Non solo siccità. Il report "Buone e cattive acque" di Legambiente permette di disegnare la mappa dell'inquinamento di corsi d'acqua e laghi: da Nord a Sud nessuna Regione è immune. L'Ue sollecita l'Italia a tutelare le risorse idriche. Ma ci sono anche le buone pratiche (grazie ai cittadini)
Storie di inquinamento e di malagestione, ma anche di buone pratiche. Sono le storie che ci raccontano lo stato dei fiumi e dei laghi italiani: ci sono quelle delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nelle falde tra le province di Verona, Vicenza e Padova che mette a rischio 300mila cittadini. Un inquinamento che, da poco tempo, si è scoperto essere presente anche in Piemonte, in particolare nella provincia di Alessandria. E poi c’è la Valle del fiume Sacco, nel Lazio, dove i ritardi nelle operazioni di bonifica stanno mettendo in ginocchio diversi territori. In vista della Giornata mondiale dell’acqua, Legambiente disegna una mappa dell’Italia nel report “Buone e cattive acque”, che raccoglie non solo storie di “cattive acque”, ma anche di buone pratiche, come ad esempio i progetti che diventano strumenti di governance partecipata e riqualificazione ecologica.
Anche l’agricoltura non sostenibile può creare criticità alle risorse idriche a causa, ad esempio, dell’uso indiscriminato di pesticidi, come accade in Emilia Romagna oppure a causa della concomitanza di insediamenti urbani e industriali come accade per le lagune costiere di Lesina e Varano in Puglia. “Oggi più che mai – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – è necessario un nuovo approccio gestionale sul tema dell’acqua, con piani strategici che puntano ad eliminare gli scarichi inquinanti e a ridurre i prelievi, una misura necessaria per far fronte ai cambiamenti climatici e all’emergenza siccità scattata anche in questi giorni a partire dal bacino del Po”.
I fiumi a secco, i laghi in riserva
Per circa un mese, infatti, secondo i dati del Coordinamento delle agenzie Arpa del Distretto del fiume Po, non ha piovuto nelle province bagnate dal fiume, così come accaduto a fine gennaio per altri 28 giorni. E non si tratta dell’unica emergenza. Secondo l’Anbi l’attuale fase di criticità idrica interessa l’intera area della Pianura Padana, con i suoi corsi d’acqua e i suoi laghi: quello di Como è pieno per appena il 10 per cento. Proprio nel giorno della Giornata mondiale dell’acqua, per lanciare l’allarme sul tema, soprattutto i più giovani, un sub si calerà nei fondali del lago fino alla statua del “Cristo degli Abissi”, trasmettendo in diretta video e audio in tutta Italia. “Porteremo il Lago di Como nelle case e nelle scuole d’Italia” spiega Filippo Camerlenghi, geologo e responsabile del progetto Resilario per Proteus/Lab. Che ricorda: “Il Lago di Como si sta abbassando con un ammanco di 95 milioni di metri cubi, ben il 21 per cento in meno rispetto alla media”.
L’Ue sollecita l’Italia: “Tutelare le acque interne”
Recentemente la Commissione Europea ha ribadito all’Italia la necessità di tutelare le acque interne e costiere e di dare piena attuazione alla direttiva quadro sulle Acque 2000/60, che stabilisce parametri e criteri per classificare i corpi idrici, superficiali e profondi, in “classi di qualità” per lo stato ecologico, chimico e quantitativo e ne chiede il raggiungimento o il mantenimento del buono stato ecologico entro il 2027. Obiettivo che, nonostante la scadenza posticipata rispetto al 2015, termine previsto inizialmente, resta ambizioso e soprattutto “non più rimandabile – spiega Legambiente – se si vuole evitare di mettere a repentaglio la disponibilità della risorsa idrica di buona qualità per gli ecosistemi e le persone”.
Solo il 43 per cento dei fiumi è in buono stato
In base ai monitoraggi eseguiti per la direttiva Quadro Acque, nel quinquennio 2010-2015 (secondo gli ultimi dati Ispra) solo il 43 per cento dei 7.494 fiumi è in “buono o elevato stato ecologico”, il 41 è al di sotto dell’obiettivo di qualità previsto e il 16 non è ancora classificato. Ancora più grave la situazione dei 347 laghi: solo il 20 per cento è in regola con la normativa europea mentre il 41 non è stato ancora classificato. Lo stato chimico non è buono per il 7 per cento dei fiumi e il 10 per cento dei laghi, mentre il 18 per cento corsi d’acqua e il 42 per cento dei bacini non è stato classificato. Le minacce arrivano dall’inquinamento chimico, da attività agricole non sostenibili e da quelle industriali, dalla maladepurazione, ma anche dal sovrasfruttamento delle acque a scopo idroelettrico.
Cattive acque: dal lago d’Orta alla Val Basento
I risultati? In Basilicata ad aprile 2018 l’azienda sanitaria di Matera ha emesso delle ordinanze per vietare l’uso e consumo di acqua a scopo potabile in alcuni Comuni delle costa jonica. Il motivo è legato al superamento dei valori di trialometani. Anche il lago d’Orta, in Piemonte, negli ultimi tempi è stato al centro di nuovi episodi di inquinamento, nonostante sia avviato un complesso percorso di recupero per salvare il bacino “definito in passato – ricorda Legambiente – batteriologicamente morto a causa della contaminazione da metalli pesanti e acidificazione delle acque”. E poi c’è l’inquinamento del fiume Sarno, in Campania, dovuto ai reflui civici, alle attività agricole e industriali e “delle acque che nessuno vuole – scrive Legambiente – provenienti dal canale artificiale Scolmatore Nord ovest, in provincia di Milano, costruito per mitigare il rischio idrogeologico dell’area, che nel tempo sono diventate fogne a cielo aperto”. Nel report si parla anche della cronica emergenza per contaminazione presente nella provincia di Avellino “che ancora paga l’eredità del polo industriale della concia”. E poi c’è la grave emergenza dei Siti di interesse Nazionale da bonificare nell’area della Val Basento (in Basilicata): diversi sono stati i divieti di utilizzo delle acque di falda emessi dai sindaci su indicazione dell’Asl di Matera, non solo nelle zone della valle del Basento, ma anche in aree limitrofe.
Le falde dopo il terremoto lungo l’Appennino
Il report pone l’attenzione anche alla questione della gestione delle falde acquifere dell’Appennino centrale nelle aree post sisma dove, a seguito del terremoto del 2016, si sono registrate anomalie nel regime idrologico dei corsi d’acqua. Un esempio è quello della sorgente del Torbidone, nel comune di Norcia che, scomparsa dopo il terremoto del 1979, ha ricominciato a funzionare dopo il 30 ottobre 2016 con una portata che è andata via via aumentando fino a raggiungere, all’inizio di febbraio, circa 1600 litri per secondo. “Anomalie – sottolinea Legambiente – che andranno gestite per evitare lo svuotamento della falda”.
Le buone acque (grazie ai cittadini)
Ma in Italia ci sono anche i progetti che diventano strumenti di riqualificazione ecologica come quello del sottobacino Lambro Settentrionale o come Volontari di Natura, il grande progetto nazionale di citizen science che coinvolge volontari di tutta Italia attraverso campagne di monitoraggio. E poi c’è il progetto VisPo, che coinvolge volontari under 30 in attività di pulizia e valorizzazione delle sponde del fiume Po e dei suoi affluenti nel territorio piemontese e BrianzaStream, in fase di sperimentazione, che attraverso l’utilizzo di droni dà la caccia agli scarichi inquinanti che si riversano nel fiume Seveso e nel suo affluente Certesa.