Il criminale di guerra Radovan Karadzic ha ascoltato imperturbabile la sentenza di appello con la quale i giudici del tribunale dell’Aja lo hanno condannato definitivamente all’ergastolo. La Corte delle Nazioni Unite sulla ex Jugoslavia si è pronunciata sul ricorso in appello presentato dell’ex leader politico dei serbi di Bosnia Erzegovina contro la condanna a 40 anni stabilita in primo grado. L’Aja ha confermato le accuse a Karadzic per il genocidio di Srebrenica, l’assedio e i bombardamenti su Sarajevo, i crimini e le atrocità compiute negli anni della guerra in Bosnia (1992-1995), ma ha ribadito, come nella sentenza di primo grado, che l’ex leader politico dei serbi di Bosnia non è responsabile di “genocidio” in altri sette Comuni bosniaci.
In appello erano ricorsi tanto Karadzic quanto la procura, che ha ottenuto quindi la condanna più severa, all’ergastolo, che richiedeva. Il 73enne ex leader della Republika Srpska, fuggito dopo la guerra ed arrestato nel 2008 a Belgrado, dove si nascondeva sotto il nome di Dragan Dabic praticando una medicina alternativa, è stato condannato per l’assedio di Sarajevo – bombardata e presa di mira dai cecchini negli anni delle devastazioni in Bosnia Erzegovina, tra il 1992 e il 1995 – per crimini di guerra e crimini contro l’umanità compiuti nelle aree sotto il suo controllo politico. In particolare per i fatti di Srebrenica, dove circa 8mila uomini e ragazzi bosniaci furono usccisi nell’enclave della Bosnia orientale l’11 luglio 1995, la peggiore atrocità compiuta in Europa dalla seconda guerra mondiale.
Le madri di Srebrenica, che a Potocari, il cimitero-memoriale alle porte della cittadina martire, hanno seguito il pronunciamento della sentenza dei giudici dell’Aja, hanno salutato con soddisfazione e grande emozione la condanna all’ergastolo di Karadzic: sono uscite per strada e si sono abbracciate con le lacrime agli occhi.