Assolti perché il fatto non sussiste. Per questo motivo il tribunale di Napoli ha scagionato i dieci imputati del processo sullo scandalo dei decessi che sarebbero stati causati dalle trasfusioni di sangue infetto. Principale imputato assolto è Duilio Poggiolini, che all’epoca dei fatti – cioè negli anni ’90 – era il direttore generale del servizio farmaceutico del ministero della Sanità. Poggiolini era diventato noto ai tempi di Tangentopoli: condannato in via definitiva per le mazzette è celebre perché durante le perquisizioni a casa sua i finanzieri ritrovarono banconote nascoste nei divani e nelle poltrone. Oggi che ha quasi 90 anni è ancora a processo, ma ha ottenuto l’assoluzioni: è difeso dall’avvocato Luigi Ferrante.
Alla sbarra con lui anche gli ex manager e tecnici del Gruppo Marcucci, difesi dagli avvocati Alfonso Stile, Carla Manduchi e Massimo Di Noia. Sono stati assolti dalle accuse di omicidio colposo plurimo, come aveva chiesto il pm Lucio Giugliano. Secondo l’accusa “non può pagare il solo Duilio Poggiolini per falle dell’intero sistema sanitario”. E poi dal dibattimento non è emersa la prova del nesso causale tra l’infusione di plasmaderivati prodotti dal gruppo Marcucci e la morte delle 9 persone emofilia che i cui familiari si sono costituiti parte civile.
La richiesta di assoluzione avrebbe riguardato anche Guelfo Marcucci, capostipite e fondatore del gruppo e padre di Andrea, capogruppo del Pd al Senato. L’imprenditore è però scomparso dopo il rinvio a giudizio a 87 anni. “So che sto per dire cose che dispiaceranno ai familiari delle vittime che hanno sofferto molto”, aveva detto in premessa il pm, che ritiene che non ci sia la prova di un nesso certo tra il plasma del gruppo Marcucci e la morte dei trasfusi, sottolineando che le aziende dei Marcucci coprivano solo il 7% del mercato italiano dei plasmaderivati.
Vicende molto datate nel tempo e scoperte solo nel 1993, con lo scandalo delle tangenti di Poggiolini. Molti pazienti furono contagiati negli anni ’80 per le infusioni di sangue proveniente da donatori mercenari esteri malati di Hiv ed epatite C. Morirono in centinaia. Ma nessuno pagò a livello giudiziario visto che i fascicolo girarono tra diverse procure: Trento, Roma, Napoli. Anni sprecati. Nel 2007 il gup di Napoli rideterminò le accuse di epidemia colposa (prescritte) ordinando invece l’imputazione coatta per omicidio colposo plurimo, reato che non cadeva in prescrizione perché le morti sono avvenute anche moltissimi anni dopo i presunti contagi.