L’inquinamento da Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) nel sottosuolo e nelle falde d’acqua di tre province venete avrebbe potuto essere scoperto con dieci anni di anticipo. Invece, ritardi negli accertamenti hanno impedito interventi tempestivi a tutela della salute pubblica, condannando la popolazione di vaste aree del Vicentino, del Padovano e del Veronese, a subire i danni causati dall’ingestione dei terribili composti chimici, di origine industriale. È un vero atto d’accusa quello che è stato diffuso da Greenpeace: una denuncia riguardante autorità locali ed enti di controllo ambientali regionali che potrebbero aver avuto un ruolo chiave nel ritardare la bonifica e le indagini relative alla Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza. Si tratta di un inquinamento grave, su cui è stato acceso un faro solo negli ultimi anni e che ha accertato la contaminazione di migliaia di cittadini, mentre la popolazione interessata è superiore alle trecentomila unità.
Il dossier diffuso da Greenpeace è la sintesi dell’annotazione di polizia giudiziaria redatta dal Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale Nucleo Operativo Ecologico (Noe) di Treviso, a conclusione delle indagini della Procura di Vicenza. È infatti imminente la richiesta di rinvio a giudizio per i dirigenti Miteni. “L’annotazione del Noe pone seri interrogativi sull’operato della Provincia di Vicenza che, in base agli esiti del progetto Giada, condotto tra il 2003 e 2009, avrebbe dovuto richiedere verifiche approfondite proprio sullo stabilimento di Miteni” scrive Greenpeace. “Quei dati evidenziavano notevoli incrementi di concentrazione di Btf (Benzotrifluoruri) nelle falde acquifere tra Trissino e Montecchio Maggiore ma, secondo il Noe, non sarebbero mai stati nemmeno formalmente inoltrati all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto (Arpav)”. Secondo i carabinieri, inoltre, l’agenzia regionale avrebbe potuto far emergere l’inquinamento già nel 2006, quando alcuni tecnici fecero un sopralluogo presso la barriera idraulica istallata nel sito di Miteni.
“Quanto emerge è gravissimo, ma non ci risultano ulteriori filoni di indagine aperti dalla Procura di Vicenza a carico degli enti pubblici coinvolti – dichiara Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia -. Ci auguriamo che la Procura agisca in fretta per definire un quadro chiaro ed esaustivo delle responsabilità e dei responsabili”. Un chiaro inviato ad alzare il livello dell’inchiesta dai responsabili materiali, ai controlli mancati. I carabinieri denunciano nero su bianco la “volontà dei tecnici Arpav di non voler far emergere tale situazione” di inquinamento. Greenpeace si chiede, inoltre, perché la Procura abbia fissato al 2013 il termine ultimo dell’inquinamento, mentre i vertici di Miteni, Igic e Mitsubishi Corporation potrebbero aver causato almeno fino al 2016, ma anche oltre. “In questo modo è inapplicabile la normativa sui cosiddetti Ecoreati, entrata in vigore dopo il 2013, che, se applicata, renderebbe minimo, almeno per alcuni degli imputati, il rischio della prescrizione” commenta Ungherese.
Dai documenti del Noe emerge che il “Progetto Giada”, finanziato da fondi comunitari e coordinato dall’Ufficio Ambiente della Provincia di Vicenza, aveva fatto emergere (2003-2009) la contaminazione da Benzotrifluoruri, “intermedi di sintesi o sottoprodotti derivanti dall’attività dell’azienda Miteni”, che già nel 1977 era stata al centro di una grave contaminazione. A quell’epoca le autorità erano addirittura intervenute sulla rete idrica per salvaguardare l’idropotabilità per la città di Vicenza e zone limitrofe. Nel 2010 una tesi di dottorato in Scienze Ambientali, finanziata dall’Arpav e redatta da Lorenzo Lava si era occupata del’argomento. Scrivono i carabinieri: “Si ritiene che la Provincia di Vicenza, oltre a non condividere il documento (documento conclusivo del Progetto GIADA, pubblicato nel 2011, ndr) con gli altri enti, avrebbe dovuto richiedere espressamente ad Arpav una verifica approfondita dello stabilimento Miteni. Se ciò fosse avvenuto, Arpav avrebbe notato immediatamente la presenza della barriera idraulica, la quale era stata istallata nel 2005 proprio al fine di tentare di bloccare l’inquinamento della falda da Btf”. E ancora: “Arpav, nonostante fosse a conoscenza degli esiti del Progetto Giada, inspiegabilmente non ha immediatamente avviato una verifica approfondita e mirata dello stabilimento Miteni”.
