Le difficoltà di governare, l'alleanza con Salvini, il distacco tra eletti e base che nessuna piattaforma online può colmare. Sul mensile diretto da Peter Gomez un'inchiesta fra gli attivisti del meetup n. 1 di Milano, quello da cui tutto partì. "Il voto su Salvini? Per me ora è difficile rimanere", dice uno di loro. Ecco un estratto dell'inchiesta
Non è paura. E nemmeno senso d’impotenza, quello figuriamoci l’hanno provato decine di volte. Forse è solo rabbia. Alessandra lascia la riunione degli attivisti del Movimento 5 stelle di Milano, quello che un tempo era lo storico Meetup numero 1 in Italia, e si stringe nel cappotto. È venerdì sera ed è quasi mezzanotte. I compagni escono dalla sala cercando di nascondere gli occhi persi sotto le sciarpe. Lei sfodera grandi sorrisi. «Siamo un po’ nel momento in cui si cambia la pelle», dice sottovoce. In testa scorrono gli ultimi mesi: il governo con la Lega e il decreto Sicurezza. Il reddito di cittadinanza, finalmente. Poi la sconfitta in Abruzzo e il voto per salvare Salvini dal processo. «Il cambiamento strutturale», continua, «è naturale. Ma è anche un po’ doloroso».
Così inizia l’inchiesta di Martina Castigliani (realizzata prima dell’arresto di Marcello De Vito a Roma) su quel che resta dei meetup, i nuclei originari che hanno dato vita al Movimento 5 Stelle, pubblicata sul numero attualmente in edicola di Fq MillenniuM, dedicato in larga parte a inchieste e approfondimenti sul MoVimento alle prese con la difficoltà di governare e di far digerire l’alleanza con Salvini. Nel numero, intitolato “Stelle o meteore?“, si possono leggere fra l’altro un reportage dalla Puglia tradita sul fronte Ilva e No Tap, un resoconto de modello Sicilia dove i 5 Stelle sono “usciti dal blog” e l’eurodeputato Ignazio Corrao ha visitato in quattro mesi tutti e 390 i Comuni dell’Isola; una lunga intervista a Davide Casaleggio (qui un estratto), diversi retroscena sulla leadership del Movimento e sulla silenziosa ascesa – addirittura con un possibile orizzonte al Quirinale – del presidente del consiglio Giuseppe Conte; il racconto dei tormenti di Beppe Grillo, sempre più distaccato dalla sua creatura, è un’intervista a Paolo Flores d’Arcais, un tempo attratto dal Movimento, oggi suo irriducibile avversario.
«Eccoci», dice Marialaura de Franceschi, 70 anni e organizzatrice di sfilate per bambini, candidata sicura in Parlamento tolta in extremis dalle liste per un presunto conto in Svizzera, «siamo i gilet gialli di 14 anni fa. Solo che noi rifiutiamo e rifiuteremo sempre la violenza». Asli Haddas, 40 anni ed ex tecnica informatica, nata a Milano da mamma eritrea e papà italo-etiope, tira fuori un raccoglitore: escono volantini, testi di raccolte firme e manifesti. Il primo recita “Onorevoli Wanted” ed è la schedatura dei parlamentari con la fedina penale sporca: era il 2005 e spicca Cesare Previti, ma pure i leghisti Mario Borghezio e Roberto Maroni. Bruno Misculin, informatico di 58 anni che milita dal 2006 e gli altri li ha visti arrivare tutti, ha portato il computer e mostra le foto. C’è per esempio quella del raduno nazionale dei Meetup a Ostia (2007). «Lo riconoscete?». Punta il dito su un ragazzotto in quarta fila: magrissimo, le spalle spioventi e un maglioncino nero da prima comunione. «Ma è Luigi!», gridano i compagni curvi sullo schermo. Quella foto di Di Maio tra i primi attivisti è la prova che non mentono: sono partiti tutti insieme.
L’idea dei raduni nazionali e dei Meetup regge solo finché il M5s è cosa di pochi. Nel 2015 con un post ufficiale sul blog, è Roberto Fico, popolarissimo nella base, a sancirne la fine. «Erano difficili da controllare e gestire», dicono gli attivisti. Che però aspettano ancora l’alternativa: «È stata chiusa la pagina online, ma ci vediamo come prima». È la prima rottura tra la base e il palazzo.
Saranno anche attaccati visceralmente al Movimento, ma sono nati come cani da guardia del potere e le debolezze di oggi le hanno ben chiare in testa. Intanto l’assenza di Beppe Grillo. «Lui era il visionario», continua Bruno, «quello che ci ha parlato prima di tutti di temi che poi sarebbero stati centrali anni dopo. Senza Beppe e Gianroberto sono cambiate le teste. Si è concentrati solo sul governo e tutte le altre spinte dal basso spariscono».
Il riferimento è a quella che per lui è la più grande delusione: «È grave avere una piattaforma di voto online per prendere decisioni e non usarla. La partecipazione dal basso così è limitata. È una forma di debolezza, hanno paura della base». Claudio Rovelli, 44 anni e un lavoro per una ditta che fa defibrillatori, è ancora più diretto: «In merito all’alleanza di governo, perché non ci hanno chiesto se volevamo andare con altri partiti che non fossero la Lega (il voto online è stato solo per ratificare o meno il contratto di governo prestabilito, ndr)?». Per lui quello che è successo è un peccato originale: «Gridavamo onestà nelle piazze e ora siamo al governo con una forza politica che ha fatto sparire 49 milioni di euro?». Nemmeno da citare, per Claudio, il voto dalla base contro il processo a Salvini: «Non me lo sarei mai aspettato. Ora per me diventa difficile rimanere».
L’inchiesta completa su Fq Millennium di marzo attualmente in edicola