal mio punto di vista: radicalmente cambiati rispetto al passato, sono tutt’altro che autoritari e anche tutt’altro che assenti (ovviamente con eccezioni). Al contrario, i padri di oggi sono uomini molto affettuosi, si prendono cura dei propri bambini fin dall’inizio. Cambiano pannolini, danno biberon, si alzano la notte, portano i bambini a spasso, mentre magari lavano i piatti o puliscono la cucina. Poi, quando i figli crescono, li accompagnano all’asilo o a scuola, li portano in piscina o calcio, passano le domeniche a vedere le partite insieme o giocare a pallone (per citare le attività più diffuse tra i padri italiani).

Insomma i padri oggi ci sono, e sembrano anzi aver scoperto la bellezza della paternità e i sentimenti che a essa si accompagnano quando è vissuta senza rigidità: e cioè affetto, tenerezza, gioia, e molte altre grandi emozioni. Non parlerò qui di padri separati e delle istanze che portano avanti, spesso giustamente, spesso meno, vedi convergenza di molti sul disegno di legge Pillon. Però, il fatto che da questi padri la lontananza dai figli venga percepita come mancanza, spesso lacerante e insopportabile, è proprio l’indice di ciò che dicevo: forse la nostra epoca ha finalmente riscoperto il sentimento della paternità.

Non mi piace , tuttavia, chiamare questo nuovi padri “mammi“, perché questa definizione di fatto sembra assegnare il monopolio dell’affetto e del sentimento alle madri. Non possiamo chiedere la partecipazione dei padri e il loro coinvolgimento emotivo e poi bollarli, sia pure ironicamente, come “madri”. No, sono padri, e sono come i padri dovrebbero essere: amorevoli, appassionati dei propri figli, felici di stare con loro. Eppure è vero che, pur essendo pari, padri e madri sono diversi. E i loro ruoli non sono identici. Per questo io in questo ritratto dei padri moderni alcune ombre le vedo: infatti, se da un lato hanno riscoperto la dolcezza, dall’altro gli uomini di oggi hanno perso radicalmente autorevolezza. Non credo che le cose siano necessariamente legate, anzi, rivendico la possibilità di essere un genitore totalmente amorevole eppure molto fermo e autorevole. Purtroppo, però, è vero che sempre più raramente fermezza e capacità di “reggere” i propri figli, e insieme a loro i conflitti che portano con sé, fanno parte del bagaglio dei padri di oggi.

Il discorso è un po’ più ampio (e coinvolge tra l’altro anche le stesse madri). Sul tema sono usciti ormai decine di articoli e persino di libri. Il problema che denunciano è un eccesso quasi insostenibile di protezione, anche da parte dei padri, talmente soffocante da portare a gravi limitazioni nell’autonomia dei bambini. Io vedo questo uomini ansiosi a scuola, magari la mattina, entrare nei bagni dei figli per assisterli nel fare pipì anche quando i bambini, magari di 3 o 4 anni, sarebbero perfettamente in grado di andare al bagno da soli (anzi dovrebbero). Oppure in piscina, mentre si chinano a infilare mutande a bambini di dieci o undici anni o allacciare loro le scarpe.

Il problema è che questi bambini, spesso figli unici, messi sotto una campana di vetro dove non entra né aria né vita, vivono esistenze programmate in ogni dettaglio, organizzate da genitori che mentre da un lato non consentono loro alcuna esperienza di vita autonoma – anche solo scendere a comprare il latte a dieci anni – dall’altro investono su di loro tutte le loro fantasie e proiezioni di realizzazione e successo, tanto da volerli tutti ingegneri o super economisti, scienziati o astronauti. Il risultato è una generazione fragilissima, di ragazzi che si sciolgono al primo ostacolo e che spesso diventano tragicamente l’opposto di quanto i genitori sperano.

Non si tratta, per i padri, di rispolverare il vecchio modello, anche psicoanalitico, che vedeva nell’uomo il principio di autorità e nella donna quello dell’accoglienza. Oggi entrambi i genitori dovrebbero riscoprire la capacità di essere autorevoli. Ma certo tanto più i padri, perché comunque è proprio ai padri che i figli guardano crescendo e la loro figura è veramente molto più centrale di quanto non possiamo immaginare. Come dimostrano le vite segnate dal dolore di quei ragazzi il cui padre è sparito o è assente e che per tutta la vita vivono con questo vuoto, tanto grande quanto lo sarebbe un’assenza materna.

Bisognerebbe allora che i padri di oggi, anche se molto più stanchi e invecchiati dei loro coetanei europei (ma anzi, forse proprio per questo) ricominciassero a trattare i figli da figli e non piccoli sovrani a cui sottomettersi; bisognerebbe che oltre a proteggerli li lasciassero sperimentare; bisognerebbe che smettessero di farli sentire al centro del mondo e invece questo mondo glielo facessero vedere per come è davvero. Cruciale sarebbe riscoprire quel ruolo di argine e contenitore che un tempo sapevano egregiamente fare e che era spesso necessario vista la durezza dei tempi. Oggi i tempi sembrano solo in apparenza meno duri, perché dopo un’infanzia all’insegna dell’autocelebrazione e del consumismo i nostri figli si trovano di fronte ad un mondo del lavoro competitivo a livello insopportabile (oltre che a un mondo devastato dal cambiamento climatico).

E allora la capacità di sopportare serve, così come serve quella di contenere la gratificazione in visto di uno scopo più alto e infine quella di affrontare il conflitto. Certo, forse bisognerebbe che noi genitori, e dunque anche i padri, sapessimo contenere la ricerca di un piacere immediato in vista di un obiettivo migliore, che fossimo meno narcisisti e più capaci di farci da parte, anche accettando la nostra finitezza invece di crederci immortali a cinquanta o sessant’anni. E forse proprio qui sta il problema. Tuttavia ai padri di oggi chiedo: non scordatevi di questo ruolo antico, che può essere declinato in forma nuova. Forse lo sapete fare meglio di noi madri. Anzi, forse potete davvero aiutarci. E insieme aiutare i vostri figli. Auguri!

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