Secondo il Noe, Arpav sapeva dell’esistenza della barriera dal gennaio 2006 e se avesse segnalato la circostanza ed effettuato le verifiche “la bonifica sarebbe potuta partire già da quella data”. A confermare la circostanza c’è un testimone, il dottor Sacchetti, tecnico della società di consulenza ambientale (Erm) che aveva realizzato nel 2005 la barriera per Miteni. “Ho incontrato, probabilmente presso la Miteni, l’ingegner Vincenzo Restaino dell’Arpav… ricordo che il predetto era a conoscenza del problema di contaminazione prodotto dalla Miteni”. Greenpeace spiega che l’ingegner Restaino è ora direttore del Dipartimento provinciale di Rovigo dell’Arpav, che fino al settembre 2014 lo era stato a Vicenza. Inoltre, “affronta con delega di coordinamento regionale le problematiche legate alla contaminazione nelle province di Vicenza Verona e Padova di sostanze Pfas”. Greenpeace attacca: “Restaino, stando a quanto evidenziato dal Noe, era da tempo a conoscenza della grave contaminazione prodotta da Miteni”. E si chiede a chi ne avesse riferito in ambito regionale e se ora sia stata aperta un’inchiesta interna per verificare eventuali omissioni. Greenpeace conclude: “Appare invero sorprendente che nel procedimento penale in corso a Vicenza la posizione dei tecnici Arpav e di altri funzionari pubblici eventualmente coinvolti non rientrino nel filone di indagine. È auspicabile che la Procura di Vicenza abbia anche un’altra inchiesta aperta”. Contattato al fattoquotidiano.it Restaino dice che si tratta di fatti risalenti al 2005 e 2006 e che non intende rilasciare dichiarazione se non dopo aver sentito il suo avvocato.
Ambiente & Veleni
Pfas, “l’inquinamento in Veneto poteva essere scoperto con 10 anni di anticipo”
È un vero atto d'accusa quello di Greenpeace che richiama l'annotazione del Noe di Treviso, a conclusione delle indagini della Procura di Vicenza, in cui si segnalavano alcune anomali nell'operato degli enti pubblici come Provincia di Vicenza e Arpav
L’inquinamento da Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) nel sottosuolo e nelle falde d’acqua di tre province venete avrebbe potuto essere scoperto con dieci anni di anticipo. Invece, ritardi negli accertamenti hanno impedito interventi tempestivi a tutela della salute pubblica, condannando la popolazione di vaste aree del Vicentino, del Padovano e del Veronese, a subire i danni causati dall’ingestione dei terribili composti chimici, di origine industriale. È un vero atto d’accusa quello che è stato diffuso da Greenpeace: una denuncia riguardante autorità locali ed enti di controllo ambientali regionali che potrebbero aver avuto un ruolo chiave nel ritardare la bonifica e le indagini relative alla Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza. Si tratta di un inquinamento grave, su cui è stato acceso un faro solo negli ultimi anni e che ha accertato la contaminazione di migliaia di cittadini, mentre la popolazione interessata è superiore alle trecentomila unità.
Il dossier diffuso da Greenpeace è la sintesi dell’annotazione di polizia giudiziaria redatta dal Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale Nucleo Operativo Ecologico (Noe) di Treviso, a conclusione delle indagini della Procura di Vicenza. È infatti imminente la richiesta di rinvio a giudizio per i dirigenti Miteni. “L’annotazione del Noe pone seri interrogativi sull’operato della Provincia di Vicenza che, in base agli esiti del progetto Giada, condotto tra il 2003 e 2009, avrebbe dovuto richiedere verifiche approfondite proprio sullo stabilimento di Miteni” scrive Greenpeace. “Quei dati evidenziavano notevoli incrementi di concentrazione di Btf (Benzotrifluoruri) nelle falde acquifere tra Trissino e Montecchio Maggiore ma, secondo il Noe, non sarebbero mai stati nemmeno formalmente inoltrati all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto (Arpav)”. Secondo i carabinieri, inoltre, l’agenzia regionale avrebbe potuto far emergere l’inquinamento già nel 2006, quando alcuni tecnici fecero un sopralluogo presso la barriera idraulica istallata nel sito di Miteni.
