E così malinconicamente registriamo la terza vittoria consecutiva del destra-centro a trazione leghista nelle elezioni regionali in Basilicata, dopo Abruzzo e Sardegna anche nella fu regione rossa ora regione dei basilischi, s’insediano le sturmtruppen del “Capitano” che raccoglie copiosi consensi come pomodori maturi nel Meridione che solo un anno fa gli era ancora ostile e lontano.
A chi e a cosa dobbiamo ascrivere questa travolgente vittoria? Alla irrefrenabile ridanciana comunicazione da bar del ministro della paura? Alle disastrose insipienze della cosiddetta “classe dirigente” a cinque stelle? Agli scivoloni giudiziari del Pd pittelliano, sempre più identificato come partito di potere declinante? Oppure sono trasformazioni socio-antropologiche dell’elettorato che sposa lo sciovinismo leghista, anti-immigrati, sub fascista, populista e nello stesso tempo continuista con il potere clientelare della spesa pubblica nelle “grandi opere”?
Il razzismo di Salvini sempre più ostentato fino alla volgare tracotanza di rispondere ridanciano al ragazzo eroe di origini egiziane e fieramente italiano che, se vuole lo ius soli si faccia eleggere, sono l’espressione di una sicumera che poggia ormai su un consenso indiscutibile. D’altro canto è l’esatta corrispondenza della debolezza di alleati e oppositori i quali hanno fatto gara in questi mesi ad avvantaggiare il bullo.
I cinque stelle, dilettanti allo sbaraglio, fin da subito hanno ceduto la leadership politica della coalizione, in cambio di guidare l’economia, senza rendersi conto di aver dato a un pistolero una dotazione di colt, Winchester e mitragliatrici: a Salvini serviva soprattutto dirigere gli Interni per applicare senza disturbo i suoi obiettivi annunciati, ovvero le ruspe per i migranti! Eppure un calcolo appena più cauto avrebbe consigliato di tentare almeno di evitare che avvenisse ma ormai è piangere sul latte versato.
Poi c’è stato il mattatore matato Renzi, il quale nonostante le batoste terribili che ha subìto e inflitto al suo partito, ha avuto la sicumera di imporre l’esclusione di qualsiasi rapporto con il M5S, sempre supportato dai media di regime tutti intonati a bastonare i giovani pentastellati di ogni ignominia, riservando a Salvini ogni attenzione. Bravi veramente bravi, perché sono riusciti nell’intento di far perdere entrambi i due blocchi e di premiare la destra. Da Oscar!
Ora si raccolgono gli stracci: ma è forse troppo tardi per rimediare e Nicola Zingaretti, che sta cercando l’impossibile quadratura del cerchio, per cambiare linea politica senza cambiare niente di sostanziale, è troppo poco: sembra più un buon infermiere professionale che il luminare della medicina di cui avrebbe bisogno la sinistra per trovare una cura salvavita tempestiva.
Non è il caso d’infierire, piuttosto tutte le parti in causa di una sinistra in frantumi dovrebbero avere un anelito di lucidità: mettersi intorno a un tavolo e ragionare, finalmente ragionare, su come uscire da una situazione che nei prossimi mesi potrebbe riservare ulteriori e forse definitivi colpi. Il risultato in Basilicata conferma che se fosse stato unito il centrosinistra, ma ovviamente su una piattaforma che rendesse più compatibili le attuali forti differenze, probabilmente avrebbe potuto essere competitivo. Ogni giorno perso è un ulteriore vantaggio per la destra.