Politica

Fascismo, cent’anni dopo non ci abbiamo ancora fatto i conti

Il 23 marzo del 1919, esattamente cento anni fa, a Milano in una sala concessa da un’associazione di industriali venivano fondati i Fasci di combattimento, nucleo portante del futuro Pnf. Aveva inizio – nemmeno tanto solennemente – la storia del fascismo. Oggi, a un secolo esatto di distanza, non si tratta certamente di celebrare un avvenimento pur importante nella storia italiana e che ebbe conseguenze tragiche. Oggi vogliamo (e dobbiamo) solo ricordare, ricordare per capire e, se possibile, comportarci di conseguenza.

Per questo vanno chiariti alcuni punti. In primo luogo che il fascismo fu una vicenda iniziata nel 1919, durata ufficialmente fino al 1945, che cambiò spesso pelle nel corso degli anni. Una storia caratterizzata da numerose svolte, non solo tra il 1919 e il 1922, se è vero che il fascismo di piazzale San Sepolcro, già rispetto a quello della marcia su Roma, aveva sicuramente ben altri contenuti, e difatti raccolse limitate ancorché inattese adesioni, come quella ad esempio di Arturo Toscanini e di molti altri futuri antifascisti. Sia detto per inciso: se il fascismo fosse rimasto il movimento elitario del 1919, ragionevolmente non avrebbe mai preso il potere.

Il fascismo ebbe certamente un programma politico, che nel corso degli anni sarebbe mutato a seconda delle circostanze. Nato da una costola dell’arditismo e del socialismo interventista, raccolse ex comunisti, cattolici, liberali, proprietari terrieri, massoni, braccianti, impiegati, operai, grandi industriali, preti e militari e chi più ne ha più ne metta. Fin dagli inizi, e per espressa volontà del suo fondatore, fu un processo totalizzante e totalitario, al quale la stragrande maggioranza degli italiani, in tempi diversi, non si sottrasse, fino a giungere a un pressoché universale consenso tra il 1935 e il 1938. Ne consegue, ovviamente, che il fascismo non fu solo dottrina, ideologia. Fu anche e soprattutto storia, vicende spesso complesse e compromesse. Il fascismo-dottrina sta alle pagine 847-851 del volume XIV dell’Enciclopedia Italiana, vergato dalla penna di Benito Mussolini. Se delimitiamo il fascismo alla sola teoria, oltretutto incerta, non capiamo nulla. Ma se decidiamo di considerare i fatti storici dobbiamo avere il coraggio di assumerli integralmente.

Il fascismo-storia è un problema più complesso. In particolare, a livello locale molte dinamiche non sono ancora sufficientemente chiare. In ogni caso fu il risultato dell’interazione tra:

1. un progetto politico autoritario e nazionalista, che non disdegnava la violenza;
2. la partecipazione degli italiani, come individui e come gruppi di interesse, al fine di trarre il massimo vantaggio dalle situazioni contingenti, a prescindere da ogni giudizio morale e politico;
3. alcune contingenze non secondarie di politica internazionale.

Il fascismo-storia fu, più di quanto si creda normalmente, un fenomeno plurale, nel tentativo di soddisfare i gruppi di interesse che sempre più massicciamente, saltando sul carro del vincitore, ambivano a essere inclusi nelle politiche del governo. Questo ha fatto sì che più che di “fascismo” al singolare fosse preferibile parlare di “fascismi” al plurale.

Anche gli uomini che fecero la storia del fascismo, pur limitandoci ad alcuni tra quelli più in vista, furono quanto di più vario e difforme possiamo immaginare. Molti criticarono il regime, molti furono contrari alle leggi razziali, alcuni vollero essere più fascisti del Duce, altri tra questi contribuirono a orientare le stesse decisioni del governo. Numerosi infine subirono in silenzio, assentendo. Da Alberto de’ Stefani a Giovanni Gentile; da Italo Balbo a Roberto Farinacci; da Guido Donegani ad Alberto Beneduce; da Arrigo Serpieri a Corrado Gini; da Luigi Amoroso a Guglielmo Marconi; da Filippo Tommaso Marinetti a Luigi Pirandello e Giuseppe Ungaretti; da Giuseppe Bottai ad Aldo Finzi; da Ettore Muti a Achille Starace; da Giuseppe Tassinari a Gioacchino Volpe e Alfredo Rocco; da Mario Sironi a Felice Casorati. Poi ci furono quelli del silenzio-assenso, o di un assenso temporaneo, e furono moltissimi: Aldo Moro, Amintore Fanfani, Norberto Bobbio, Indro Montanelli, Vittorio Gorresio, Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Dario Fo eccetera. Paradossalmente, il fascismo omnicomprensivo finì per inglobare anche l’antifascismo.

Essenzialmente il fascismo-storia espresse e tradusse la propensione degli italiani a essere inclusi in un disegno politico, ancorché nazionalista, illiberale e sdegnoso della democrazia. Più che altro fu il regime di tutti quegli italiani che desiderano sempre stare dalla parte di chi comanda, di chi vince, non dalla parte delle regole, nemmeno da quella della Giustizia. E difatti il fascismo si inceppò non certo per lo scandalo delle leggi razziali, non per altre forme di opposizione interna, ma per una sconfitta militare. Sicché bisogna prendere atto che è questa attitudine degli italiani a prescindere dalle regole di convivenza, da ogni morale politica e sociale che produsse il fascismo e – in mancanza di autocritica – ne determinò il proseguimento sotto altre vesti fino ai nostri giorni.

Non c’è bisogno di ricordare la scena finale del film Mediterraneo per comprendere che le cose, dopo la fine ufficiale del fascismo, non andarono come si sperava. Di fatto, nelle persone, nelle istituzioni, nelle consuetudini il fascismo proseguì nell’antifascismo e nella repubblica, ben oltre i desideri del suo fondatore.

A cent’anni dalla fondazione del fascismo è triste constatare che, per cercare di sollevare i numerosi complici del fascismo da ogni responsabilità, non solo ci siamo preclusi di capire a fondo un fenomeno che ebbe molto delle caratteristiche storiche del popolo italiano, ma abbiamo negato al Paese quella crescita politica, economica, culturale su basi democratiche. Anche la situazione politica di questi anni è decisamente figlia di questa incapacità di fare i conti con il fascismo. Solo se comprenderemo e approfondiremo la storia del fascismo, potremo eliminare definitivamente “il fascismo” di oggi. Chiamandolo finalmente con il suo nome: violenza, conformismo, corruzione, opportunismo, tutele dei privilegi, rifiuto della democrazia, principi che senza interruzioni di sorta hanno attraversato – noi complici – oltre un secolo di storia italiana.