“A Pachino per me la campagna è morta”. Rosario Sultana è frustrato. Le mani nere come la terra, segnate dal lavoro e dal sole. Fino all’anno scorso era anche lui un imprenditore agricolo, coltivava la sua terra e gestiva alcuni dipendenti, ma la crisi del mercato ortofrutticolo e i debiti accumulati con le banche lo hanno spinto a svendere, a fare “u picciotto”: l’operaio per conto terzi. “Ma cosa devo fare quando vendo il pomodoro a 70-80 centesimi o al massimo 1 euro e 10 centesimi? – spiega – Se una struttura di 1000 metri può produrre 6-7 mila chili di pomodoro e lo vendo a 70 centesimi, ottengo circa 5mila e 600 euro, se per portare in produzione una serra servono 5mila euro, come può andare avanti un imprenditore con solo 600 euro, se ancora deve pagare la giornata ai lavoratori, le tasse, la luce?”
“Noi ci alziamo la mattina, andiamo a lavorare, anziché produrre reddito, facciamo debito – spiega l’imprenditore Sebastiano Cinnirella, che IlFatto.it avevamo incontrato già lo scorso anno – vorrei che il ministro o qualche politico venga qui a Pachino a vedere le nostre condizioni di lavoro. Non possiamo andare avanti così”. Alcuni giorni fa un centinaio di imprenditori e agricoltori della Sicilia Sud orientale ha organizzato dei presidi e delle manifestazioni pacifiche chiedendo un confronto con il Governo e la politica regionale. Nei mercati ortofrutticoli di Pachino e Vittoria, e lungo la statale 117bis Catania-Gela, sono stati distribuiti dei volantini, e ai passanti è stato regalato del pomodoro in segno di protesta. Denunciano la concorrenza sleale dei paesi esteri, soprattutto dell’Africa, e l’importazione massiccia di prodotti che svaluterebbero le merci italiane.
Basta confrontare il mercuriale dei principali mercati ortofrutticoli italiani per rendersi conto l’evidente disparità di prezzi. Prendendo in considerazione il “pomodoro tondo liscio” origine Italia, a Torino il prezzo minimo è di 1 euro al kg fino ad un massimo di 1 euro e 30 centesimi, stesso discorso per il prodotto importato dalla vicina Spagna. Per risparmiare possiamo acquistare quello marocchino, che viaggia da un minimo di 75 centesimi a un massimo di 90 centesimi, nonostante c’è da coprire una distanza di 2mila km. Nella capitale lo stesso prodotto varia tra 1-1,50 euro se italiano, ma nell’elenco non è riportato il prezzo di quelli importati dall’estero. A Milano invece, per il pomodoro nostrano il minimo è di 1,70 euro mentre il massimo tocca le 2 euro. Anche in questo caso, conviene acquistare il prodotto marocchino che varia da 1 a 1,20, mentre quello spagnolo resta tra la forbice di 1,50-1,70 euro.
“La politica è sorda, di concreto non hanno fatto mai nulla, né destra né di sinistra e né gli altri partiti – spiega l’imprenditore Sebastiano Morana – la prossima volta non voteremo nessuno alle elezioni regionali e andremo a depositare le partite Iva in Camera di commercio. Meglio cambiare lavoro che finire con debiti di 200-300 mila euro per famiglia”.
Per affrontare la campagna, un imprenditore agricolo chiede un prestito agrario per coprire le spese. Ma a questa condizioni di mercato, il suo investimento è meno del guadagno. E si indebita. Oltre alla crisi economica, gli agricoltori sono stati falcidiati anche dalle condizioni meteorologiche che negli ultimi anni hanno distrutto le coltivazioni. La nevicata del capodanno 2015 e le ripetute inondazioni dovute alle piogge, con il clima che non sembra più essere mediterraneo, ma tropicale. “È un cimitero – commenta l’imprenditore Bruno Cicciarella – non è rimasto più niente, in tutta l’azienda avremo avuto un danno di un milione di euro”. I suoi terreni sono stati colpiti dalle raffiche di vento che hanno investito Pachino lo scorso 23-24 febbraio, e il racconto è andato distrutto. “Dei quattro ettari e mezzo di melone cantalupo non è rimasto niente, più le altre serre con il pomodoro che abbiamo perso. Per quest’anno abbiamo finito, se ne riparlerà l’anno prossimo, se riusciremo a sistemare e ripartire.”