“Quanto emerge è gravissimo, ma non ci risultano ulteriori filoni di indagine aperti dalla Procura di Vicenza a carico degli enti pubblici coinvolti – dichiara Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia -. Ci auguriamo che la Procura agisca in fretta per definire un quadro chiaro ed esaustivo delle responsabilità e dei responsabili”. Un chiaro inviato ad alzare il livello dell’inchiesta dai responsabili materiali, ai controlli mancati. I carabinieri denunciano nero su bianco la “volontà dei tecnici Arpav di non voler far emergere tale situazione” di inquinamento. Greenpeace si chiede, inoltre, perché la Procura abbia fissato al 2013 il termine ultimo dell’inquinamento, mentre i vertici di Miteni, Igic e Mitsubishi Corporation potrebbero aver causato almeno fino al 2016, ma anche oltre. “In questo modo è inapplicabile la normativa sui cosiddetti Ecoreati, entrata in vigore dopo il 2013, che, se applicata, renderebbe minimo, almeno per alcuni degli imputati, il rischio della prescrizione” commenta Ungherese.
Dai documenti del Noe emerge che il “Progetto Giada”, finanziato da fondi comunitari e coordinato dall’Ufficio Ambiente della Provincia di Vicenza, aveva fatto emergere (2003-2009) la contaminazione da Benzotrifluoruri, “intermedi di sintesi o sottoprodotti derivanti dall’attività dell’azienda Miteni”, che già nel 1977 era stata al centro di una grave contaminazione. A quell’epoca le autorità erano addirittura intervenute sulla rete idrica per salvaguardare l’idropotabilità per la città di Vicenza e zone limitrofe. Nel 2010 una tesi di dottorato in Scienze Ambientali, finanziata dall’Arpav e redatta da Lorenzo Lava si era occupata del’argomento. Scrivono i carabinieri: “Si ritiene che la Provincia di Vicenza, oltre a non condividere il documento (documento conclusivo del Progetto GIADA, pubblicato nel 2011, ndr) con gli altri enti, avrebbe dovuto richiedere espressamente ad Arpav una verifica approfondita dello stabilimento Miteni. Se ciò fosse avvenuto, Arpav avrebbe notato immediatamente la presenza della barriera idraulica, la quale era stata istallata nel 2005 proprio al fine di tentare di bloccare l’inquinamento della falda da Btf”. E ancora: “Arpav, nonostante fosse a conoscenza degli esiti del Progetto Giada, inspiegabilmente non ha immediatamente avviato una verifica approfondita e mirata dello stabilimento Miteni”.
Secondo il Noe, Arpav sapeva dell’esistenza della barriera dal gennaio 2006 e se avesse segnalato la circostanza ed effettuato le verifiche “la bonifica sarebbe potuta partire già da quella data”. A confermare la circostanza c’è un testimone, il dottor Sacchetti, tecnico della società di consulenza ambientale (Erm) che aveva realizzato nel 2005 la barriera per Miteni. “Ho incontrato, probabilmente presso la Miteni, l’ingegner Vincenzo Restaino dell’Arpav… ricordo che il predetto era a conoscenza del problema di contaminazione prodotto dalla Miteni”. Greenpeace spiega che l’ingegner Restaino è ora direttore del Dipartimento provinciale di Rovigo dell’Arpav, che fino al settembre 2014 lo era stato a Vicenza. Inoltre, “affronta con delega di coordinamento regionale le problematiche legate alla contaminazione nelle province di Vicenza Verona e Padova di sostanze Pfas”. Greenpeace attacca: “Restaino, stando a quanto evidenziato dal Noe, era da tempo a conoscenza della grave contaminazione prodotta da Miteni”. E si chiede a chi ne avesse riferito in ambito regionale e se ora sia stata aperta un’inchiesta interna per verificare eventuali omissioni. Greenpeace conclude: “Appare invero sorprendente che nel procedimento penale in corso a Vicenza la posizione dei tecnici Arpav e di altri funzionari pubblici eventualmente coinvolti non rientrino nel filone di indagine. È auspicabile che la Procura di Vicenza abbia anche un’altra inchiesta aperta”. Contattato al fattoquotidiano.it Restaino dice che si tratta di fatti risalenti al 2005 e 2006 e che non intende rilasciare dichiarazione se non dopo aver sentito il suo avvocato.
