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Topolino vs Zingaretti & Co. Tito Faraci: “La sinistra ha spesso snobbato il divertimento in sé”

Tito Faraci, una colonna di Topolino e autore di decine di fumetti pubblicati in tutto il mondo, spiega al FQMagazine: .“Capita di continuo che Topolino venga usato senza nessuna ragione o cognizione di causa come definizione di lettura per persone poco colte... Io sono un uomo di sinistra e scherzando con un collega dicevo: sempre fuoco amico che è poi sempre il peggiore, quello che fa più male!"

di Davide Turrini

Topolino? È una lettura per minus habens. Parola di Nicola Zingaretti, Massimo Cacciari e Carlo Calenda. “La flat tax è una teoria da Paperon de Paperoni”, ha declamato in radio il neo segretario PD. “Se la gente avesse letto più libri oltre a Topolino”, ha sospirato il filosofo in diretta tv rispondendo a Maurizio Belpietro. “Tra le montagne di libri (per essere più colti ndr) includi anche Topolino?”, ha twittato con sarcasmo l’ex ministro dello sviluppo economico del governo Renzi rivolgendosi a Gasparri. Tutto nel giro di 24 ore. Roba che ha fatto parecchio arrabbiare chi i fumetti di Topolino li fa vivere con classe, serietà e parecchia ironia da decenni. “Capita di continuo che Topolino venga usato senza nessuna ragione o cognizione di causa come definizione di lettura per persone poco colte, o per bambini, considerandoli come fossero stupidi”, spiega al FQMagazine, Tito Faraci, una colonna di Topolino e autore di decine di fumetti pubblicati in tutto il mondo.

La voce degli autori italiani di Topolino si è fatta sentire compatta e sdegnata…
“Non direi di sdegno, che è anche sentimento un po’ di merda (ride ndr). Siamo semplicemente un po’ preoccupati. Quello che è accaduto sottolinea la distanza che c’è tra gli uomini politici e la cultura di massa, in senso nobile. Topolino rappresenta da decenni una parte importante e grossa della cultura e della lingua italiana. Basta prendere un numero qualunque, in edicola o vecchio, aprirlo a caso, e sfido chiunque a trovare anche solo un refuso”.

Su Topolino si imparavano parecchi vocaboli sconosciuti.
“Un tempo i bimbi andavano a chiedere ai genitori cosa volessero dire certe parole che leggevano nel fumetto. Adesso si può googolare, ma va bene lo stesso. C’è sempre tanta ironia nel mescolare parole da linguaggio alto con espressioni d’uso comune. Topolino è un grande pezzo della cultura popolare italiana che però ora sembra uscito, oppure non ci è mai entrato, dalla percezione degli uomini politici. Non è sdegno come un nerd: non mi toccate topolino punto. C’è ironia. Topolino ha insegnato ad usarla come chiave di lettura del mondo”.

Faccio l’avvocato del diavolo: i tre esempi provengono tutti da uomini del Partito Democratico…
Io sono un uomo di sinistra e scherzando con un collega dicevo: sempre fuoco amico. Che è poi sempre il peggiore, quello che fa più male! Chi appartiene ad una cultura di sinistra, a prescindere dal punto del quadrante in cui si trova, pensa sempre di appartenere ad un tipo di orientamento politico che arriva dal popolo e attraverso il popolo è vicino alla gente. Invece quando incontra questa distanza spocchiosa si sente tradito. Topolino è una lettura popolare, interclassista, si prende gioco del sistema. Per fare un esempio, Paperon de’ Paperoni nasce come versione sarcastica delle contraddizioni del capitalismo. Siamo dalle parti di una tradizione progressista del fumetto disneyano”.

Siamo anche dalle parti del grande dramma politico del momento in Italia: lo scollamento tra elite e popolo…
“Mi duole dirlo, ma nelle radici tra fumetto e cultura italiana di sinistra esistono sì momenti di grande comprensione (Umberto Eco, Linus, l’epoca de Il Male), ma anche una tradizione di stigmatizzazione e incomprensione. Gianni Rodari detestava il fumetto, lo definitiva letteratura per incolti. Nilde Iotti ne era infastidita. C’è poi tutta una forte tradizione di una sinistra che ha disdegnato il divertimento in sé. Una tradizione, verrebbe da dire, bacchettona, attaccata ad una visione serissima delle cose. È una percezione tipicamente italiana: quando qualcosa diverte è stupida, frivola, distrae da obiettivi superiori. Invece spesso nello svago si guardano le cose del mondo con occhi diversi e l’ironia ti aiuta a percepire le sue storture. Siamo alla base del sentimento esploso in queste ore: se ti diverti non stai facendo sul serio. Io sono una persona serissima e scrivo cose divertenti, chiaro? (ride ndr)”

Sarà mica che ancora si traduce Topolino con “americanata”?
“Molto probabile. Eppure il fumetto disneyano italiano è un fenomeno locale che ha avuto diffusione nel mondo. Apro una parentesi importante: la maggior parte dei fumetti pubblicati e letti nel mondo Disney sono fatti in Italia e nascono su Topolino. Parliamo di più del 75%. Io stesso ho pubblicato in 22 paesi del mondo. In realtà molti fumetti Disney nascono qui e vanno altrove. La scuola di fumettisti disneyani è iniziata mezzo secolo fa, ha le sue radici in Italia e non l’abbiamo importata da là”.

Ma negli Stati Uniti, patria della Disney, ma anche della Marvel e DcComics, se la passano meglio?
“Ne parlavo con colleghi americani e malgrado tutto quello che è successo negli ultimi anni a livello di cultura di massa, anche in America c’è ancora difficoltà a fare percepire il fumetto come qualcosa che non legge solo il tizio con il cappellino baseball in testa, mentre guarda la partita in tv con di fianco quattro scatole della pizza”.

Nel mondo di Topolino comunque un po’ di politica viene raccontata…
“Altroché. Nel mondo di Paperopoli abbiamo pubblicato storie su elezioni e tasse. Fa parte della tradizione. Dei brutti vizi della politica se ne parla spesso. L’importante è non far mai capire da che parte sta il politico. È una storia classica, di origine americana tra l’altro: Topolino giornalista che sventa un complotto di corruzione e malaffare”.

 

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