I killer lo hanno aspettato sotto casa e appena lui ha parcheggiato l’automobile lo hanno affiancato a bordo di un’auto, o in sella a una moto, e hanno fatto fuoco. Lo hanno ammazzato così, Francesco Pio Gentile, pregiudicato di Mattinata, in provincia di Foggia. Tre fucilate alle spalle per abbattere il cugino dei fratelli Romito, tra cui Mario Luciano, il boss ucciso nella strage di San Marco in Lamis nell’agosto 2017. Riesplode in un giovedì sera di fine marzo la faida del Gargano.

E accade alla periferia di Mattinata, paese di poco più di 6mila abitanti, dove dagli inizi degli Anni Duemila si contano diversi fatti di sangue e 6 casi di lupara bianca. Una quantità di omicidi, tentati omicidi e persone scomparse che – nella relazione con la quale lo scorso anno chiese (e ottenne) lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose – il prefetto di Foggia, Massimo Mariani, definì “ancora più impressionante se rapportata alla popolazione”.

In quelle carte nelle quali si raccontavano “concreti, univoci e rilevanti elementi” sui collegamenti “diretti e indiretti” degli amministratori con la criminalità organizzata, era citato per diversi episodi proprio Gentile, 50 anni, ucciso a colpi di calibro 12 nell’ennesimo agguato nei confronti di un elemento di spicco del clan Romito, a capo dell’area di Mattinata che è una delle zone controllate dall’organizzazione criminale. Ed è ritenuto uno dei punti strategici per il traffico di stupefacenti con l’Albania che – secondo gli inquirenti – è una delle principali cause della mattanza in corso da anni.

Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto, l’uomo giovedì sera aveva parcheggiato l’auto sotto la sua abitazione. Aveva percorso pochi metri a piedi quando – spiegano gli investigatori – i sicari lo hanno affiancato e hanno sparato tre fucilate, una delle quali lo ha colpito mortalmente alla schiena. Sorvegliato speciale fino allo scorso anno, Gentile era ritenuto dagli inquirenti elemento di spicco del clan Romito, che opera a Manfredonia ed è da sempre in lotta con i rivali Li Bergolis. Ed è proprio nella storica rivalità tra le due famiglie che si stanno muovendo le indagini dei carabinieri, guidati dal comandante provinciale Marco Aquilio, coordinate dal pubblico ministero Ettore Cardinali della procura antimafia di Bari.

Un volto noto, insomma. Nella relazione del prefetto – svelata da Ilfattoquotidiano.it e dal sito Immediato.netil prefetto citava Gentile in relazione a un “caso emblematico” di infiltrazione, legato alla costruzione di un impianto sportivo. Nel gennaio 2014, l’affidamento viene dato ad una società il cui socio e amministratore unico, nonché il responsabile tecnico, scrisse il prefetto, sono “fratello e nipote” del “noto capoclan” Francesco Pio Gentile, a sua volta nipote del “capostipite” del clan Romito.

E “singolarmente”, accertò la commissione d’accesso insediatasi a Palazzo di città, nel contratto il Comune aveva “innalzato la durata della concessione da 30 a 40 anni, senza alcuna motivazione” e “in contrasto” con il codice degli appalti. E per di più la data entro la quale l’impianto doveva essere costruito “non è stata rispettata” e “nonostante i lavori non siano terminati né quindi consegnati” è stato accertato come l’impianto sia già “in funzione” dall’estate del 2017 “si giochino partite di calcetto” tra privati, che pagano l’affitto del campo.

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