Sei episodi in onda su Paramount Network in cui vengono ricostruiti gli ultimi nove mesi di vita comunitaria nella fattoria di Mount Carmel, in Texas, finiti il 19 aprile 1993 dopo 51 giorni di assedio da parte dell’Fbi e l’assalto all’edificio con elicotteri e carri armati che provocò la morte di 53 adulti e 21 bambini
Bibbia, armi e mogli (degli altri). La vicenda tutta americana della setta davidiana di David Koresh rivive in una mini serie intitolata Waco, in onda su Paramount Network a partire dal 23 marzo alle ore 21.10. Sei episodi da 45 minuti l’uno in cui vengono ricostruiti gli ultimi nove mesi di vita comunitaria nella fattoria di Mount Carmel, in Texas, finiti il 19 aprile 1993 dopo 51 giorni di assedio da parte dell’Fbi e l’assalto all’edificio con elicotteri e carri armati che provocò la morte di 53 adulti e 21 bambini. L’inquadratura in diretta del fortino dei davidiani in fiamme è una sorta di immagine simbolica dell’apparire improvviso delle breaking news Cnn anche in Italia, che anticipa il live universale della tragedia dell’11 settembre 2011.
Diretto da John Erick Dowdle, che con il fratello Drew (co-sceneggiatore e produttore) ha portato al successo diversi horror di buona fattura (Devil, Necropolis-La città dei morti), Waco è un avvincente thriller a sfondo mistico che sa illustrare la deviante follia del settarismo religioso accostandogli una altrettanto deriva auto assolutoria di certi ambiti delle forze dell’ordine statunitensi. Ispirato a due libri A Place Called Waco di David Thibodeau, uno dei pochissimi davidiani sopravvissuti al massacro, e Stalling for Time: My Life as an Fbi Hostage Negotiator di Gary Noesner, negoziatore dell’Fbi durante i giorni di assedio dei davidiani, Dowdle riesce a far oscillare l’attenzione con equilibrio da entrambi i lati della barricata del racconto. E di fondo imputa sì a Koresh una serie di reati come quello della poligamia e dalla pedofilia, ma fa balenare l’ipotesi che l’accelerazione delle misure operative armate per chiudere la questione Mount Carmel&Co. sia nata dalla necessità dell’ATF (un ufficio federale che controlla l’uso illegale di armi da fuoco, tabacco e alcolici) di rifarsi una reputazione dopo l’incidente di Ruby Ridge a Naples nell’Idaho, con l’uccisione della moglie del suprematista bianco Randy Weaver, asserragliatosi con intenzioni bellicose e zeppo di esplosivi nella sua baita nel bosco.
David Koresh (Taylor Kitsch) è il profeta con Ray-Ban da vista a goccia, zazzera alla MacGyver, camicione a scacchi, la passione per la chitarra (nel film suona My Sharona) e la forte convinzione che l’essere umano è “schiavo dei desideri sessuali”. Quindi pensa direttamente lui a deflorare e mettere incinta diverse mogli degli adepti, tra cui una minorenne. Certo, nel fortino fattoria di Mount Carmel c’è parecchia altra gente, e non solo le donne con cui va Koresh, a sua volta ufficialmente sposato a Rachel (Melissa Benoist). Molte persone che nella realtà avevano già una vita e un lavoro ben remunerato ma che scelsero nei primi anni Novanta la parca vita di una comunità nella landa texana. Nel primo episodio, quando Koresh parla del concetto di “gioia”, nelle piccola cappella, attorniato dai fedeli in silenzio, ecco sbucare, tra mitragliette e fucili nascosti in frigo, dei laureati ad Harvard pentiti, imprenditori hawaiani che solo a Waco trovano la quadra, professori di filologia che preferiscono la quiete del ranch davidiano.
Una setta quella davidiana (branch davidians) che, peraltro, si era distaccata dalla chiesa avventista del settimo giorno negli Stati Uniti fin dagli anni ’30. Così se da un lato assistiamo al compattamento della fede e dell’ascolto di Koresh, dedito all’annuncio dell’imminente quinta profezia delle sette previste dai sacri testi, con tutto il corollario di nuovi arrivi (Rory Culkin), come dalla minorenne che Koresh mise incinta; dall’altro ecco il lento avvicinamento delle autorità alla fattoria dei davidiani. Alla loro testa la determinata personalità del negoziatore Gary Noesner (Michael Shannon), poco incline a giustificare gli errori dell’ATF nel caso Ruby Ridge, ma che diventerà presenza fondamentale nell’assedio di Mount Carmel, proprio dopo l’ennesimo blitz fallito dai colleghi incapaci che innescherà la tragedia. Infine, ci sono almeno un paio di ragioni per seguire Waco. La prima è che la mini serie dei fratelli Dowdle ha un respiro cinematografico a livello visivo davvero elevato, così totalmente immersa in esterni ariosi e brulli, come in interni angusti e inquietanti (lodati perfino dal superstite, autore del libro, Thibodeau). In secondo luogo perché il ritmo e a precisione nella ricostruzione delle scene di massa ha qualcosa di misteriosamente autentico e sinistro proprio come nei loro horror di inizio carriera.