Al momento della tragedia i due ragazzini erano a casa da soli con il padre, operatore sanitario, che ha raccontato di averli sgridati e di essere poi andato a fare una doccia. La madre con gli altri due figli era fuori casa. La famiglia è originaria del Kenya
Due fratelli di 11 e 14 anni, Benjamin e David Nathan, sono morti dopo esser precipitati dal balcone all’ottavo piano di un palazzo in via Quirino di Marzio, nella periferia di Bologna. È successo sabato 23 marzo intorno alle 10: a trovare i loro corpi senza vita alcuni residenti che, sotto choc, hanno subito dato l’allarme. Inutili tutti i tentativi di rianimarli da parte dei soccorritori del 118. Il padre Heitz Chabwore, solo in casa con loro quando è successo, è stato interrogato, così come la moglie, fino a sera negli uffici della Questura. Al momento l’ipotesi più accreditata è che si sia trattato di un incidente.
“E’ stata una disgrazia”, ha detto secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, spiegando che mentre è successo stava facendo la doccia e che aveva sgridato i due ragazzi per non avergli restituito tutti i soldi dopo la spesa. Poi ha detto di essere andato in bagno e che poco dopo gli ha suonato un vicino, avvertendolo che i figli erano caduti di sotto. Non si sa come questo sia successo, non essendoci testimoni della scena. Il quadro raccolto dagli inquirenti, inoltre, è di una famiglia tranquilla, senza particolari problemi. “Mio marito è una persona amorevole”, ha detto invece la madre Lilian Dadda, anche lei sentita a lungo dagli inquirenti.
La coppia, di origine kenyota e in Italia da diversi anni, ha altri due figli, un maschio di due e una femmina di otto anni. “Pregate per la mia famiglia”, il messaggio scritto su Facebook dal padre, poco dopo la tragedia e in diversi gli hanno espresso amicizia e cordoglio. La famiglia era ospite in un appartamento, ora sotto sequestro, di proprietà di una onlus, il Servizio accoglienza vita, fondata anni fa per accogliere persone con donne che non volevano abortire e che chiedevano aiuto, ma diventata poi nel tempo una realtà di accoglienza più ampia, in convenzione con i servizi sociali. Il nucleo, ha detto Annalisa Faccini, responsabile del pronto intervento sociale del Comune, “non era seguito in maniera specifica. Risultano contatti per sostegni economici, da qualche anno”. Il padre delle due vittime è un operatore sociosanitario, la madre fa la parrucchiera ed è stata raggiunta al lavoro dagli agenti delle volanti.
Le testimonianze – “Ero con un amico quando li abbiamo visti, lui ha chiamato l’ambulanza”, ha raccontato Franco Pizzuti, anche lui residente nel quartiere e fra i primi ad accorgersi della presenza dei corpi di due ragazzini sull’asfalto. Quando è arrivato il personale sanitario, racconta il testimone, sono iniziate le manovre per rianimarli “ma poi gli infermieri si sono messi le mani nei capelli“, ha detto.