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Addio a Pizzul, voce storica delle telecronache della Nazionale. Da “tutto molto bello” a Italia 90, ha rivoluzionato il racconto in tv del calcio
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Milano e le inchieste sull’urbanistica: il primo arresto. Ai domiciliari ex dirigente: ‘Corruzione e depistaggio’. Domani in Senato l’esame della legge voluta da Sala
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Trump: “Apprezzo il messaggio di Zelensky in favore della pace, segnali anche dalla Russia”. E insiste: “Prenderemo pure la Groenlandia”
Tokyo, 5 mar. (Adnkronos) - Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sta incontrando il Primo ministro giapponese, Shigeru Ishiba, nel palazzo Kantei, per quello che è l'appuntamento con la valenza più politica della Visita ufficiale che il Capo dello Stato sta effettuando nel Paese del Sol levante e che si protrarrà fino a sabato prossimo.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - “Addio a Bruno Pizzul. La sua voce inconfondibile ci ha accompagnato per decenni nelle notti del calcio. Da quelle ‘magiche’ della nazionale azzurra ai mondiali del ’90, a quella ‘tragica’ dell’Heysel. Professionale, coinvolgente, pacato. Ci lascia un gigante del giornalismo sportivo e della Rai. Condoglianze alla famiglia”. Così la senatrice di Italia viva Daniela Sbrollini, responsabile sport del partito.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - La politica trumpiana sui dazi "non ci ha indotto a modificare la nostra strategia. Allo stato attuale, stante la geografia dei dazi, l’impatto sul nostro business è zero’. Così Alessandro Bernini, Ceo di Maire, rispondendo alle domande dei giornalisti in occasione del Capital Market Day 2025, con il quale il Gruppo ha presentato i risultati del 2024 e gli obiettivi per il prossimo futuro alla business community nazionale ed internazionale riunita nell’head quarter milanese dell’azienda.
“Per quello che ci serve in Italia e in Europa - aggiunge - abbiamo una supply chain domestica, con la nostra vendor list italiana che valorizza l’economia del nostro Paese, per quanto ci è possibile”.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - “Si è spenta per sempre la voce di Bruno Pizzul che ha accompagnato per tanti anni le nostre domeniche di calcio. Con il suo stile inconfondibile di vero professionista del servizio pubblico. Prima Niccolò Carosio poi Nando Martellini e infine Bruno Pizzul. Icone del giornalismo sportivo della Rai e non solo". Lo afferma l'europarlamentare del Pd Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del partito.
"Bruno Pizzul -aggiunge- è stato un tifoso della Nazionale, sì, ma mai partigiano. Raccontava il calcio con misura, con un codice di sobrietà e senza cercare di essere protagonista. Niente eccessi, nessuna sciatteria linguistica, solo competenza e passione. Un esempio di giornalismo sportivo che oggi sembra lontano. Che la terra gli sia lieve”.
Milano, 5 mar. (Adnkronos) - Assimpredil-Ance Milano e la società immobiliare Abitare In risultano indagate in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti nell'inchiesta milanese sull'urbanistica che ha portato ai domiciliari l'architetto Giovanni Oggioni, in qualità di vice presidente della commissione per il Paesaggio di Palazzo Marino.
In particolare, secondo quanto emerge nell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari Mattia Fiorentini, alla società immobiliare viene contestato di "non aver rilevato l'evidente conflitto di interessi tra Oggioni dirigente del Sue di Milano e poi vice presidente delle commissione per il Paesaggio e la figlia (non indagata, ndr) remunerata (circa 124mila euro) quale stabile collaboratrice dell'impresa" dal 2020 a oggi.
