di Giovanni Papa
La triste vicenda del Presidente del Consiglio del Comune di Roma Marcello De Vito in quota 5 Stelle, arrestato per presunte tangenti sulla vicenda dello stadio della Roma, ci catapulta per l’ennesima volta in una realtà che dai primi scandali di Mani Pulite non è mai scomparsa. Una realtà che si è trasformata, ha cambiato forma e sembianze, utilizzando “veicoli” diversi e metodi di contatto più accurati. Una realtà che cambia interlocutori con sapienza, riuscendo evidentemente a individuare sempre i soggetti più “malleabili” in qualsiasi catena decisionale che sia di particolare interesse economico.
Per il corruttore seriale, professionista nel mondo delle mazzette, è evidentemente solo questione di tempo. Soggetti, questi, che non mettono mai in dubbio “se” qualcuno cadrà, ma piuttosto “quando” qualcuno cadrà. Nessuno si può sentire al sicuro anche laddove mosso dalle migliori intenzioni. Troppo estesa la platea degli eletti da controllare per periodi prolungati, anche laddove questa sia fatta da soli incensurati.
Quindi nulla di nuovo? A prescindere da come andrà a finire il caso del giorno, che spetterà alla magistratura giudicare, questa vicenda poteva essere derubricata come l’ennesimo squallido atto di corruzione, se non fosse che proprio in queste ore sta accadendo qualcosa di straordinario. Come una “congiunzione astrale” (dal nome dell’operazione condotta dal nucleo dei Carabinieri), il solo fatto che sia pesantemente coinvolto un esponente di primo piano del M5S, forza parlamentare che da sempre ha fatto del suo vanto l’onestà, sta sollevando un’unanimità e una compattezza che non si vedevano dai tempi dello scandalo “madre” del Pio Albergo Trivulzio.
Partiti di qualsiasi colore, mezzi di informazione di qualsiasi collocazione e opinione pubblica comunque schierata stanno convergendo su un’unica interessantissima posizione. Tutti finalmente unanimi e concordi nel condannare ciò che è rappresentato da quella pericolosa deriva fatta di distrazione del denaro pubblico che è la corruzione, ovvero uno stramaledetto fenomeno che, secondo studi di settore indipendenti, porta via dalle tasche degli italiani da un minimo di 60 miliardi di euro all’anno (il valore di tre finanziarie) a un massimo indefinito, di cui non si potrà mai essere certi in quanto incassati a scopo di lucro da malfattori anche seriali.
Tutti unanimi e concordi. E allora quale miglior momento per quei partiti che dopo tanto tempo si sono ritrovati con una voce unica per sottoscrivere all’unisono e in modo inequivocabile un codice etico interno, unico per tutti? Bandire dalle proprie liste qualsiasi individuo si sia macchiato di un qualsiasi reato, o espellere a tempo zero (così come ha fatto il M5S in questa vicenda) dalla propria forza politica chiunque sia stato arrestato in flagranza di reato, allontanandolo anche da responsabilità e collaborazioni fittizie: a giudicare dalle dichiarazioni sembrerebbero conclusioni ormai mature anche per chi fino ad oggi aveva mostrato una certa resistenza.
Il giudice Piercamillo Davigo tempo fa dichiarava che “un passo importante sarebbe quello di cominciare a considerare il reato di corruzione alla stregua del crimine organizzato” e anche lì si dovrà arrivare. Leggi come la “Spazzacorrotti”, mai come oggi così giustificate, sebbene possano costituire un concreto deterrente hanno la capacità di mitigare, ma non quella di debellare completamente un fenomeno così radicato.
Sta quindi a tutti i partiti che hanno in mano la gestione delle amministrazioni pubbliche tenere alta l’attenzione sui propri eletti. La controfirma unanime di un codice di integrità, che punisca senza se e senza ma atteggiamenti non etici, ora più che mai rappresenterebbe un segnale di grande volontà. Basterebbe veramente poco. Un altro piccolo passo oltre a quello delle sole parole. Tutti unanimi e concordi. Una “congiunzione astrale” da non perdere.
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