Un tratto di penna, o il tasto cancella, e le canzoni di Michael Jackson non sono più in radio. L’ultimo radicale capitolo di damnatio memoriae verso il mondo dell’arte sembra aver colpito una delle popstar più adorate al mondo. Complice il documentario Leaving Neverland e la scure di un arrabattato oblio è calata. Disegnando un inedito scenario futuro fatto di opere d’arte improvvisamente all’indice per presunte colpevolezze private dell’artista ancora non passate in giudicato. Oltretutto nell’era del web dove la moltiplicazione di tracce sembra non avere limiti.
“È un gesto radicale e discutibile che colpisce una specie di memoria virtuale ma non quella della gente, ovvero una memoria privata”, spiega al FQMagazine Domenico Secondulfo, già professore di sociologia dei consumi dell’Università di Verona. “In questo momento in milioni di case del mondo ci sono milioni di dischi, dvd, vhs, file con tracce di brani e filmati di artisti finiti nella bufera. E lì rimarranno per parecchio tempo. Il tentativo di modificare il passato per modificare le idee di oggi è un’operazione storicamente e culturalmente ridicola”. “Badate bene, non sono i fan che insorgono. Questa è la reazione da parte di strutture che hanno paura della percezione che si avrebbe di loro se non compissero quel gesto. La definirei un’operazione politically correct verso gli influencer dettata dalla paura di vedere intaccata la propria reputazione”, afferma Roberto Grandi, già professore ordinario di Sociologia della Comunicazione all’Università di Bologna. “Dietro non c’è un grande ragionamento. I manager odierni compiono azioni che gli permettono solo di subire meno rischi, e non quelle più giuste o dietro le quali c’è un pensiero critico o filosofico”.
Le tracce di persone considerate indegne che vengono cancellate da spazi di esposizione pubblica è una pratica che ha origine durante l’età imperiale della Roma antica, e che si è ripetuta di fronte ai simboli delle grandi dittature del Novecento, ma raramente ha colpito il mondo dell’arte e dello spettacolo. L’accelerazione è avvenuta durante l’ondata di protesta #Metoo con l’attore Kevin Spacey cancellato da un film che aveva già interpretato (Tutti i soldi del mondo), arrivando fino ad oggi con la più clamorosa volontaria cancellazione dell’episodio dei Simpsons in cui appare come doppiatore Michael Jackson. “Nei tempi oscuri era la Chiesa che dovendo difendersi eliminava libri contrari alla sua morale, li bruciava o faceva in modo che non venissero riprodotti dai calligrafi – spiega Grandi – a questo punto ai giorni nostri, proprio nell’era della riproducibilità avremo qualcuno che scrive o scriverà un Nome della Rosa su alcuni episodi che sono stati cancellati, ma che da qualche parte sono stati conservati”.
“Anche valutare l’omicidio compiuto da Caravaggio nella sua epoca, con i criteri comportamentali contemporanei, lo trovo comunque fuori luogo – aggiunge Secondulfo – il paradosso è che dopo tutte le giuste battaglie degli ultimi mesi oggi ci si ritrovi di nuovo in un periodo di caccia alle streghe non va di certo a vantaggio di chi subisce realmente violenze o molestie. Michael Jackson è stato attaccato decine di volte, quando era in vita e dopo la morte, ma non c’è mai stata una sentenza di colpevolezza contro di lui”. “Con la storicizzazione, il recupero storico dell’artista e della sua arte avverrà in automatico – conclude Grandi – rispetto a un tempo quando erano possibili operazioni così perché i contenuti veicolati dai media erano pochi, oggi i contenuti sono in qualsiasi intercapedine ed eliminare tracce artistiche, come se il rapporto tra chi produce arte e chi la fa vedere o ascoltare, non ci fosse stato, è pura propaganda”.