Corruzione, riciclaggio e appartenenza ad organizzazione criminale. Con queste accuse l’ex presidente brasiliano Michel Temer è stato arrestato a San Paolo e sarà trasferito a Rio de Janeiro, dove deve presentarsi davanti alla magistratura. L’operazione è stata condotta dalla polizia federale nell’ambito di “Lava Jato“, l’inchiesta sulla Tangentopoli brasiliana basata sui fondi neri Petrobras per la quale è stato condannato a 12 anni l’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva.
L’ordine d’arresto è stato emesso dal giudice Marcelo Bretas, del 7° Tribunale penale federale di Rio de Janeiro, sulla base di testimonianze contro di lui, tra le quali la principale è quella l’imprenditore – ed ex operativo del suo partito del Movimento democratico brasiliano – Lucio Funaro, coinvolto nel giro di mazzette. In tutto sono otto i mandati di arresto preventivo disposti dal giudice. Tra i destinatari anche l’ex ministro delle Miniere e dell’Energia, Moreira Franco.
Temer è avversario politico di Lula, e nell’agosto 2016 era diventato presidente a seguito dell’impeachment di Dilma Rousseff, l’esponente del Partito dei Lavoratori che era succeduta a Lula nel 2010 e poi era stata rieletta nel 2014. Temer ha lasciato l’incarico a gennaio a Jair Bolsonaro, l’esponente dell’estrema destra brasiliana che ha vinto le elezioni ad ottobre dopo che è stato impedito al condannato Lula – che prima dell’arresto era ampiamente in testa nei sondaggi – di parteciparvi. Temer ha sempre negato ogni accusa di corruzione ed intralcio al corso della giustizia che i magistrati gli hanno mosso già dalla fine del 2017.
Accusato da Rousseff di aver attuato un golpe contro il governo della sinistra, Temer ha guidato per due anni un governo estremamente impopolare, sia per le misure di austerity adottate, con il congelamenteo delle spese sociali, che per le accuse di corruzione. Durante la sua presidenza Temer – che ha avuto un ruolo centrale nel 2016 nell’impeachment di Rousseff della quale era il vice accusata di aver falsificato i bilanci dello Stato – riuscì grazie all’appoggio del Congresso ad evitare una simile procedura a suo carico. Ma da quando, a gennaio, ha lasciato la presidenza, e quindi la protezione legale, molti osservatori davano come imminente il suo arresto.