di Francesco Giubileo* e Francesco Pastore
Il 12 marzo il governo e le Regioni hanno siglato un accordo per “sbloccare” il delicato tema dei navigator, ovvero dei “motivatori/tutor/coaching” che svolgeranno un ruolo fondamentale nel delicato processo di ricollocazione dei destinatari del reddito di cittadinanza.
La versione originale, pensata dal professor Mimmo Parisi, appena nominato Presidente dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (Anpal), era quella di implementare il programma Mississippi Works nel contesto italiano, utilizzando i 6000 navigator assunti da Anpal Servizi come “tampone” in attesa del potenziamento dell’organico dei Centri per l’impiego da parte delle Regioni. L’idea da un punto di vista “pratico” avrebbe generato entro un biennio una riforma strutturale delle politiche attive del lavoro. Tuttavia le critiche avanzate a Parisi sull’affidamento diretto (compresa la “fake news” del software da 100 milioni di euro) e l’impossibilità di ottenere il via libera dalle Regioni per i navigator hanno bloccato l’intero processo.
Al momento, la realizzazione della piattaforma rimane un mistero, anche perché le Regioni chiedono che possa rappresentare una “sorta” di integrazione delle varie piattaforme regionali; mentre sui navigator il governo ha fatto una vera e propria marcia indietro.
Il loro numero è stato praticamente dimezzato. Non solo: nell’accordo siglato con le Regioni la mansione svolta dei navigator è quella di “consulenza tecnica” (unica formula che ammette le collaborazione come rapporti di lavoro). Purtroppo come anche altri autori hanno segnalato, questo significa che andrà chiarito se i navigator potranno confrontarsi direttamente con i destinatari del reddito di cittadinanza oppure aiuteranno gli operatori dei CPI a svolgere questa attività.
Nel frattempo le Regioni potranno assumente dal 2021 circa 7000 persone, di cui una parte potrà essere assunta anche il prossimo anno. Ai tecnici che si occupano di politiche del lavoro non potrà passare inosservato, che l’accordo trovato tra governo e Regioni rischia di rilevarsi, soprattutto per il Centro-Sud Italia, una soluzione nettamente peggiore della versione originale, soprattutto se parte di questi “operatori” saranno assunti tramite liste di scorrimento.
A peggiorare la situazione va segnalato che la maggioranza delle Regioni italiane non ha un modello regionale di servizi pubblici per l’impiego, ma hanno ereditato la catastrofica situazione dei sistemi provinciali, un modello “colabrodo” di balcanizzazione di tali politiche, peggiorato in questi ultimi anni dalla disastrosa riforma Delrio.
Se prendiamo in considerazione la riforma regionale dei Servizi pubblici per l’impiego avvenuta in Friuli Venezia Giulia (che ha anticipato di almeno cinque anni le altre Regioni), le strutture regionali non saranno a regime prima del 2022, sia ben chiaro ci stiamo riferendo all’implementazione del modello (non alla definizione di norme o decreti).
Inoltre, è bene evidenziare (c’è stato fatto notare da Eurostat da ormai un decennio) che non esiste al momento un sistema di valutazione indipendente ed oggettivo delle nostre politiche del lavoro, molte delle quali sono “auto-celebrative”, senza togliere che molte di queste garantiscono il funzionamento delle politiche seppur in un periodo di assoluta “depauperizzazione” degli investimenti pubblici nel settore.
Tornando ai navigator presso Anpal Servizi, si stima che saranno 60mila le candidature, sosterranno una prova multidisciplinare di 100 domande. Solo il 5% dei candidati otterrà il contratto di collaborazione. Pertanto il punteggio per accedere al posto di lavoro, se ci confrontiamo con selezioni simili come i test di medicina, sarà altissimo. Indice che difficilmente si tratterà di “neo-laureati” che, spesso, conoscono bene quasi solo la loro disciplina, ma potrebbero avere difficoltà nelle altre materie del “test”; piuttosto il navigator potrebbe rientrare tra l’esercito dei consulenti di politiche del lavoro che conoscono bene tutte le tematiche trattate nei test.
Il rischio è che nei Centri per l’impiego si palesi un “alieno”, con esperienza e preparazione assai maggiore dello stesso responsabile dei CPI (persona spesso competente, ma con un indirizzo puramente di pubblica amministrazione) e potrebbe non essere autorizzato a parlare con i destinatari, compito che spetterebbe ad un dipendente dei Centri per l’impiego che ipoteticamente potrebbe non essere in grado di superare lo stesso “test” di selezione.
In merito, come già sottolineato dal precedente Presidente di Anpal, Maurizio Del Conte, al momento nel Ccnl della Pubblica amministrazione manca la figura dell’Operatore dei Centri per l’impiego. Aspetto tutt’altro che trascurabile, dato che le competenze in materia di diritto pubblico, amministrativo e civile non aiuteranno certamente il disoccupato a trovare un nuovo lavoro.
L’operatore dei centri per l’impiego, seppur competenti in materie giuridiche riguardanti le politiche del lavoro, dovrebbe avere soprattutto competenze in materia di orientamento, accompagnamento al lavoro, psicologia del lavoro, spiccate doti commerciali per le imprese, predisposizioni per l’organizzazione di eventi e discrete capacità di social media manager (competenze spesso presenti tra i loro colleghi delle Agenzie private del lavoro). In alternativa, reclutiamo degli ottimi funzionari, ma non esperti in servizi per l’impiego, il che significa che per fare lo stesso lavoro serviranno molte più persone.
A complicare la situazione c’è l’impossibilità di implementare la piattaforma del Mississippi Works e questo significa che probabilmente si realizzerà qualcosa “in-house” con tutti i problemi che questo comporta. Inoltre implementare una piattaforma, che raccolga 20 sistemi informativi regionali diversi tra loro è pura follia.
Insomma, l’accordo firmato mette ottime basi per la realizzazione di un modello che vedremo a regime in alcune Regioni tra qualche anno, ma in altre regioni tra qualche decennio o addirittura mai. Ricordiamo, inoltre, che c’è sempre la possibilità di “commissariamento” (come avviene per la Sanità) per quelle regioni che risultano inadempienti nel raggiungimento dei livelli essenziali di prestazione, ma pare una vera e propria “utopia” sperare che il Ministero del lavoro usi questa opzione, visto che non è mai stata intrapresa neppure nei confronti di alcune Regioni che in passato non hanno certo brillato per efficienza ed efficacia in materia di politiche attive del lavoro (si veda il caso della Garanzia Giovani o delle politiche del lavoro per i Cassaintegrati in Deroga).
* Le opinioni espresse non coinvolgono l’istituzione di appartenenza.