Per Assimpredil-Ance Milano, invece, la contestazione riguarda il "non aver rilevato - si legge nel provvedimento - l'evidente conflitto di interessi di Oggioni incaricato di un contratto di consulenza pluriennale del valore di 178.000 euro" (quasi 179mila secondo la cifra indicata nel sequestro preventivo), dal novembre 2021 e ancora in essere. La procura di Milano ha chiesto il sequestro preventivo di circa 300 mila euro come profitto del reato contestato all'architetto arrestato.
Milano, 5 mar. (Adnkronos) - Giovanni Oggioni, l'architetto ed ex dirigente del Comune di Milano finito ai domiciliari per corruzione, falso e depistaggio in un'inchiesta sull'urbanistica, ha usato il suo ruolo di vice presidente della Commissione per il paesaggio di Palazzo Marino, come "cerniera occulta tra l'amministrazione e gli interessi dei privati". Lo sostiene il giudice per le indagini preliminari Mattia Fiorentini che ha respinto la richiesta del carcere avanzata dai pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici. Ne è prova, ad esempio, "l'aver brigato per pilotare le candidature e le nomine dei componenti della commissione per il paesaggio da rinnovare".
Le indagini "hanno disvelato l'esistenza di un consolidato sistema di corruttela commistione tra interessi pubblici e privati, incentrato - tra gli altri - sulla figura di Giovanni Oggioni e la Commissione Paesaggio. In pratica, grazie alla presenza di Oggioni all'interno dell'organismo (interamente composto da professionisti operanti sul territorio di Milano), importanti costruttori privati potevano ottenere informazioni, anticipazioni e un occhio di riguardo per le pratiche di interesse" scrive il giudice nell'ordinanza di custodia cautelare. "Tutto ciò era accompagnato da un disinvolto rilascio di titoli edilizi illegittimi, preceduto da mistificazioni e omissioni disseminate in maniera strumentale, nonché da un sistematico aggiramento delle norme morfologiche di settore e delle procedure previste dalla legge per garantire il vaglio da parte della Giunta regionale" si legge nel provvedimento.
Il canale del convenzionamento privato, la manipolazione terminologica, l'istituzione della Commissione Paesaggio e il conferimento a quest'ultima di poteri discrezionali- non previsti dalla normativa primaria e secondaria - hanno stravolto i termini della pianificazione urbanistica meneghina, concentrandola in capo a un ristretto gruppo di potere, assai permeabile alle pressioni delle lobbies costruttrici". Per quanto riguarda Oggioni "il sistema corruttivo è rodato, remunerativo, e da difendere a oltranza". L'architetto "ha premuto affinché, in occasione del rinnovo della Commissione Paesaggio (insediata il 7 gennaio 2025), venisse data continuità alla linea seguita dalla composizione precedente, ottenendo, nei fatti, che diversi membri (4 su 15, quasi un terzo) venissero riconfermati. Oltre a ciò, si è visto come Oggioni avesse orientato tutte le nomine, attingendo a un bacino di soggetti graditi e in modo tale da estromettere, o comunque arginare, candidature scomode".
Firenze, 4 feb. - Adnkronos) - "Speriamo di mettere l'Italia al primo posto per la ricerca farmaceutica e non solo per la produzione". Lo ha detto Elcin Barker Ergun, Ceo di Menarini, nel corso della conferenza stampa di presentazione dei dati 2024 del Gruppo Menarini a Firenze. "Nel 2025 - ha aggiunto Barker Ergun - non ci saranno grandi cambiamenti nel Gruppo Menarini ma ci aspettiamo che continui la crescita in volume e in valore. Stiamo infatti allargando le approvazioni dei farmaci in molti Paesi".
"Le aziende che non useranno l'intelligenza artificiale non saranno competitive nel futuro. Grazie all'intelligenza artificiale - ha aggiunto - possiamo aumentare l'efficienza operativa e così accelerare tutti i processi, dalla ricerca ai trial per arrivare all'approvazione di un farmaco in tempi più rapidi".