Portare l’informatica nelle scuole del pianeta e fare in modo che questa disciplina diventi “parte fondamentale di tutti i sistemi educativi”. Perché solo così i ragazzi potranno diventare “cittadini consapevoli di una società sempre più digitale”. Ne è convinto Hadi Partovi, fondatore e ceo della Ong statunitense Code.org, grazie alla quale negli ultimi cinque anni oltre 100 milioni di studenti nel mondo si sono avvicinati all’informatica e hanno scritto la loro prima riga di codice. “Oggi se chiedi a un adulto come funziona lo smartphone che ha in tasca, probabilmente risponderà che si tratta di una magia. Eppure la tecnologia è diventata parte integrante delle nostre vite, dobbiamo saperla usare e controllare”, spiega Partovi a Ilfattoquotidiano.it. Per questo Code.org ha lanciato l’iniziativa The Hour of Code, cioè un’ora di programmazione pensata per introdurre l’informatica ai ragazzi di tutte le età. È stata adottata in oltre 180 Paesi nel mondo, con l’Italia in testa, e Papa Francesco nelle scorse ore ha mostrato il suo supporto all’iniziativa scrivendo la sua prima riga di codice.

Il Papa programmatore per un giorno
“Il messaggio che deve passare è che la tecnologia può essere utilizzata per scopi positivi, però per farlo bisogna conoscerla a fondo. E accettare il cambiamento che stiamo vivendo senza averne paura”, dice Partovi, arrivato in Italia per partecipare a un evento in Vaticano proprio sull’importanza dell’informatica per le nuove generazioni. “Spero che la presa di posizione del Papa riuscirà a far capire a sempre più persone che questi temi non riguardano soltanto i programmatori, ma tutti i cittadini del 21esimo secolo”. Un concetto condiviso anche da Barack Obama, diventato nel 2014 il primo presidente degli Stati Uniti a scrivere una linea di codice proprio grazie a Code.org. “Il fatto che Obama abbia detto pubblicamente che l’informatica non è più una competenza opzionale, ma una competenza fondamentale come leggere, scrivere e fare calcoli è stato decisivo”, aggiunge. “Con il nostro lavoro cerchiamo di convincere sempre più Stati a credere in questa battaglia”.

La nascita e gli obiettivi di Code.org
I motivi che hanno spinto Partovi a fondare Code.org hanno radici lontane. “Ho iniziato a programmare quando avevo 9-10 anni. Io sono originario dell’Iran e un giorno mio padre tornò da un viaggio in Italia con un Commodore64”, racconta. “In quel periodo c’era la guerra, l’Iran era un posto terribile dove trascorrere l’infanzia. Il computer è diventato subito un modo per fuggire dal mondo esterno”. Poi, dopo l’arrivo negli Stati Uniti e una laurea ad Harvard, Partovi ha iniziato la sua carriera nel tech. A fine anni Novanta era a capo del team responsabile del browser Internet Explorer di Microsoft, ha creato delle start-up e investito in società come Facebook, Dropbox, airbnb, Uber, finché nel 2013 ha deciso di fondare insieme al fratello l’ente no-profit Code.org. “Volevo permettere ai giovani di accedere alle opportunità economiche che offre il mondo della tecnologia, ma soprattutto convincere le persone che si tratta ormai una conoscenza indispensabile”, spiega. “Quando vai a scuola impari il sistema digerente o come funziona l’elettricità non perché vuoi diventare un chirurgo o un elettricista, ma per capire il mondo che ti circonda. È arrivato il momento che anche la ‘Computer science’, come la chiamiamo noi negli Usa, ricopra questo ruolo”. Insegnare ai ragazzi come programmare un’app o un software per il computer, però, non basta. “Il coding è come la grammatica per l’italiano, si tratta solo di una piccola parte dell’informatica”, aggiunge Partovi. “Gli studenti devono studiare anche la cyber security, la robotica, l’uso dei social network, il machine learning, tutti aspetti che ormai fanno parte della nostra quotidianità”.

“Il coding non basta. Serve il pensiero computazionale”
Secondo il Ceo di Code.org, l’obiettivo finale dell’informatica è sviluppare il cosiddetto pensiero computazionale. “Progettare un algoritmo, imparare i linguaggi informatici o scrivere il codice di un’app permettono di combinare logica, filosofia e creatività, una forma mentis utile a prescindere dalla professione che si andrà a fare in futuro”. L’Ora del codice, però, è solo il primo passo. “Ovviamente non basta per fornire queste competenze, ma è sufficiente per far nascere nei ragazzi la scintilla dell’ispirazione. Negli anni è diventato un vero movimento globale”. I numeri sembrano confermarlo: finora sono state svolte più di 700 milioni di ore di programmazione in tutti i continenti. Negli Usa è anche grazie a Code.org se il 40 per cento delle scuole pubbliche ora prevede un corso di computer science (5 anni fa erano solo il 10 per cento). Ma non mancano i problemi: “Il 60% delle scuole americane non ha ancora un singolo corso del genere, poi c’è il tema del gender gap”, aggiunge. Nonostante il 46% di studenti che ha partecipato all’Ora del codice sia di sesso femminile, infatti, le ragazze hanno ancora scarsa fiducia in se stesse. “Molte di loro ci confessano di trovare l’informatica troppo difficile, eppure se guardiamo ai risultati sono allo stesso livello dei maschi. La colpa è degli stereotipi della società”, risponde Partovi. “Facciamo credere alle ragazze che alcuni settori siano troppo complessi per loro, ma non è così”.

Il progetto italiano “Programma il futuro”
Per raggiungere i suoi obiettivi nel mondo, Code.org si appoggia a diverse organizzazioni locali. “Noi mettiamo a disposizione i programmi di insegnamento, completamente liberi e open source, e condividiamo l’esperienza che abbiamo acquisito negli Usa”, chiarisce Partovi. “Ma non pretendiamo di imporre agli altri un modello educativo”. Per quanto riguarda i finanziamenti, in alcuni casi arrivano dalle aziende (ad esempio in Israele) o da altre Ong, mentre in Paesi come l’Argentina, il Regno Unito e il Giappone sono i governi a esporsi in prima linea. E l’Italia? “Il vostro Paese è il primo al mondo per partecipazione pro-capite degli studenti”, aggiunge. Il partner italiano di Code.org si chiama “Programma il futuro”, è stato lanciato dal Cini (Consorzio Interuniversitario nazionale per l’informatica) ed è coordinato dal professor Enrico Nardelli, docente del dipartimento di Matematica all’Università di Roma Tor Vergata. Solo nell’ultimo anno, come ha scritto lo stesso Nardelli sul suo blog sul Fattoquotidiano.it, in Italia sono stati organizzati oltre 40mila eventi legati all’informatica, coinvolgendo più di 2 milioni di studenti. “La vera sfida è convincere il governo italiano che la computer science è fondamentale”, conclude Partovi. “Solo così si potrà davvero cambiare il sistema scolastico e proiettarlo al futuro”.

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